MILANO: Conservatorio G.Verdi, La Falena – Antonio Smareglia

MILANO: Conservatorio G.Verdi, La Falena – Antonio Smareglia

Il 18 marzo del 1975, sembra ed è un secolo fa, fui testimone della ripresa al Teatro Verdi di Trieste de La Falena di Antonio Smareglia, il compositore di Pola di cui nella capitale giuliana ancora ci si ricorda di tanto in tanto. Ricordo assai bene lo spettacolo bellissimo, sia per la scena naturalistica di un floreale  cromaticamente prezioso firmato da Pierluigi Samaritani, che per la direzione impetuosa del mentore della “riscoperta”, Gianandrea Gavazzeni, per la presenza magnetica di Leyla Gencer, affiancata da una non meno valente Rita Lantieri e dal tenore Ruggero Bondino. Trasmessa dalla radio RAI Regionale un atto al giorno, così usava in quel beato tempo andato, ne è rimasta testimonianza discografica rigorosamente Live.

Mai più avrei pensato, a oltre 42 anni di distanza, di ritornare ad ascoltare La Falena. Il concerto offerto la sera di lunedì 13 alla Sala Grande del Conservatorio G.Verdi è stato un inaspettato “ritorno al passato” grazie alla tenacia di una “pura folle” che risponde al nome di Denia Mazzola Gavazzeni. Soprano dall’incredibile carriera, spinta sempre da una frenetica curiosità alla ricerca di spartiti rari e destinati, altrimenti, al sonno perpetuo. Perché la possibilità che questa, come tante altre opere, ritorni al letargico sopore è piuttosto probabile, nonostante il soddisfacente esito dell’unica serata frutto di uno sforzo produttivo, e anche artistico e umano, che non ha possibilità di paragone, specie se confrontato con l‘inerzia dei nostri maggiori teatri restii a riproporre l’immenso patrimonio musicale italiano.

Certo Antonio Smareglia è da considerare un autore defilato, con un percorso culturale ed artistico che lo pone quasi agli antipodi dei suoi colleghi contemporanei, specie quelli appartenenti alla “giovane scuola”, lui formatosi nell’ambiente milanese della Scapigliatura e quindi a Vienna, intriso di cultura mitteleuropea. Non di meno le sue opere, ove si escluda Nozze istriane, considerate la “Cavalleria rusticana” di Smareglia per la trama che riflette un dramma campestre e dove la musica echeggia i motivi popolari dell’Istria, appartengono a quel filone fantastico che generò La campana sommersa, La donna serpente e Sakuntala, tanto per citare tre titoli di recente tornati alla ribalta.

Una musica che risente l’influsso wagneriano, che forse eccede nell’orchestrazione a tratti prevaricante per ricchezza e ricercatezza timbrica le voci stesse, trattate assai duramente da tessiture impervie. Un rifiuto della forma chiusa che non esclude, però, interventi del coro chiamato a ruolo di protagonismo in più punti. La trama del libretto approntato dal triestino Silvio Benco, è prevedibile dal titolo: un re di nome Stellio, in un Paese indefinito in un’era paleocristiana, viene sedotto da un’ignota improvvisamente emersa dalla foresta impenetrabile sul far della sera. Abbandona sudditi e la candida Albina, promessa sposa, per raggiungere la maliarda, di nome Redana, in un antro oscuro e misterioso. Qui beve pozioni magiche ed uccide Uberto, padre  di Albina, che lo ha seguito con il proposito di salvarlo. Nel terzo atto, all’alba mentre la coppia tenta la fuga verso un’isola lontana, un vecchio marinaio di nome Morio (nomen omen) svela la natura della seduttrice: è una falena, figlia del Maligno, che vive di notte trascinando i malcapitati al peccato ed al delitto, col far del giorno si dilegua evanescendo nell‘aria. Il re però viene salvato dal bacio della vergine Albina che, morendo, lo perdona e lo redime.

L’ardua impresa è stata portata in porto molto onorevolmente dall’Orchestra Filarmonica Italiana formata per l’occasione e guidata con slancio e convinzione dal Maestro Marco Fracassi. Il coro “La Camerata di Cremona”, piuttosto, è parso insufficiente, specie nel settore maschile, laddove è richiesta una presenza massiccia di voci e per giunta la suddivisione in gruppi. Vocalmente il livello è stato più che dignitoso, in considerazione anche del fatto che la prova generale era avvenuta la mattina a poche ore dal concerto. Il tenore Rosario Di Mauro ha dato voce rispettivamente al personaggio del Ladro nel primo atto e del Marinaio nel terzo. Il giovane basso Fulvio Otelli si è prodotto nel ruolo del vecchio Morio, che canta nel terzo. Positive le prove del soprano Giovanna Barbetti, Albina di ottimo slancio lirico e cantata con accuratezza, e del baritono Armando Likaj, Uberto, dalla rigogliosa vocalità e dal timbro brunito ed autorevole.

Il ruolo del Re Stellio, dalla tessitura improba, tutta tesa in alto e che deve cantare quasi sempre nella zona del cosiddetto passaggio, ha visto primeggiare il tenore Giuseppe Veneziano, artista del coro del Teatro alla Scala dotato di ottima qualità timbrica, squillo notevole e di un’emissione da fare invidia ai colleghi di primo cartello. Riguardo a Denia Mazzola Gavazzeni, nel ruolo della Falena Redana che sfocia in acuto, ma richiede il dominio della zona centrale essendo quasi da mezzosoprano, si rimane ammirati per la tenuta, il mordente e la capacità di scandire la parola cantata con un accento ed un fraseggio infuocati. L’interprete, pure senza la scena, è riuscita a farci illudere di assistere ad uno spettacolo completo.

Il pubblico, non tanto numeroso quanto l’evento avrebbe richiesto, ha dimostrato un’attenzione ed un interesse notevole all’esecuzione decretando un franco successo. Il concerto è stato preceduto nel primo pomeriggio da un convegno su Smareglia a cui hanno partecipato con interessantissime relazioni: Gianni Gori, Guido Salvetti, Marzio Pieri, Matteo Sansone, Cesare Orselli, Bruno Dobric e Ivana Gortan; sono state pubblicate nel volume “Conoscere Smareglia” assieme agli interventi di altre personalità quali atti del congresso grazie a Denia Mazzola Gavazzeni per la AB HARMONIAE ONLUS.

Andrea Merli

    

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