PIACENZA: LA TRAVIATA, 19 dicembre 2018

PIACENZA: LA TRAVIATA, 19 dicembre 2018

GIUSEPPE VERDI
LA TRAVIATA

Opera in tre atti
Libretto di Francesco Maria Piave dal dramma di Alexandre Dumas La dame aux camélias

Direttore Pier Giorgio Morandi
Regia Leo Nucci

Personaggi e Interpreti:

  • Violetta Adriana Iozzia
  • Alfredo  Santiago Sanchez
  • Flora  Carlotta Vichi
  • Annina Luisa Tambaro
  • Giorgio Germont  Benjamin Cho
  • Gastone Raffaele Feo
  • Il barone Douphol  Juliusz Loranzi
  • Il marchese D’Obigny  Stefano Marchisio
  • Il dottor Grenvil  Vincenzo Santoro
  • Giuseppe  Andrea Galli
  • Un domestico di Flora / Un commissionario Francesco Cascione 

Salvo Piro, regista collaboratore
Sabrina Fontanella, movimenti coreografici
Carlo Centolavigna, scene
Artemio Cabassi, costumi
Claudio Schmid, luci

ORCHESTRA GIOVANILE LUIGI CHERUBINI
CORO DEL TEATRO MUNICIPALE DI PIACENZA
Corrado Casati, 
maestro del coro

Coproduzione Fondazione Teatri di Piacenza
Teatro Alighieri di Ravenna – Teatro Galli di Rimini

Teatro Municipale, 19 dicembre 2018

Un altro Progetto Opera Laboratorio è andato a buon fine al Teatro Municipale di Piacenza. Merito, in primis, della programmazione di rara efficienza di Cristina Ferrari e della supervisione di Leo Nucci che dell’attività formativa di giovani talenti è mentore e paladino.

Il titolo prescelto, in questa edizione che apre felicemente la stagione a Piacenza – una stagione, come del resto le precedenti, ricca di titoli e cast stimolanti – è stata la “classica” Traviata. Quel repertorio che per alcuni è da rifuggire come il demonio, ma che invece attrae sempre e di più nuovo pubblico. La riprova in questa recita, a tutti gli effetti una “prova generale”, aperta ai giovani diciottenni, estasiati e felici per questa, per loro, “scoperta” come hanno dichiarato intervistati nel foyer durante l’intervallo.

Un produzione fatta in casa, ma in coproduzione con la Fondazione Ravenna Manifestazioni ed il recentemente reinaugurato Teatro Galli di Rimini, all’insegna della bellezza e dell’eleganza. Non può essere altrimenti quando le firme rispondono ai nomi di Carlo Centolavigna, ideatore delle bellissime scene ed Artemio Cabassi, un disegnatore di alta moda “prestato” all’opera, di cui basta il nome di battesimo quale sinonimo di fantasia, buon gusto ed eleganza superiori. Nell’idea di Nucci regista, che non a caso di “Traviate” nei panni di Papà Germont ne ha interpretate dozzine, si tratta di un doveroso omaggio alla più celebre delle Violette, almeno della seconda metà del secolo scorso: Maria Callas. La quale, senza necessariamente essere stata un’illustre cortigiana, ha vissuto molte vicissitudini personali da poter affermare che pure la sua vita, e forse la causa della sua morte per arresto cardiaco “sola, perduta e abbandonata” in quel “popoloso deserto che appellano Parigi”, è stata all’insegna della felicità inseguita e mai raggiunta. E dunque si è ricreato, fisicamente e riconoscibilmente, l’appartamento parigino della Divina; Annina veste i panni della fedele governante Bruna e nel terzo atto “la Maria” non muore, ma allontanatisi tutti, si volge verso la finestra mentre il fondo scena si illumina con la celebre foto che la ritrae dalla strada, triste e pensosa. Da quest’idea, e da un’attenzione oserei definire ossessiva dello spartito, di cui non solo vengono rispettati, come dev’essere, tempi e ritmi con estrema fedeltà e senza cedere a facilonerie e da una meticolosa analisi del libretto, di cui Nucci annota anche la punteggiatura (non ha la stessa valenza interpretativa un punto esclamativo scambiato per un punto di domanda!) si sviluppa uno spettacolo che prende quota con particolare intensità dalla fine del primo atto in poi. Significativo l’incontro del secondo atto, quando Germont Padre si attarda ad accarezzare il porta ritratti con la foto dei due figli; soprattutto segna un’impronta decisiva la scena nel salone di Flora Bervoix, quando Violetta, oltraggiata da Alfredo che le infila le banconote nella scollatura, anziché cedere al tipico e topico svenimento, rimane impietrita in piedi, sola in mezzo ai falsi amici e quindi si allontana con una fierezza e dignità insolite ed affatto nuove.

C’è da aggiungere che il cast, già alla generale, è parso sapersi adattare perfettamente al dettato registico, grazie anche all’aiuto del braccio destro di Nucci, il regista collaboratore Salvo Piro. Dalla protagonista, perfettamente calata per aplomb scenico nei panni della Callas, il soprano Adrina Iozzia, ovviamente con risultati vocali non comparabili, ma apprezzabili nel procedere dell’opera, specie nel toccante finale, al giovane e pimpante Alfredo Germont, vivo ritratto dell’esuberanza giovanile nel tenore uruguaiano Santiago Sanchez. Nucci ha confidato di aver lavorato parecchio sul baritono Benjamin Cho, Giorgio Germont: se ne sono visti i risultati. Nella folta schiera di ruoli di fianco godibilissima l’intrigante Flora del mezzosoprano Carlotta Vichi, affiancata da quel talentaccio che risponde al nome di Stefano Marchisio, una delle voci baritonali di maggior interesse della nuovissima generazione, qui Marchese D’Obigny. La Annina di Luisa Tambaro, fedele alla propria padrona e giustamente sprezzante nei confronti dell’incosciente Alfredo, è piaciuta parecchio e con lei Juliusz Loranzi, Barone Douphol, Vincenzo Santoro, Dottor Grenvil e Raffaele Feo, guizzante viscontino Gastone. Nella doppia parte di Commissionario e Domestico di Flora si è fatto notare, non solo per la presenza fisica, il pur bravo baritono Francesco Cascione, che da “fan” di Nucci ha vissuto l’immensa gioia di poter lavorare sotto la guida del suo idolo.

Ottima, come sempre, la partecipazione del coro del Teatro Municipale che alla perfetta resa di omogeneità dovuta alla bravura del suo Maestro Corrado Casati, somma una partecipazione attoriale, ricca di individuabili “caratteri”, che ne fa una compagine preziosa. Molto bene anche la resa dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini sotto la guida sicura del Maestro Pier Giorgio Morandi, altro punto di sicuro riferimento per quanto riguarda l’attenzione rivolta al palcoscenico, la cura delle sonorità mai prevaricanti ed il mantenimento di un ritmo incalzante, ma anche propenso a grandi aperture liriche. Successo trionfale decretato dagli under 20, destinato a ripetersi a tutte le recite.

Andrea Merli

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