NOVARA: Tosca – Giacomo Puccini, 27 e 28 maggio 2022

NOVARA: Tosca – Giacomo Puccini, 27 e 28 maggio 2022

TOSCA

Musica di GIACOMO PUCCINI
Libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica


Direttore d’orchestra Fabrizio Maria Carminati
Regia Renato Bonajuto

Personaggi e Interpreti:

Tosca Charlotte-Anne Shipley / Alessandra Adorno
Cavaradossi Luciano Ganci / Ragaa Eldin
Scarpia Francesco Landolfi
Sagrestano e Sciarrone Stefano Marchisio
Angelotti/Un carceriere Graziano Dallavalle
Spoletta Saverio Pugliese

Scene Giovanni Gasparro e Danilo Coppola
Costumi Artemio Cabassi
Luci Ivan Pastrovicchio
Orchestra Filarmonica Italiana
Coro San Gregorio Magno
Maestro del Coro Mauro Trombetta
Coro delle voci bianche del Teatro Coccia
Maestri del Coro Paolo Beretta e Alberto Veggiotti
Coproduzione Fondazione Teatro Coccia e Ente Luglio Musicale Trapanese

 

Teatro Coccia, 27 / 28 maggio 2022


Programmata da tre anni e rimandata per il prolungarsi della pandemia, è andata finalmente in scena al Teatro Coccia di Novara Tosca, ed ha registrato comprensibilmente il tutto esaurito.

Si tratta di un’ambiziosa nuova produzione, che ci si augura possa circolare e non solo in Italia, dal risultato felicissimo ed accolta con entusiasmo dal pubblico che ha affollato le due recite a cui si riferisce la presente cronaca, giacché “l’impiccione” spesso torna sul luogo del… delitto, specie se, come in questo caso, v’è alternanza di cast.

Tosca – Giacomo Puccini, Teatro Coccia di Novara photo©Mario Finotti

Merito in primis di un allestimento firmato per la regia da Renato Bonajuto, con gli splendidi costumi di Artemio Cabassi e le magnifiche scene di Danilo Coppola, impreziosite dai dipinti di Giovanni Gasparro, giovane “genio” della pittura figurativa che con stile caravaggesco nel trovare la “luce” delle sue pitture si è specializzato, oltre che nella ritrattistica, nei quadri di illustrazione religiosa: di fatto un Michele Arcangelo è presente, tra le moltissime ingigantite riproduzioni, in ogni atto, compreso il terzo, laddove a Castel Sant Angelo fa da contraltare alla celebre statua che si intravede nel fondo scena. Un’autentica galleria d’arte compare a Palazzo Farnese, nello studio del Barone Scarpia, collezionista anche di vini oltre che di donne, che maschera, nel fondo, l’uscio segreto che conduce alla sala di tortura.

Tosca – Giacomo Puccini, Teatro Coccia di Novara photo©Mario Finotti

A tanta gioia per gli occhi, si somma una regia mirata a sottolineare ogni intenzione del libretto e, soprattutto, dello spartito con una attenzione quasi maniacale nel cercare, nella finzione, la realtà storica, oltre che teatrale. Ne scaturisce uno spettacolo nel solco della più gloriosa nostra tradizione, con gestualità e pose assolutamente moderne, cinematografiche: la morte di Scarpia, il quale si trascina ferito per il palcoscenico aggrappandosi a sedie e al tavolo inseguito da Tosca e che, alla fine, cade morto riverso a testa in giù sulla gradinata è una di quelle. I paramenti sono studiati con precisione, e dunque il “Te Deum” raccoglie dei clerici rincartapecoriti, sì, ma senza mitra in testa e senza le guardie svizzere, che spesso si vedono campeggiare in primo piano, ma che sono al servizio esclusivo del Papa, all’epoca dei fatti rifugiato a Castel Gandolfo. Cabassi, infine, sottolinea nei costumi il divieto di vestire in stile impero per le dame, esclusa Tosca a cui era concesso in qualità di diva. Questi ed altri molti dettagli, messi in evidenza dalla suggestiva illuminazione disegnata da Ivan Pastrovicchio, sono stati apprezzati senza,finalmente, sconvolgere una drammaturgia che Giacosa ed Illica, tirannizati dal Sor Giacomo, crearono perfetta.

Tosca – Giacomo Puccini, Teatro Coccia di Novara photo©Mario Finotti

In grande spolvero l’Orchestra Filarmonica Italiana, una delle nostre belle realtà, guidata con polso sicuro e grande esperienza, nonché totale ed approfondita conoscenza della partitura, da Fabrizio Maria Carminati che, dopo tempo immemore, torna a dirigere nella “sua” Novara. Siamo nel campo dell’eccellenza per quanto riguarda sia la tenuta complessiva in una lettura precisa, senza cedimenti di ritmo, ricca di enfasi, ma anche facile ad espandersi in ampie frasi liriche di grande suggestione, che il supporto al palcoscenico,  tanto negli attacchi, quanto nell’attenzione a non sovrastare mai le voci, nemmeno nei pieni d’orchestra. La prestazione volenterosa del Coro San Gregorio Magno è stata guidata, come sempre, da Mauro Trombetta, il cui nipote Giacomo D’Ambrosio, voce bianca, ha intonato il Pastorello nel terzo atto la sera della prima, mentre alla seconda recita l’onere è stato solventato dalla pur brava Maria Grazia Aschei.

Tosca – Giacomo Puccini, Teatro Coccia di Novara photo©Mario Finotti

Ottimo il cast in entrambe le recite. La sera del 27 maggio, con replica domenica 29, Tosca è stata interpretata dal soprano inglese Charlotte Anne Shipley con grande slancio, sia vocale che interpretativo. Un personaggio che, s’intuisce, ella sente con particolare trasporto e che, di fatto, ha già eseguito in diverse occasioni. Musicalmente ben inquadrata, di timbro assai piacevole, una voce che “passa” senza difficoltà, con bella risonanza in acuto, compreso lo “scomodo” Do della “lama”, scenicamente molto partecipe, elegante nella figura slanciata in grado di dare giusto risalto e di gestire i bei costumi. Altrettanto valida è parsa, la sera appresso, Alessandra Adorno, nome d’arte scelto da una giovane cantante russa forse in omaggio alla città della sua Maestra, il soprano Gabriella Ravazzi. Al suo debutto assoluto di ruolo alcune minime incertezze musicali sono ampiamente giustificabili e passano in secondo piano rispetto sia alle qualità vocali, il peculiare timbro un po’ velato costituendo una caratteristica più che un difetto, e il temperamento innegabile unito, anche in questo caso, da una perfetta aderenza al personaggio.

Tosca – Giacomo Puccini, Teatro Coccia di Novara photo©Mario Finotti

Cavaradossi ha confermato le note qualità del tenore romano Luciano Ganci, una carriera in crescita che mi vanto di seguire dai tempi di una ormai remota Traviata a Salerno e che nel pittore rivoluzionario e romantico trova una totale identità. Qui non si parla solo della vocalità, generosa, squillante e coronata da un timbro ricco e ammaliante, maschile ma dolce e suadente all’occasione, quanto della resa del personaggio, particolarmente “sentito” sia nella mimica, anche nelle controscene, che nell’espressione di un fraseggio ed un accento memorabili. Il suo “Addio alla vita” nel terzo atto gli è valso un’autentica ovazione che, mi si conferma, alla recita domenicale gli ha strappato pure il bis. Oggi come oggi, un Cavaradossi di riferimento. Benissimo anche il “secondo” Mario, interpretato da un altro debuttante (questo il compito della nostra provincia!) il tenore egiziano Ragaa Eldin, anche lui allievo della Ravazzi; voce meno dotata di armonici, ma ben impostata, fluida e con grande facilità all’acuto, “La vita mi costasse” nel primo atto e “Vittoria!” nel secondo siano d’esempio, con qualche impaccio scenico, anche in questo caso ampiamente giustificabile.

Tosca – Giacomo Puccini, Teatro Coccia di Novara photo©Mario Finotti

Inalterato nelle tre recite il resto del cast. Grande rilievo scenico e totale sicurezza vocale quelle che ha garantito il baritono Francesco Landolfi, collaudato professionista sia nel repertorio pucciniano che verdiano, particolarmente aderente al mandato registico che ne sottolinea sia il lato “bigotto”, facendolo apparire spesso sul ginocchiatoio in posa di preghiera, che quello “libertino”: geniale la trovata di individuare l’Attavanti annusandone il profumo sul ventaglio. Una prestazione che gli ha garantito un meritato successo di pubblico sia per il vigore del canto, che per la mirabolante scena della morte che lo ha visto riversarsi testa in giù sulla scalinata con “scenica scienza”.

Curatissime e ben caratterizzate le parti di fianco, iniziando per ordine di apparizione dall’Angelotti del basso Graziano Dellavalle, poi nei panni di Carceriere, in giusto affanno interpretativo, ma dotato di voce poderosa e sonora; il mercuriale Sagrestano, poi inamidato Sciarrone in “polpe” e parrucca, del giovane baritono Stefano Marchisio, pure lui debuttante di ruolo, apprezzabile sia per la schietta e ricca vocalità, che per l’indiscutibile verve scenica nella parte dell’untuoso “scagnozzo”. Un cameo riuscitissimo pure quello dello Spoletta del tenore Saverio Pugliese, un caratterista come pochi altri in campo tenorile, già apprezzato Goro in Butterfly e Abate nella Adriana Lecouvreur, che rende alla perfezione sia la vocalità in punta della spia, che la perfidia sadica, perfetto contraltare del suo signore e padrone.

Successo caratterizzato da scroscianti applausi a scena aperta, confermato da interminabili ovazioni alla ribalta finale. Che la “provincia”, e non solo, italiana sia affamata di repertorio, specie ora dopo due anni di “astinenza” teatrale è un dato di fatto. E diventa quasi un obbligo assecondarla, con buona pace dei fautori delle novità ad ogni costo.

Andrea Merli

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