SOFIA: Carmen – 11 novembre 2017

SOFIA: Carmen – 11 novembre 2017

 

Direttore: Grigor Palikarov

Regia: Plamen Kartaloff

Personaggi e Interpreti:

  • Carmen: Nadia Krasteva
  • Don José: Martin Iliev
  • Escamillo: Biser Georgiev
  • Micaela: Tsvetana Bandalovska
  • Dancairo: Ilia Iliev
  • Remendado: Hrisimir Damyanov
  • Zuniga: Svetozar Rangelov
  • Morales: Atanas Mladenov
  • Frasquita: Silvana Pruvcheva
  • Mercedes: Tsvetelina Kotseva

Teatro dell’Opera, 11 novembre 2017


Nuova produzione al Teatro Nazionale dell’Opera di Sofia di Carmen: il titolo, pur assai popolare, mancava dalle scene da circa vent’anni. A riproporla in una veste inusuale, ma senza scadere in un linguaggio pretestuosamente provocatore, ci ha pensato il regista, nonché direttore del Teatro, Plamen Kartaloff. Partendo dal presupposto che Prospero Mérimée, e di rimando i librettisti Henri Meilhac e Ludovic Halévy, abbiano tratto ispirazione da un racconto di Alexander Pushkin, “Gli zingari” del 1824, e che dunque Don José e Carmen trovino le loro radici etniche negli equivalenti Aleko e Zemfira, si confermerebbe il disconscimento da parte degli spagnoli della eroina sivigliana, e con lei di una musica che, pur traendo spunto da ritmi e motivi spagnoli, ivi compresa la famosa habanera che risaputamente è di Iradier, immaginarla più francese è impossibile.

E dunque si è ripulita la scena di tutta l’ingombrante parafernalia, dote che pare irrinunciabile dotazione della corrida e del flamenco, ci si trova una piattaforma rotante, che può assumere inclinazioni diverse e che è tinta rosso sangue. Circondata da delle gardinate nere che la possono avvolgere come un cerchio soffocante, ma che si scompongono e danno luogo alle diverse situazioni scenice. Il coro è trattato “alla greca” con dei paludamenti indistintemente neri e I volti coperti da maschere bianche. I solisti vestono costumi che appena accennano alla loro condizione, di militari, di contrabbandieri, di gitane. Solo il balletto, che assume un’importanza rilevante per via che alcuni passi sono stati risolti con le danze (ad esempio la prima scena del mercato del quarto atto) ha manifestamente un tocco ispanico, volutamente spettacolare così come Escamillo veste l’abito “de luces” di rigore per la corrida. Menzioniamo lo scenografo, Miodrag TabackI, la costumista Hristiyana Mihaleva-Zorbalieva, e coreografi: Antoaneta Alexieva e Svetlin Ivelinov. Un’intuizione registica quella del fiore che, piantato da Carmen al suolo al suo ingresso, vi resterà fino alla fine quando ferita da Don José anziché accasciarsi al suolo, la coglierà ergendosi in un fascio di luce, come in una trasfigurazione.

La parte musicale ha avuto un apporto sostanziale dall’ottima orchestra diretta con solido professionismo da Grigor Palikarov, che predilige tempi stringati e dinamiche contrastanti, ottenendo effetti di grande suggestione e momenti di intensa liricità. La versione scelta è stata, come è ormai consuetudine, quella coi recitativi parlati, tagliati giustamente all’osso visto che sia gli interpreti che il pubblico non sono ovviamente di madre lingua francese. Lode alla preparazione accurata della dizione grazie a Shezhina Rusinova- Zdravkova, poliglotta che domina pure l’italiano alla perfezione.

Nel cast, tutto bulgaro e con alternanza di tre interpreti per I due principali ruoli nel corso delle numerose recite, ha brillato di luce propria Nadia Krasteva, mezzosoprano noto internazionalmente e di casa all’Opera Di Stato di Vienna. Era lei, giovanissima, l’interprete di Carmen che intesi all’aperto, a Sofia in una delle mie prime trasferte bulgare e di cui si diede a suo tempo conto. Se piacque allora, ora maturata come interprete dopo una lunga frequentazione del ruolo, offre una immagine imponente della coraggiosa e determinata zingara. Sia per la sensualità della habanera e della seguidilla, cantate con grande abilità e seduzione scenica, che nella tragicità del terzo atto, la fatidica lettura delle carte, e poi nel finale dove ha fornito una interpretazione maiuscola, elettrizzando il pubblico che, finalmente, le ha tributato autentiche ovazioni. Bel successo anche per il tenore Martin Iliev, dal timbro scuro e maschio, che delinea un Don José insolitamente veemente, ma anche innamorato e tenero e supplichevole. Senza rincorrere al falsetto, ha scolpito un’aria del fiore con eloquenza e sottigliezza, smorzando il suono in mezze voci e dandone un piglio da innamorato che sente la carnalità del ruolo, senza smancerie. Pure lui applauditissimo a fine opera e ammirevole per la duttilità con cui passa da questo repertorio francese a quello wagneriano di cui ricordiamo lo splendido Sigfrido.

Micaela dotata pure di una voce di lirico pieno, è stata la palpitante Tsevetana Bandalovska, apprezzata specie nell’aria del terzo atto. Notevole il bass-bariton Biser Georgiev nel ruolo di Escamillo, risolto con arrogante baldanza. Ottime Frasquita e Mercedes, rispettivamente il soprano Silvana Pruvcheva ed il mezzosoprano Tsvetelina Kotseva, tolta dalle fila del coro ma dotata di voce pregevolissima, cui facevano efficace contorno il Remendado del tenore Hrisimir Damyanov ed il baritono Ilia Iliev. Completavano onorevolmente il cast Atanas Mladenov, Morales e Svetozar Rangelov, Zuniga.

Il coro è stato istruito come sempre da Violeta Dimitrova, quello delle voci bianche da Tnaya Lazarova.

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