MADRID: La Dolores – Tomás Bretón, 8 febbraio 2023

MADRID: La Dolores – Tomás Bretón, 8 febbraio 2023

La Dolores

Dramma lirico in tre atti

Musica di TOMÁS BRETÓN
Libretto di JOSÉ FELIÚ Y CODINA
Nuova produzione del Teatro de la Zarzuela


Direttore Guillermo García Calvo 
Regia Amelia Ochandiano
Personaggi e Interpreti:
  • Dolores Saioa Hernández 
  • Lázaro Jorge De León 
  • Melchor José Antonio López 
  • Gaspara María Luisa Corbacho 
  • Sargento Rojas Rubén Amoretti
  • Celemín Javier Tomé 
  • Patricio Gerardo Bullón 
  • Cantador de coplas Juan Noval Moro 

Scene Ricardo Sánchez Cuerda 

Costumi Jesús Ruiz

Luci Juan Gómez Cornejo 

Coreografía Miguel Ángel Berna 

Orquesta de la Comunidad de Madrid

Titular del Teatro de La Zarzuela

Coro del Teatro de La Zarzuela

Direttore del Coro Antonio Fauró

 

Teatro de La Zarzuela, 8 febbraio 2023


Il genere lirico spagnolo è per eccellenza la zarzuela, in cui si alterna il canto alla parte recitata spesso predominante e comunque di primaria importanza. Ma esiste pure l’opera spagnola, “italianizzante” nella costruzione e nello stile, eppure ricca di melodie e ritmi squisitamente iberici, spesso legati alla tradizione regionale e popolare.

Per Tomás Bretón, di cui quest’anno corre il centenario della morte, pur avendo firmato nel 1894 uno dei capolavori del “Genero chico”, quella La Verbena de la Paloma la cui “habanera” fu immediatamente sulla bocca di tutti, fu una vera ossessione creare un’opera nazionale che si staccasse definitivamente dall’inevitabile influenza italiana. Il dramma “rurale” di José Feliú y Codina gli offrì finalmente l’occasione e La Dolores debuttò trionfalmente al Teatro La Zarzuela il 16 marzo del 1895 raggiungendo di fila il considerevole numero di 63 repliche, record superato al Teatro Tivoli di Barcellona dove andò in scena per 133 recite consecutive.

Tratta da una “copla” cantata da un cantastorie cieco ascoltato per caso da Feliú y Codina alla stazione di Binéfar, nell’Aragona, mentre era in viaggio tra Barcellona e Madrid, la storia pare si riferisse ad un episodio realmente accaduto che coinvolgeva una donna di Calatayud, prima sedotta e poi calunniata dall’amante: “Si vas a Calatayud pregunta por la Dolores, que es una chica muy guapa y amiga de hacer favores”. Erano gli anni dello sbocciare del Verismo e anche il teatro spagnolo si mostrava all’altezza di Cavalleria rusticana (1890) e dei Pagliacci (1892) con questo sanguigno dramma in cui una “femme fatale” ambita da tutti finalmente cede all’amore di un ingenuo seminarista che la vendica uccidendo il violento calunniatore. Una sorta di Carmen, ma finalmente autentica e ispanica al cento per cento. Del resto l’Aragona, coi suoi canti dominati dalla Jota, è sempre stata considerata culla dell’onore e cuore dalla Spagna “profonda” attraversata dalla sua più importante arteria, il fiume Ebro. Bretón, il quale aveva già composto opere, ma di ambientazione storica come sono Los amantes de Teruel, trovò con La Dolores la strada dell’identità dell’opera nazionale.

Rappresentata spesso fino e durante la Guerra Civile che assolò la Spagna dal 1936 al ’39, interpretata da cantanti di vaglia tra cui giova ricordare Ofelia Nieto, Hipolito Lazaro e Miguel Fleta, fu invisa durante i lunghi anni della dittatura proprio per la forte personalità della protagonista, in contrasto con la figura sottomessa della donna imposta dal regime. In tempi più recenti le cose non sono andate meglio: per risalire alla precedente ripresa bisogna tornare al 2004, quando fu proposta al Teatro Real. È un occasione dunque imperdibile quella che ci offre ora il Teatro de La Zarzuela, con un nuovo pregevole allestimento ed un cast di tutto rispetto.

La musica di Bretón trasuda la Spagna genuina, proponendo ritmi come l’andalusa Soleá, il Pascalle e, soprattutto, la Jota che nel primo atto porta al massimo climax l’opera e che è diventata un inno dell’Aragona, conosciuto e cantato in tutto il mondo ispanico. La struttura musicale predilige il cantabile declamato, seguendo la moda wagneriana, ma i numeri chiusi richiamano inevitabilmente proprio quell’italianità tanto combattuta e temuta. Del resto è pur sempre un’opera latina e dunque gli echi mascagnani, ma anche di Ponchielli e dell’ultimo Verdi, risuonano nei duetti e nei concertati, tutti di mirabile fattura e stupendamente orchestrati. Ottimo il lavoro eseguito dal direttore Guillermo García Calvo, a capo dell’ottima orchestra de La Comunidad de Madrid (unico neo l’amplificazione interna della “Bandurria”, il complesso d’ance che dovrebbe essere in scena) e del non meno valido coro del Teatro de La Zarzuela, diretto da Antonio Fauró, duttile anche alla recitazione.

Nel cast giganteggia la figura di Dolores che ha visto il fortunatissimo debutto della madrileña Saioa Hernández la quale si conferma attrice drammatica di primordine e la cui voce lirica, ma potente e svettante, ha reso in pieno il carattere della sciagurata protagonista, tanto nei momenti di ira, nel duetto con Melchor, l’amante che l’ha tradita ed a cui giura eterna vendetta, qui il pure ottimo baritono José Antonio López, quanto appassionata nei duetti con Lázaro, il seminarista, interpretato con vigore e generoso timbro dal tenore canarino Jorge De Leon, dal fraseggio infuocato e vigoroso. Ha poi cesellato il “sogno” che dopo l’incantevole preludio apre il terzo atto. Una presenza scenica accattivante e la perfetta aderenza musicale ne fanno da subito l’interprete di riferimento.

Nell’opera non mancano due ruoli comici, che contrastano e alleggeriscono il crudo epilogo. Il basso Rubén Amoretti ha dato vita al saporito e divertente Sergente Rojas, andaluso in Aragona che canta la Soleá e poi, per conquistare la bella Dolores affronta il toro nella corrida in piazza, rimanendone scornato. Il buffo Patricio, interpretato con molto spirito dal baritono Gerardo Bullón, possidente che cerca di sedurre a sua volta la bella organizzando la cantata della Jota, intonata dal bravo tenore Juan Noval Moro e poi dal tenore Javier Tomé, che interpreta la parte di un umile ragazzo pure lui sensibile alle bellezze della Dolores. Ben inserita in questo contesto la padrona del “Mesón” in cui serve Dolores e matrigna del seminarista Lázaro, Gaspara nella voce del mezzosoprano María Luisa Corbacho. Va pure menzionato il coro di voci bianche Sinay Kay istruito da Mónica Sánchez.

Lo spettacolo presenta una scena fissa che, con minimi cambiamenti, offre una perfetta soluzione a tutte le scene. Queste le firma Ricardo Sánchez Cuerda. I costumi ci riportano ai tempi del franchismo, a sottolineare sia l’attualità del dramma e soprattutto la condizione vessata delle donne, e sono di Jesús Ruiz. L’illuminazione, accuratissima, è opera di Juan Gómez Cornejo, le belle coreografie sono di Miguel Ángel Berna, il quale è anche il primo ballerino durante la sfrenata Jota. Lode infine alla regista Amelia Ochandiano, la quale è riuscita a dare un tocco di modernità, senza alterare la drammaturgia, ad un’opera che è sempre attuale, movendo bene sia il disponibile coro che dando un senso alla gestualità degli interpreti, tutti collaudati e preparatissimi.

La speranza è che questa produzione e La Dolores varchi i Pirenei e che anche in Italia si possa, finalmente, assistere ad un’opera spagnola: sarebbe ora!


Video 

Post Scriptum: La Dolores di Feliú y Codina si è prestata ed ha conosciuto tantissime parodie e una notevole produzione cinematografica partendo dal “muto” nel 1909 e con ben due versioni “sonore”, sebbene addolcite in epoca franchista, nel 1940 con la popolarissima cantante attrice Concha Piquer e nel 1947 con l’altrettanto celebre Imperio Argentina. Come curiosità vorrei aggiungere che la celeberrima “copla” diffamante in Spagna è popolarissima. Per gli abitanti di Calatayud è diventata un tormentone. Al punto che vi fu un’anonima risposta: “Si vas a Calatayud no preguntes por la Dolores, que puede que en tu casa las haya peores”. Non credo sia necesaria la traduzione.

Andrea Merli

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