MARTINA FRANCA45ESIMO FESTIVAL DELLA VALLE D’ITRIA: ORFEO – Nicola Porpora, 2 agosto 2019

MARTINA FRANCA45ESIMO FESTIVAL DELLA VALLE D’ITRIA: ORFEO – Nicola Porpora, 2 agosto 2019

CRONCHE DA MARTINA FRANCA

45ESIMO FESTIVAL DELLA VALLE D’ITRIA

 

ORFEO – Nicola Porpora

Dramma per musica in tre atti
Libretto di Paolo Rolli
Edizione critica a cura di Giovanni Andrea Sechi

 

Direttore George Petrou
Regia, scene, costumi e luci Massimo Gasparon

  • Orfeo Raffaele Pe
  • Euridice Anna Maria Sarra
  • Aristeo Rodrigo Sosa Dal Pozzo
  • Proserpina Giuseppina Bridelli
  • Pluto Davide Giangregorio
  • Autonoe Federica Carnevale

Armonia Atenea

Palazzo Ducale, 2 agosto 2019


“Negli anni 30 del Settecento” come ci illustra il musicologo Giovanni Andrea Secchi, infaticabile ricercatore cui dobbiamo la revisione dello spartito di quest’Orfeo “Londra era diventata una delle capitali europee dell’opera italiana”. I migliori interpreti del momento vi approdavano per soddisfare un pubblico colto ed esigente. Vi sorsero addirittura compagnie che rivaleggiavano tra loro. A quella capeggiata da Georg Friedrich Haendel si affiancò quella più aristocratica sotto l’egida di Federico di Hannover: fu questa ad allestire al King’s Theatre il melodramma in tre atti Orfeo, libretto di Paolo Antonio Rolli, composto in buona misura da Nicola Porpora, il 2 marzo del 1736. La compagnia di canto, prestigiosissima, contava su Farinelli ed il Senesino, al loro apogeo artistico, rispettivamente Orfeo ed Aristeo e sulla Euridice affidata alla celebre Francesca Cuzzoni.

L’Orfeo di Porpora è da considerarsi un pasticcio, termine che definisce un’opera composta da musiche approntate ex novo e da altri preesistenti, generalmente di più autori. Un prassi piuttosto consueta ai tempi, dove librettista e compositore creavano un vero e proprio gioco di incastri. In questo caso Porpora riscrisse buona parte dei brani cosiddetti “esterni” in maniera di dare all’opera la maggior omogeneità possibile, scegliendoli tra le così dette arie di baule dei virtuosi ingaggiati: un lavoro nato così per scelta, piuttosto che per ragioni pratiche. E dunque ciò ci permette – e il programma di sala minuziosamente redatto ci permette di individuarle – arie di Francesco Araia, di Johann Adolf Hasse, di Leonardo Vinci, di Francesco Maria Veraccini, di Geminiano Giacomelli oltre che, ovviamente, di Nicola Porpora.

Il rischio di assistere a una sorta di “Festival di San Remo dell’aria barocca” e di conseguenza di essere assaliti dalla noia, è stato scongiurato in quest’occasione ed il pasticcio si è rivelato ottimamente cucinato sia da un punto di vista musicale che scenico. Alberto Triola, direttore del Festival, mi ha confidato che non ci fosse stato il prezioso contributo di Pier Luigi Pizzi e di Massimo Gasparon, i quali hanno contribuito a creare un unico impianto scenico che con poche, ma sostanziali, modifiche è servito alle tre opere in programma nel cortile del Palazzo Ducale, con ogni probabilità il titolo a rappresentarsi sarebbe stato uno solo. Quindi, nell’economia ormai obbligata del contenimento dei costi, sì è apprezzato il lavoro di Gasparon, che ha firmato la regia di Orfeo, oltre ad averne curato la scena, le luci e, soprattutto, i magnifici ed appariscenti costumi. Una resa teatrale nobile, elegante, e ben dosata anche nell’uso della passerella che ha creato maggior complicità e contatto tra solisti e pubblico abbattendo la ideale quarta parete.

Due i controtenori in campo, l’italiano Raffaele Pe nei panni di Orfeo ed il venezuelano Rodrigo Sosa Dal Pozzo, Aristeo. Il primo a rivestire i fasti del mitico Farinelli, il secondo quelli del non meno celebre Senesino. Va detto subito che ne sono venuti a capo onorevolmente, poiché la richiesta del canto fiorito è oltremodo ardua. Pe ha avuto qualche incertezza nelle cadenze in estremo acuto, Sosa Dal Pozzo ha accusato un po’ di stanchezza verso la fine, ma il pubblico li ha premiati con applausi entusiastici anche in corso di recita. A impersonare Euridice il soprano Anna Maria Sarra, il cui timbro non è di quelli baciati dalla natura, ma che ha cantato con buona musicalità e tenuta la parte che fu di Francesca Cuzzoni, una delle più quotate virtuose a Londra e in Europa. Chi ha avuto l’applauso più intenso, ed è parsa una spanna superiore a tutti, è stata Giuseppina Bridelli, Proserpina, che nell’economia dell’opera, oltre ai recitativi, ha solo due arie, nel primo atto di Porpora, nel terzo di Giacomelli, ma che le ha cantate, specie la seconda difficilissima, con grande maestria e dominio tecnico e vocale. E’ piaciuta pure la Autonoe, amante spregiata da Aristeo, cantata con spirito e buona linea da Federica Carnevale. Discreto il Plutone nella voce, unica “maschile”, del basso Davide Sangregorio. All’opera ha preso parte anche un quartetto vocale, formato da ragazzi assai validi dell’Accademia del Belcanto “Rodolfo Celletti“: Donatella De Luca, Arianna Manganiello, Dario Pometti e Alberto Comes.

Un discorso a parte merita la stupenda resa sonora della stilisticamente perfetta Armonia Atenea, formata in gran parte da solisti greci e diretta magnificamente da George Petrou, punto di forza dell’intera operazione che ha tenuto alto sia il ritmo narrativo, che il libretto comunque possiede a dispetto del collage di arie, sia ha dato colore e vivacità ad un’opera che sarà pure di nicchia, ma che è un vero peccato si sia esaurita in un’unica recita.

Andrea Merli

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