“RIGO-LEO” – Giuseppe Verdi – Teatro alla Scala, 17 gennaio 2016
RIGOLETTO
Melodramma in tre atti
di GIUSEPPE VERDI
Libretto di Francesco Maria Piave
dal dramma di Victor Hugo Le roi s’amuse
(Editore Casa Ricordi, Milano)
Prima rappresentazione: Venezia, Teatro La Fenice, 11 marzo 1851
Prima rappresentazione al Teatro alla Scala: 18 gennaio 1853
Produzione Teatro alla Scala
Direttore: Nicola Luisotti
Regia: Gilbert Deflo
Personaggi e Interpreti:
- Il Duca di Mantova: Vittorio Grigolo
- Rigoletto: Leo Nucci
- Gilda: Nadine Sierra
- Sparafucile: Carlo Colombara
- Maddalena: Annalisa Stroppa
- Monterone: Giovanni Furlanetto
- Giovanna: Chiara Isotton
- Marullo: Davide Pelissero
- Ceprano: Carlo Breda
Scene: Ezio Frigerio
Costumi: Franca Squarciapino
Luci: Marco Fiibeck
ORCHESTRA, CORO E CORPO DI BALLO DEL TEATRO ALLA SCALA
Maestro del Coro: Bruno Casoni
Milano
“RIGO-LEO” – Giuseppe Verdi
Teatro alla Scala, 17 gennaio 2016
Superate le cinquecento recite, di cui “solo” duecento proprio alla Scala totalizzate con questa pomeridiana del 17 gennaio, il 73enne Leo Nucci ha ottenuto in vita – e con una prestazione vocale che sprizza vitalità, gioia di stare in palcoscenico e di concedersi generosamente e totalmente al pubblico – una consacrazione che, più spesso e solitamente, si riceve postuma.
Che di Rigoletto, come e forse ancor più del suo indimenticabile Figaro, ne abbia ricavato una seconda pelle, lo si scrive da tempo immemorabile. L’Impiccione che lo segue con fraterno affetto, oltre che con stima incommensurabile, dal lontano 1968, ai tempi di un Mellot in una originalissima produzione spoletina del Tristano firmata da Giancarlo Menotti, ha ormai esaurito tutti i superlativi possibili ed immaginabili. Non è il caso di scervellarsi qui a trovarne di nuovi. Basti solo dire che il “nostro” ha rotto, finalmente e speriamo definitivamente, il “veto” toscaniniano dei Bis – e dunque, prima di Toscanini si facevano, eccome se si facevano i Bis! Si citi come esempio la ripetizione, per ben tre volte, del cantabile di Falstaff “Quando ero paggio del duca di Norfolk”, interprete il leggendario Maurel alla presenza di Verdi stesso – e che è stato accolto da ben due “standing ovation”: una dopo il bis della “Vendetta”, l’altra al suo comparire alla ribalta finale nei saluti singoli, all’americana.
“Rigoleo”, dunque e per sempre. Chi ne seguirà la traccia ne dovrà tener conto, poiché qui non si parla di “vedovi” – anzi ci si augura di sentirlo ancora tanto e spesso: prossimamente in marzo Macbeth a Piacenza e poi ancora in Scala col suo monumentale Boccanegra – né tantomeno di “fantasmi” leggendari di un passato indocumentato. Ogni prestazione di Nucci è, in realtà, una Master Class ed i più giovani, in specie se aspiranti cantanti, ne dovrebbero far geloso tesoro. Noi, diversamente giovani e per spirito battaglieri ed appassionati non meno di lui, intanto ci beiamo con la sua Arte, con la sicurezza che pure dopo il numero invero spropositato, si direbbe “inumano”, di recite, egli riesce sempre a sorprenderci, cambiando ed aggiungendo qualcosa, sempre nel rispetto della musica: un’inflessione, un’intenzione, un gesto, una mimica. E’ un miracolo, vocale ed interpretativo, che si ripete ad ogni recita e che ci lascia sbalorditi e commossi.
La polemica, si fa per dire, che ha scatenato la concessione del bis, ha coinvolto ovviamente anche l’altra rivelazione della serata, il soprano Nadine Sierra. Una Gilda 27enne che ha tutte le qualità: bellezza e freschezza giovanile, logicamente, presenza accattivante, scioltezza e spigliatezza scenica, a cui si sommano una voce bella, ben emessa ed estesa, ed una tecnica forbita che le permette di dominare il suono in tutte le dinamiche, dal pianissimo al fortissimo e di lanciare dei MI bemolle di tutto rispetto e tenuti spavaldamente. Visibilmente felice come una Pasqua di concedere il bis con il “papà” Leo e assolutamente complementare alla maturità di Nucci per credibilità sia scenica che vocale. Una delizia che ci si augura possa tornare presto in Italia.
Di Vittorio Grigòlo Duca di Mantova, che dire? Egli “ritorna vincitor” sempre: per l’innegabile presa sul pubblico, per la travolgente e straripante presenza scenica che ne fa una sorta di ciclone incontrollabile ed imprevedibile. Alla figura, al portamento sembra un bel ragazzotto di borgata che, quasi per caso, si ritrova a cantare l’opera alla Scala. In realtà ciò che a buona parte del pubblico piace è proprio questo suo stile “selvaggio” e canzonettistico, che ha poco da spartire con la linea musicale e stilistica, a tratti con lo spartito da cui a tratti si discosta inventando a suo piacimento note e spesso pure le parole, ma che lo assimila ad un prodotto di gusto attuale, uscito da X Factor e pronto per cantare anche in un Musical, piuttosto che il melodico all’italiana, dove potrebbe scatenarsi vieppiù. Ciò detto, gli va riconosciuto un dono di natura eccezionale nella voce di bel timbro e di potenza davvero notevole, anche quando non spinta oltre il dovuto. Al punto che alcuni, in platea, sospettavano fosse amplificato: no, no! La voce suona davvero così. Uno spreco? Nemmeno: è visceralmente e totalmente “tenore” e, come spesso si dice, lì “sta il suo bello”.
Con lo Sparafucile di Carlo Colombara e la Maddalena di Annalisa Stroppa, si rientra nei ranghi ed a livelli davvero assai alti. Lui, basso di vaglia e dal timbro imponente, si ritaglia giustamente un successo personale nel breve cammeo. Lei, emergente mezzosoprano, nel ruolo di Maddalena evidenzia delle qualità che sono pronte ad esplodere in ruoli ben più impegnativi. Un lusso asiatico, comunque, averli in scena a completamento di un cast assolutamente ideale in cui sono parsi ottimi pure il Monterone di Giovanni Furlanetto, l’apprezzabile Giovanna di Chiara Isotton, il sonoro Marullo di Davide Pelissero, l’imponente Ceprano di Carlo Breda e così gli altri, nei ruoli di fianco. Perfetto il coro, come sempre agli ordini di Bruno Casoni ed eccezionale l’orchestra diretta con piglio energico, ma anche con molta attenzione al palcoscenico, da Nicola Luisotti.
Dello spettacolo di Gilbert Deflo, scene di Ezio Frigerio e costumi di Franca Squarciapino ripreso da Lorenza Cantini, visto e rivisto, si aggiunga solo che è ancora molto apprezzato dal pubblico che tira un sospiro di sollievo quando non vede in scena stramberie e che sempre rimane affascinato dai costumi rutilanti, dall’effetto pioggia dell’ultima scena e che, in definitiva, ama l’opera come ha da essere: cioè nei tempi e nei luoghi previsti e indicati dagli Autori.
Ed è subito sera…
Andrea Merli
video del bis:
https://www.facebook.com/andrea.merliimpiccioneviaggiatore/videos/1128051410552450/