Regio di Parma – LE NOZZE DI FIGARO – 12 Gennaio 2016

Regio di Parma – LE NOZZE DI FIGARO – 12 Gennaio 2016

LE NOZZE DI FIGARO

Opera buffa in quattro atti. Libretto di LORENZO DA PONTE, dalla commedia Le Mariage de Figaro di PIERRE-AUGUSTIN CARON DE BEAUMARCHAIS.

Musica
WOLFGANG AMADEUS MOZART

Maestro concertatore e direttore: Matteo Beltrami

Regia: Mario Martone, ripresa da Raffaele di Florio

Personaggi e Interpreti:

  • Il Conte di Almaviva, grande di Spagna: Roberto De Candia
  • La Contessa di Almaviva: Eva Mei 
  • Susanna, cameriera della Contessa, promessa sposa di Figaro: Laura Giordano
  • Figaro, cameriere del Conte: Simon Orfila 
  • Cherubino, paggio del Conte: Laura Polverelli 
  • Marcellina, governante: Marigona Qerkezi
  • Don Bartolo, medico di Siviglia: Francesco Milanese
  • Don Basilio, maestro di musica: Matteo Macchioni, Ugo Tarquini
  • Don Curzio, giudice: Ugo Tarquini, Matteo Macchioni 
  • Barbarina, figlia di Antonio: Giulia Bolcato
  • Antonio, giardiniere del Conte e zio di Susanna: Carlo Cecchi

Maestro del coro: Martino Faggiani

Scene: Sergio Tramonti 

Costumi: Ursula Patzak 

Luci: Pasquale Mari 

Coreografie: Anna Redi 
ORCHESTRA FILARMONICA ITALIANA

CORO DEL TEATRO REGIO DI PARMA
Allestimento del Teatro di San Carlo di Napoli

In coproduzione con
Fondazione I Teatri di Reggio Emilia

parma nozze di figaro

Inaugurazione preceduta da mille ed un problemi, ma sostanzialmente andata a buon fine quella del Teatro Regio a Parma lo scorso martedì 12 gennaio.

Merito del capolavoro mozartiano, offerto con una buona dose di coraggio nel preteso “tempio verdiano” nel pur sempre acclamatissimo e godibilissimo allestimento firmato da Mario Martone, recentemente riproposto nel circuito lombardo e già recensito qui, nella rubrica impiccionesca. Che aggiungere a quanto già scritto? Si tratta di una tra le più apprezzate realizzazioni registiche di Martone a totale servizio dell’inesauribile libretto del Da Ponte, là dove ogni singola parola dei recitativi, offerti senza tagli come del resto la musica del Divino Salisburghese, ha una sua valenza drammaturgica che la regia coglie con estrema efficacia e teatralità a 360 gradi. Non un gesto, non un’inflessione della parola cantata sono trascurati ed è, per chi vi assiste, un momento di gioia e di vita che rimane impresso nella memoria e nel cuore.

parma nozze di figaro

Merito di un’esecuzione musicale di ottimo livello, iniziando dalla direzione d’orchestra di Matteo Beltrami. Seguito idealmente dall’orchestra, la Filarmonica Italiana, tra cui si sono distinti specialmente il Maestro al clavicembalo Simone Savina ed il fagotto suonato da Giorgio Versiglia, che hanno impreziosito i recitativi secchi con i loro interventi e le variazioni sul tema, Beltrami ha sostenuto idealmente le ragioni del palcoscenico, con dinamiche contenute e ritmo incalzante, ma senza stravolgimenti agogici, lasciando espandere la cantabilità in poetici abbandoni laddove la sublimità della musica lo esige. Nell’aria della contessa “Dove sono i bei momenti”, intonata con languore e fremiti da Eva Mei, esemplare per eleganza di linea di canto e per la capacità di modulare la voce con dolcezza e con soavità, Così pure in “Voi che sapete”, a dir poco emozionante nell’interpretazione della pur brava Laura Polverelli; per passare ad un “duetto dei pini” ammiccante e malizioso, laddove emerge in tutta la sua piccante verve la non meno che sensazionale Susanna di Laura Giordano, vero motore di tutta l’opera, che poi tesse da par suo un vero e proprio ricamo vocale di sensuale emozione in “De vieni non tardar” scatenando la più calorosa ovazione della serata. Ma brave, bravissime, anche la deliziosa Barbarina eseguita alla perfezione da Giulia Bolcato, spigliata in scena e commovente nel suo “L’ho perduta” e, soprattutto, la rivelazione a Como e conferma quindi a Parma della esuberante Marcellina del soprano kosovaro Marigona Qerkezi a cui è fin troppo facile prevedere un radioso futuro per la squisita e preziosa vocalità che ha dato eccezionale rilievo alla sua ostica aria “Il capro e la capretta”. Taglio per fortuna riaperto, così come quello dell’aria di Basilio, qui sempre il bravissimo Matteo Marchioni, già molto applaudito nel circuito lombardo, mentre a Bergamo, per insindacabile volere della direzione artistica, si erano espunte entrambe le arie.

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Ottimi anche gli altri maschietti, iniziando dal veterano, seppur ancora non quarantenne, Simon Orfila, che debuttò il ruolo circa dieci anni fa in questa stessa produzione a Napoli: voce sonora, potente e baldanzosa, accompagnata da una presenza scenica accattivante e da un’invidiabile scioltezza attoriale. Veterano come artista, ma al debutto di ruolo, Roberto De Candia ha dato vita ad un Conte insolito: quasi brutale nel suo arrogante “machismo”, volutamente e chiaramente “padre-padrone” dei vassalli e, soprattutto, della moglie. Una maniera intelligente di mettere a fuoco il personaggio cercando un’angolazione adatta alle proprie capacità espressive, senza forzare la personalità e, anzi, sfruttando un fisico più latino del solito, anche nella rotondità. Vocalmente, infine, si è sentita la lezione del suo Maestro –Sesto Bruscantini- e con ciò gli si fa il più sperticato complimento. Efficace il basso Francesco Milanese, apprezzato Don Bartolo pure a Como e quindi nelle città lombarde, ottimi pure l’Antonio ubriacone disegnato con spirito da Carlo Checchi e l’esilarante nella sua balbuzie Don Curzio di Ugo Tarquini. Bene pure il coro, in specie le due “verginelle” soliste nel secondo atto, istruito come sempre dall’impagabile Martino Faggiani.

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Successo in crescendo durante il corso della serata, iniziata con il doveroso tributo all’ospite presente in sala, Renato Bruson, festeggiato alla vigilia del suo ottantesimo compleanno e che, infine, ha condiviso la calorosa accoglienza alla ribalta finale, laddove con ottima accoglienza alla ribalta finale dove i tre – dicasi tre – “buh” gridati da uno stronzo, mi si passi il “francesismo”, al comparire di Cherubino non l’hanno avuta vinta sui molto numerosi, generosi e sinceri, “brava” e sugli scroscianti applausi. Lo si scrive per dovere di cronaca e, pure, per ribadire che la cattiveria si sposa sempre con la stupidità.

Andrea Merli

 

 

 

 

 

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