AMBURGO: la Cenerentola – Gioachino Rossini, 8 dicembre 2019

AMBURGO: la Cenerentola – Gioachino Rossini, 8 dicembre 2019

LA CENERENTOLA 

melodramma giocoso di Gioachino Rossini

su libretto di Jacopo Ferretti

(Il titolo originale completo è La Cenerentola, ossia La bontà in trionfo)

 

 

Direttore Matteo Beltrami

Regia Renaud Doucet

personaggi e Interpreti:

  • Don Ramiro Xabier Anduaga
  • Dandini Kartal Karagedik
  • Don Magnifico Maurizio Muraro
  • Tisbe Ida Aldrian
  • Clorinda Jenny Daviet
  • Angelina Annalisa Stroppa
  • Alidoro Torben Jürgens

Scene e costumi: André Barbe

Lighting Design: Guy Simard

direttore del Coro Christian Günther

Philharmonisches Staatsorchester Hamburg

Chor der Hamburgischen Staatsoper

 

Staat Theater, 8 dicembre 2019

La ripresa de La Cenerentola (Aschenputtel, in tedesco) al Teatro d’Opera della città anseatica nel collaudato e spiritosissimo allestimento firmato da Renaud Doucet per regia e coreografia, con le fantasiose scene e costumi di André Barbe (illuminazione di Guy Simard) ha registrato il tutto esaurito in una sala a cui mancano tre posti per arrivare ai 1700 ed è stata accolta da un successo a dir poco trionfale con tanto di Standing ovation finale da parte di un pubblico che non si stancava di applaudire, coinvolto durante lo spettacolo dalle situazioni esilaranti, sottolineate da applausi e risate rumorose a scena aperta. Un entusiasmo che, se da una parte depone per lo spirito felicemente naif di un auditorio in gran parte costituito da giovani, dall’altra ci si auspicherebbe vedere più spesso nei nostri teatri.

La regia, collaudata ed elaboratissima, con incastri nei movimenti che suppongono lunghe e faticose prove per coro, mimi e solisti, ci trasporta in una futuribile “Metropolis” spaziale e coloratissima, dove i robot se la contendono agli umani, in gran parte ormai… robotizzati. Certo è che la “follia organizzata”, e nel caso la satira feroce del librettista, ben si sposa con questa proposta che potrebbe sembrare a tutta prima sopra le righe, ma che poi teatralmente e musicalmente – e ciò conta, eccome! – funziona a meraviglia.

Se lo spettacolo non ha conosciuto momenti di stracca, anzi ci ha sorpreso con situazioni in crescendo d’ilarità, la parte musicale è stata notevole. Per la partecipazione di un’orchestra ed un coro di estrema pulizia e precisione, rigogliosa la prima di suoni e colori, partecipe alla scena come raramente è dato vedere in Italia il secondo, istruito ad Amburgo da Christian Gunther. Le redini le ha tenute con ritmo e vivacità travolgenti Matteo Beltrami, un direttore sempre attento al palcoscenico e che nel genere brillante rossiniano, ma anche in Donizetti, ha un suo bel perché. Qui, tra l’altro, è stata proposta una lettura integrale, comprensiva di tutti i recitativi resi con una teatralità stuzzicante da parte dei solisti, cui è mancata solo l’aria di Tisbe, risaputamente non scritta da Rossini, bensì dal fedele Agolini, la cui funzione sarebbe quella di permettere il cambio scena tra la casa di Don Magnifico e l’atrio del castello principesco per il rondò finale. In sua vece un grazioso balletto “inventato” sul tema del duetto tra Dandini e Don Ramiro “Zitti zitti, piano piano” danzato dai bravissimi robot, alcuni su pattini a rotelle!

Protagonista applauditissima e meritoriamente, per la bellezza della figura, per la precisione nel canto dalla musicalità adamantina e fluido nelle brillanti e variate agilità, il giovane mezzosoprano bresciano Annalisa Stroppa, ormai è lanciata nel panorama internazionale, reduce da una Messa di Requiem verdiana eseguita a Berlino con i Berliner, sotto la guida di Teodor Currentzis. Voce estesa e ben timbrata, facile all’acuto che ha uno slancio sopranile, pur mantenendo la calda e ambrata morbidezza del velluto proprio della sua corda. Deliziosa già nella cantilena “Una volta c’era un re”, seducente nel duettone col principe Ramiro, perfetta nei concertati ed infine travolgente nel rondò “Non più mesta accanto al fuoco”.

Sugli scudi il tenore basco Xabier Anduaga, appena sentito (ed applaudito ed ammirato) quale bravissimo Gennaro nella recente Lucrezia Borgia a Bergamo. Qui ha confermato doti superlative, sia nel canto spiegato che, soprattutto, nelle agilità e nei sovracuti, snocciolate con naturalezza le prime, insultanti per vigore e freschezza i secondi. Che ci si trovi di fronte ad un artista di razza lo si era intuito, qui se ne è avuta la conferma. Lo aiutano, come no, la prestanza fisica, la recitazione ammiccante e felice ed una simpatia contagiosa in scena. Destinato, ed è un di più, a diventare idolo di ragazze, signore e, come si diceva un tempo senza tema di sconfinare nel politicamente scorretto, del terzo sesso! L’aria “Si ritrovarla giuro” ha avuto un tale successo da essere stata interrotta dagli applausi dopo il cantabile e di provocare poi il parossismo dopo l’allegro. Lui felice e sicuro d’essersi messo tutti in tasca.

Molto bene e pure lui festeggiatissimo il basso padovano Maurizio Muraro, Don Magnifico dalla voce bella, sonora e rotonda, apprezzato nelle due arie, spiritoso negli assieme e, specialmente, nel duetto con Dandini, il pur bravo baritono Kartal Karagedik, dalla voce non travolgente, ma musicalissimo e quel che lascia sorpresi, dalla dizione perfetta. Molto divertenti le due sorellastre: la Clorinda di Jenny Daviet e la Tisbe di Ida Aldrian, particolarmente lodevole per aver sostituito una collega ammalata con scarso anticipo nei tempi ed inserita perfettamente nella elaborata regia. Onesta la prestazione del basso Torben Jurgens, Alidoro.

Andrea Merli

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