BRESCIA: la Cenerentola – 27 settembre 2017
La Cenerentola
melodramma giocoso di Gioachino Rossini
su libretto di Jacopo Ferretti
(Il titolo originale completo è La Cenerentola, ossia La bontà in trionfo)
Direttore: Yi-Chen Lin
Regia: Arturo Cirillo
Personaggi e Interpreti:
- Don Ramiro: Ruzil Gatin
- Dandini: Clemente Antonio Daliotti
- Don Magnifico: Vincenzo Taormina
- Clorinda: Eleonora Bellocci
- Tisbe: Elena Serra
- Angelina: Cecilia Molinari
- Alidoro: Alessandro Spina
Scene Dario Gessati
Costumi Vanessa Sannino
Luci Daniele Naldi
Maestro del Coro Massimo Fiocchi Malaspina
Orchestra dei Pomeriggi Musicali
Coro di OperaLombardia
Brescia
LA CENERENTOLA – Gioachino Rossini
Con l’anteprima studenti de La Cenerentola ha preso il via il 27 settembre a Brescia la stagione Opera Lombardia 2017/18 che coinvolge le città, ed i relativi teatri, di Cremona, Pavia, Bergamo per un totale di dieci recite che si concluderanno il 16 dicembre al Teatro Sociale di Como.
Si celebra quest’anno il bicentenario dell’opera, che si presentò la prima volta al Teatro Valle di Roma nel gennaio del 1817, senza riscuotere immediatamente il desiderato successo che arrise solo dopo alcune recite. Comprensibilmente, considerando che per quei tempi era “rivoluzionario” il libretto di Jacopo Ferretti che della favola di Charles Perrault ricavò una caustica satira sociale, ritornando per certi versi all’originale napoletano del Basile, assai crudo nella sua partenopea veracità. Ferretti e con lui Rossini, dovettero rinunciare per motivi di censura alla scarpetta o pianella, poiché nel cattolicissimo regno del Papa era impensabile che una prima donna mostrasse la caviglia “con far pormettente e lusinghier“, optando per un più casto “smaniglio”, ovvero braccialetto, che Angelina, la sventurata orfanella, consegna al finto scudiero intimandogli di ricercarla, di conoscere così la sua vera condizione sociale e di poterla identificare grazie al “compagno”, inteso come secondo monile da lei indossato.
Il regista e attore Arturo Cirillo, di cui ricordiamo la convincente realizzazione di Napoli milionaria di De Filippo e Nino Rota andata in scena a Martina Franca, spinge il gioco in un mondo di marionette, con la presenza di quattro servitori-mimi onnipresenti, e anche prevaricanti, che sostituiscono pure gran parte dell’attrezzo, questo quasi inesistente. E’ debole e stereotipata la caratterizzazione dei personaggi e si immagina l’azione in un mondo che alla fine si rivela tutt’altro che quello della fiaba, bensì immerso nell’architettura industriale, di “archeologia industriale” nel 1817 sembra prematuro parlare, tant’è che il trono è sostituito da un forno dall’aspetto piuttosto sinistro e la Cenerentola vi sale vestita di stracci, rivendicando la sua appartenenza al… proletariato. Una visione dell’opera che per altro non rinuncia comprensibilmente ad una serie di gags che ai giovani studenti è piaciuta assai. Le scene di Dario Gessati son parse congrue al progetto e così i fantasiosi costumi di Vanessa Sannino che ci presenta le due sorellastre travestite da fiori esotici. Adeguate pure le luci di Daniele Naldi.
Successo pure per la giovane direttrice (anzi, “direttora” come oggi va di moda dire) d’orchestra – questa la solerte de I Pomeriggi Musicali – Yi-Chen Lin, cinese di Taipei ma svizzera d’adozione, che vanta un curriculum impressionante, dove si legge che è valente violinista e pianista vincitrice di numerosi premi e che è stata allieva di uno stuolo di Maestri: Zubin Metha, Ralf Weikert, Bernard Haitink, David Zinman e, buon ultimo, il compianto Alberto Zedda che l’ha fatta debuttare al ROF col Viaggio a Reims e poi con L’occasione fa il ladro. Duole constatare, in questo caso, la inadeguatezza al compito, l’incapacità di reggere con vigore le fila sia dell’orchestra che del palcoscenico, dove le scuciture erano palesi e gli attacchi avventurosi. Ci si augura che in corso di replica possa correggere il tiro, ma certo la responsabilità è molta specie di chi l’ha scritturata per uno sforzo che è parso superiore alle proprie forze.
Nel cast, assai vivace e giovane, la bella sorpresa ce l’ha riservata il tenore russo Ruzil Gatin, giovane ed aitante e dalla voce squillante, facile all’acuto e ricca di armonici. Il repertorio d’elezione sembra proprio questo, rossiniano e anche del Bellini e del Donizetti “di grazia”, e ci si può ragionevolmente attendere da lui una brillante carriera. Cecilia Molinari, mezzosoprano trentino, è risultata un’Angelina deliziosa per la bella interpretazione e per la linea di canto stilisticamente impeccabile e musicalmente perfetta. La voce non è oceanica, ma più che sufficiente a vincere l’orchestra e ad espandersi senza problemi nella pur vasta sala del Teatro Grande. Bello il colore ambrato, un po’ chiaro l’acuto che ha risonanze sopranili. Per lei un meritatissimo trionfo.
Successo che ha pure accolto lo straripante Don Magnifico del baritono Vincenzo Taormina dalla vocalità sicura, ottimo sciogliliguagnolo nella vorticosa sillabazione e dal punto di vista scenico irresistibile nel vanesio personaggio. Funzionale come spalla e pure assai comico il Dandini vocalmente rustico di Clemente Antonio Dagliotti; opportunamente spigolose ed acide, nella loro saporita caratterizzazione le due sorellastre, il mezzosoprano Elena Serra, Tisbe ed il soprano Eleonora Bellocci, Clorinda, cui spetta l’onere e l’onore di intonare l’aria del secondo atto musicata dall’Agolini e che, personalmente, non avevo mai sentito dal vivo. Autorevole per aplomb fisico e vocale l’Alidoro di Alessandro Spina che viene a capo onorevolmente alla difficilissima aria del primo atto. Ottima la partecipazione del coro maschile, istruito a dovere da Massimo Fiocchi Malaspina, seppure poco sfruttato nelle potenzialità attoriali dalla regia che lo ha tenuto più spesso a fare da tappezzeria sul fondo.
Andrea Merli