Las Palmas di Gran Canaria:  LA FAVORITE – Gaetano Donizetti, 25 marzo 2017

Las Palmas di Gran Canaria: LA FAVORITE – Gaetano Donizetti, 25 marzo 2017

Direttore: Karel Mark Chichon

Regia: Jaime Martorell

Personaggi e Interpreti:

  • Léonor di Guzman: Nancy Fabiola Herrera
  • Fernand: Dario Schmunck
  • Alphonse XI: Manuel Lanza
  • Balthazar: Ruben Amoretti
  • Inés: Berenice Bernal
  • Don Gaspar: Ricardo Bernal
  • Un Seigneur: Daniel Molina

Costumi: Miguel Angel Jiménez

Luci: José Fernandeez Txema

Orchestra Filarmonica di Gran Canaria

Coro dell’Opera di Gran Canaria

Maestro del coro: Olga Santana

Teatro Pérez Galdos, 25 marzo 2017


Secondo appuntamento al Teatro Pérez Galdòs di Las Palmas di Gran Canaria, dove si sta svolgendo la cinquantesima edizione del Festival dell’Opera intitolato ad Alfredo Kraus, organizzato dall’associazione ACO, Amigos Canarios de la Opera, col sostegno economico dei privati che la compongono e degli enti pubblici tra cui il Municipio di Las Palmas, il Cabildo di Gran Canaria, cioè il governo dell’Isola, il Governo delle Isole Canarie ed il Patronato del Turismo di Gran Canaria.

La rassegna iniziata con una riuscitissima edizione di Lucia di Lammermoor, continua all’insegna di Donizetti con uno dei titoli cavallo di battaglia dell’indimenticato tenore canario, che la eseguì nella sua isola natale. La Favorita – rigorosamente in italiano come si fece per oltre un secolo – venne proposta proprio nel 1967, prima edizione del Festival: con lui, protagonista il mezzosoprano Anna Maria Rota, Sesto Bruscantini (amico fraterno di Kraus, va ricordato) Alfonso XI e Paolo Washington nel ruolo di Baldassarre. Fu un’iniziativa fortemente voluta da Kraus che coinvolse tra i colleghi quelli con cui era più affiatato, i quali si recarono all’Isola grati del rimborso del viaggio e dell’ospitalità, senza percepire nessun compenso per la loro prestazione. Altri tempi…

Ora torna La Favorite, ed è un doppio ritorno in realtà. Poiché delle quattro edizioni che la precedettero, l’ultima nel marzo del 2002 era già… “à la page“, cioè nella versione originale francese e non più nella traduzione italiana che, pure con tutte le sue incongruenze, rese popolare (un tempo popolarissima!) l’opera portandola in giro per tutto l’orbe terracqueo. Nel 2002 i due principali interpreti furono per altro due italiani: Daniela Barcellona e Giuseppe Filianoti.

Il problema, e non solo per questo indiscutibile capolavoro della maturità di Donizetti, non sta tanto nella lingua in cui si canta, ma bensì in come si canta. In questa produzione abbiamo avuto l’occasione di ascoltare interpreti quasi tutti debuttanti di ruolo, il ché è sempre una bella avventura vista l‘esiguità delle prove e trattandosi di parti, sia vocalmente che interpretativamente, assai complesse. Non debuttava, a quanto si legge, il direttore d’orchestra (sempre lodevolissima per pulizia e precisione, quella Filarmonica di Gran Canaria) Karel Mark Chichon, nato a Londra da famiglia procedente da Gibilterra, che oltre ad omologare Donizetti al Verdi di “galera”, cioè imponendo ritmi a dir poco frenetici e dinamiche spesso sovrastanti il palcoscenico, ha usato abbondantemente le forbici, tagliando non solo tutte le riprese delle cabalette ma anche le strette dei concertati. E passi per le danze al secondo atto, ridotte di numero in mancanza di un corpo di ballo e risolte con delle comparse che facevano da sbandieratori di vessilli, ma sinceramente è parsa una scelta non condivisibile ed anacronistica. All’ultima recita, infine, c’era ancora qualche problema con gli attacchi, specie del coro, istruito come sempre con precisione da Olga Santana.

Vocalmente il cast è parso omogeneo: Nancy Fabiola Herrera, mezzosoprano di Gran Canaria ma di carriera ormai internazionale, ha aggiunto alla sua galleria un ruolo che le calza assai bene. Potrà metterlo maggiormente a fuoco in future ed auspicabili riprese, ma già ai nastri di partenza è piaciuta molto, oltre che comprensibilmente ai suoi fans concittadini che le hanno tributato un’accoglienza calorosissima, a chi ha intravisto in lei il potenziale interpretativo oltre che le qualità vocali.

Dario Schmunck, tenore argentino di ormai provata e lunga carriera, è un solido professionista e lo ha dimostrato anche in quest’occasione portando a casa con successo un buon Fernand. Il colore della voce, lo stile sono quelli giusti, mancano un po’ di convinzione nell’accento e un fraseggio più vario, ma nel complesso la si pùo catalogare come una esecuzione sdoganabile, pur senza determinare l’entusiasmo che pagine come “Una vergin un angel di Dio” o “Spirto gentil”, seppure in versione francese, dovrebbero procurare al pubblico.

Sulla stessa linea va valutato il baritono Manuel Lanza, di robusta vocalità. Un Alphonse XI, sonoro e sicuro. Apprezzato sia nell’aria di ingresso che nei concertati. L’appuntamento clou per ogni Alfonso che si rispetti, “A tanto amor”, è in parte mancato per lo scarso sostegno in orchestra, stranamente inerte dopo tanto scalpitio. Ottimo, senza riserve, il basso Ruben Amoretti che si è imposto quale autorevole Balthazar, cantando anche con morbidezza e con una padronanza assoluta di una sonora zona grave. “Bene gli altri” e cioè la spigliata Inès del soprano Berenice Musa, il puntuale Don Gaspar del tenore Ricardo Bernal e l’episodico Un Seigneur del baritono Daniel Molina.

Resta da dire dello spettacolo, risolto con encomiabile economia in una scena che comprendeva un’unica grande piattaforma e il calare dal soffitto di tende, stendardi, lampadari e addirittura statute di santi guerieri nelle scene ambientate a Santiago di Compostela. Veramente belli e preziosi nei tessuti i costumi creati da Miguel Angel Jimenez e ben distribuite le luci da José Fernandez Txema. Jaime Martorell ha firmato una regia intelligentemente rispettosa della drammaturgia, ricavandone uno spettacolo fluido, chiaro e facilmente intelleggibile. Il lavoro sul singolo artista è parso pure centrato e quindi meritati gli applausi che il pubblico gli ha tributato pure all’ultima recita alla quale era presente, applausi distribuiti generosamente in corso di recita e pure alla ribalta finale a tutti gli esecutori.

Andrea Merli

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