SALERNO: Pagliacci – Ruggero Leoncavallo, 13 ottobre 2023

SALERNO: Pagliacci – Ruggero Leoncavallo, 13 ottobre 2023

PAGLIACCI
Musica di Ruggero Leoncavallo
Opera lirica in due atti
Libretto di Ruggero Leoncavallo

Prima rappresentazione: 21 maggio 1892, Teatro Dal Verme, Milano


Direttore d’Orchestra Daniel Oren
Regia Sarah Schinasi

Personaggi e Interpreti:

  • Nedda Nino Machaidze
  • Canio Jorge de Leòn
  • Tonio Ernesto Petti
  • Beppe Francesco Pittari
  • Silvio Tommaso Barea

Maestro del coro Francesco Aliberti
Scene e costumi Alfredo Troisi
Maestro del Coro di Voci Bianche Silvana Noschese

ORCHESTRA FILARMONICA “GIUSEPPE VERDI” DI SALERNO
CORO DEL TEATRO DELL’OPERA DI SALERNO
CORO DI VOCI BIANCHE DEL TEATRO “GIUSEPPE VERDI” DI SALERNO

Nuovo allestimento del Teatro “Giuseppe Verdi” di Salerno

 

Teatro Municipale G.Verdi, 13 ottobre 2023


La stagione del Teatro Verdi di Salerno conferma, ancora una volta, il notevole livello artistico raggiunto in Italia dalle realtà periferiche.

La direzione artistica e musicale sono affidate a Daniel Oren, affiancato nell’impegno da Antonio Marzullo. Sei titoli d’opera, due balletti classici, un’operetta con produzioni realizzate per lo più in loco poiché il teatro, una bomboniera stile “Luigi Filippo”, ha una capienza di 640 posti, un palcoscenico ridotto pari al golfo mistico, dove difficilmente si possono ospitare produzioni nate in maggiori spazi scenici.

Pagliacci ha riscosso un successo clamoroso, compreso il bis di “Vesti la giubba” ottenuto con insistenza di applausi e grida di “bravo” e “bis” rivolte al protagonista: il tenore canario Jorge de León. Un Canio accattivante per veemenza vocale e partecipazione scenica. Già il suo “A ventitré ore” alla sua presentazione in scena è risultato fiammeggiante per la sicurezza del mezzo; nella seconda parte, durante la rappresentazione della “commedia dell’arte”, l’accento disperato nella celebre aria a chiusura del primo atto, ha assunto toni drammatici di grande impatto, mantenendo però sempre una linea di canto controllata e senza scadere in effetti gratuitamente plateali. Il trionfo alla fine è parso meritatissimo.

Il baritono Ernesto Petti, di cui mi vanto di seguire i passi dalle sue prime esibizioni in scena, gioca in casa essendo salernitano. Ma il successo che gli è arriso già alla conclusione del Prologo è stato assolutamente condivisibile ed è fin troppo facile intuire che il teatro sia letteralmente “venuto giù” dagli applausi. La sua magnifica interpretazione di Tonio conferma non solo una vocalità esuberante, brillante in acuto e ben dosata in zona centrale grave dove il timbro acquista pregevoli toni ambrati, ma soprattutto la crescita dell’interprete, esuberante nel prologo, ma poi sottile e insinuante, quasi fosse Jago nel resto dell’opera, dando fondo ad una calibrata tavolozza di colori con un fraseggio espressivo ed intenso. È piaciuta molto Nedda, il soprano georgiano Nino Machaidze, dal lirismo sognate nella prima aria, ammaliatrice nel duetto con Silvio e quindi civettuola Colombina nella commedia, infine straziante nel terribile finale dell’opera. Pregevole Silvio il baritono Tommaso Barea, al quale Oren ha imposto una linea di canto intimo, d’amante vero e appassionato. Più che corretto il Peppe del tenore Francesco Pittari, che ha avuto la possibilità di emergere nella serenata di Arlecchino. Da menzionare i due contadini, tratti dalle file dell’ottimo coro diretto da Francesco Aliberti, dalla voce incisiva e dalla perfetta musicalità, rispettivamente il baritono Paolo Gloriante e il tenore Antonio Palumbo.

Daniel Oren, dal podio e alla testa dell’eccellente orchestra filarmonica del Teatro Verdi, offre una lettura appassionata e molto drammatica, dal ritmo nervoso e alta tensione teatrale, garantendo un bel volo ai momenti più lirici grazie a dinamiche quasi impalpabili, seguite poi da pieni d’orchestra di grande effetto. Il pubblico di Salerno comprensibilmente lo adora, al punto che essendo israeliano prima che alzasse la bacchetta una voce ha chiesto la solidarietà per quanto sta accadendo nel suo Paese, con la risposta di un sincero applauso da parte di tutti i presenti.

L’allestimento, infine, è uno di quelli che permettono di uscire dal teatro soddisfatti e felici: grande merito di Sarah Schinasi, regista italiana residente a Madrid, che ha proposto una drammaturgia coerente, tradizionale ma non priva di sfumature di originalità. A partire dal preludio, in cui compaiono tutti i protagonisti, passando a Tonio la cui deformità è morale e non fisica; ha pure creato una coreografia per il coro, per i clown della figurazione e per i ballerini che animano la commedia. Il pubblico ha risposto con ripetuti ed insistenti applausi che hanno coinvolto Alfredo Troisi, autore della scenografia, semplice ma d’effetto specie la grande maschera che funge da teatrino nella seconda parte, e dei costumi tutti azzeccati. In assenza di budget cospicui l’arte del riciclo sfocia in autentica originalità, ed è un grandissimo merito. La scena si è pure arricchita dalla proiezione di un dipinto di Daniel Schinasi, celebre pittore neofuturista, dal titolo “Scontro di uomini e maschere” che, manco a farlo a posta, è calzata a pennello.

Andrea Merli

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