ATENE: El Greco – Yorgos Hadjinassios, 13 febbraio 2024

ATENE: El Greco – Yorgos Hadjinassios, 13 febbraio 2024

El Greco

opera in tre atti

musica di Yorgos Hadjinassios

su libretto

di  Elias Liamis


Orchestrazione e direzione Nikos Vassileiou

Regia, drammatizzazione Angela Saroglou 

Personaggi e Interpreti:

  • El Greco Dario Di Vietri
  • Sofia / Jerónima de Las Cuevas Eleni Kalenos
  • Molino / Tiziano / Padre di Jerónima / Grande Inquisitore Deyan Vatchkov
  • Kazantzakis / Monaco / Inquisitore Dimitris Tiliakos
  • Icaro/Inquisitore Ray Chenez
  • Manolios Marinos Tarnanas
  • Silvana Marissia Papalexiou
  • Pietro / Artista B/ Inquisitore B  Michalis Psyrras
  • Artista A/Inquisitore A Nicholas Maraziotis
  • Messaggero di Molino / Messaggero del Papa / Messaggero dell’Inquisizione Andreas Karaoulis
  • Costumi e scenografia Constantinos Zamanis 
  • Progetto illuminotecnico Stella Kaltsou
  • Progettazione visiva Vassilis Kechagias
Orchestra Sinfonica Novarte
Coro Fons Musicalis
Direttore artistico: Costis Constantaras

 

Sala Concerti Megaron, 13 febbraio 2024


 Il compositore Giorgios Hatzinassios, nato a Salonicco il 19 gennaio 1942, gode di vasta e meritata fama non solo in Patria, per una lunga traiettoria musicale quale cantautore – le sue canzoni sono state interpretate anche da altri famosi cantanti, quali Nana Mouskouri e Manolis Mitsias –  compositore di ben 38 colonne sonore per altrettanti film, di 25 opere teatrali, celebre pianista sin dalla tenera età, in Grecia e pure all’estero, tra l’altro alla Carnegie Hall di New York e alla Konzerthaus di Vienna.

Photo©Stephanos Kyriakopoulos

Non poteva mancare l’appuntamento con l’opera lirica: El Greco, su libretto in italiano – può sembrar strano, ma ci sono diversi precedenti, per esempio il compositore Spiro Samàra compose diverse opere con libretto di Luigi Illica – di Elias Liamis, tratto dal libro di Dimitris Simopoulos; grazie ad una centrata drammaturgia vi si sviluppa l’ansia di libertà e lo spirito d’indipendenza di uno dei pittori emblematici del “Siglo de Oro” spagnolo, discusso dai contemporanei per la novità, in largo anticipo sui tempi, della sua pittura nello studio peculiare della luce e del colore nei suoi inconfondibili dipinti.

Photo©Stephanos Kyriakopoulos

Divisa in tre atti, l’opera inizia a Candia, nell’isola di Creta sotto il dominio veneziano, dove nacque Domenico Theotokopoulos. Il primo atto è introdotto dalla figura di un narratore che si personifica nello scrittore greco Nikos Kazantzakis, autore tra l’altro del celeberrimo romanzo “Zorba il greco”, affidato alla corda di baritono. Assieme alla figura mitologica di Icaro, per la voce di controtenore, Kazantzakis assisterà nelle vicende romanzesche il Pittore, per molti versi accostabile ad un altro “dannato” suo contemporaneo, Michelangelo Merisi, il Caravaggio.

Photo©Stephanos Kyriakopoulos

Domenico passa nel secondo atto a Venezia, entra nella scuola del Tiziano che lo conduce poi a Roma; qui s’inimica tutti criticando nientemeno che la Capella Sistina e Michelangelo. Nel terzo atto lo ritroviamo finalmente a Toledo, dove si unisce a Jeronima de las Cuevas senza sposarla e madre del suo unico figlio. Il padre di Jeronima lo sfida a duello, ma colpisce mortalmente l’amico fidato del pittore, Manolios. El Greco, infine, affronta il tribunale della Santa Inquisizione, rifiutando il compromesso di censurare la propria arte, protestando l’irrinuciabile libertà.

Photo©Stephanos Kyriakopoulos

Alla figura centrale, affidata al timbro di tenore, si affiancano diversi personaggi, alcuni di fantasia, altri realmente esistiti. Tra questi il governatore veneziano di Creta, il nobile Molino, il quale condanna all’esilio Domenico, complice di aver favorito gli amori della figlia Sofia con Pietro, figlio di un acerrimo rivale. Nel secondo atto El Greco ritrova Sofia morente e le dichiara il suo amore, taciuto per dovere d’amicizia con Pietro, prima che essa muoia tra le sue braccia.

Photo©Stephanos Kyriakopoulos

La drammaturgia possiede una forte teatralità e coerenza, seppure in un ordito non semplice. La regista Angela Kleopatra Saroglou, su un impianto scenico praticamente unico di stile classico con punte metafisiche alla De Chirico, per intenderci, firmato assieme ai costumi da Constantinos Zamanis, dipana idealmente la storia, con ritmo crescente, mantenendo alta la tensione anche in considerazione del fatto che i ben 34 numeri musicali dell’opera sono intercalati spesso dal parlato. Perfetta la distribuzione delle masse, il Coro Fons Musicalis diretto da Costis Constantaras – in scena solo le voci maschili, dall’interno pure le femminili – e attenta e curata la recitazione degli interpreti, caratterizzando i diversi personaggi tenendo conto che i cantanti sono impegnati in più parti. Ottima e suggestiva l’illuminazione creata da Stella Kaltsou e particolarmente riuscite le bellissime video immagini (alcune in movimento: le icone del primo atto) disposte da Vassilis Kechagias, ricreando per esempio la Cappella Sistina tra gli archi dell’impianto scenico. Stupendo, infine, alla morte di Manolios, il colpo di scena che trasforma il quadro nel “tableau vivant” de “L’entierro del Conde de Orgaz”, celeberrimo dipinto de El Greco.

Photo©Stephanos Kyriakopoulos

Va precisato che questa produzione de El Greco, segue la vera e propria “prima assoluta” avvenuta nel 2015 al Teatro del Pireo. In quella edizione la regia fu affidata al noto regista greco Vassilios Anastassiou e nel cast figuravano diversi artisti italiani. Tra gli altri il soprano Silvia Della Benetta, i baritoni Omar Camata e Carlo Torriani ed il tenore Dario Di Vietri, il quale è stato pure il protagonista di questa ripresa della versione riscritta de ampliata dall’Autore e riorchestrata dal direttore Nikos Vassileiou, che ha diretto l’ottima Orchestra Sinfonica Novarte. Una prima scelta era caduta su un emergente tenore kosovaro, Ramë Lahaj, il quale ha dato “forfait” non escluderei dopo aver dato un’occhiata allo spartito. La scrittura del ruolo, in massima parte giocata sulla fatidica zona di “passaggio” all’acuto, mette a dura prova la voce dell’interprete, cui certo non giova un’orchestrazione prevaricante e molto spesso tesa da dinamiche eccessive. Di Vietri ne è venuto a capo con grande scioltezza e facilità, ottenendo diversi applausi a scena aperta – il pubblico presente scoppiava in applausi dopo ogni acuto – cesellando, tra le diverse arie, una delle più belle: il Padrenostro che giunge quasi a conclusione dell’opera. Ma il suo apporto è stato prezioso e determinante in tutto il corso d’opera, specie negli intensi e melodicamente trascinanti duetti, nel secondo atto con la malcapitata Sofia, il soprano greco americano Eleni Kalenos, poi Jeronima nel terzo atto, dalla bella ed estesa voce, liricamente apprezzabile e musicalmente ineccepibile, pure credibile ed intensa come interprete.

Photo©Stephanos Kyriakopoulos

Di grande rilievo scenico e vocale, perfetto nelle diverse caratterizzazioni di ben quattro personaggi, il basso bulgaro Deyan Vatchkov, il quale sebbene reduce dall’infezione di covid che lo ha colto durante le prove, sostenute con l’uso della mascherina, è riuscito a rendere la crudeltà di almeno tre dei suoi ruoli: il nobile Molino, il padre di Jeronima de las Cuevas de infine il Grande Inquisitore, salvando per umanità e ricchezza d’animo Tiziano, mentore de El Greco. Contare con il bravissimo baritono Dimitris Tiliakos per la parte dello scrittore Kazantzakis, poi un monaco ed un inquisitore, è stato un vero lusso, sia sul lato interpretativo che, soprattutto, per la grande e generosa vocalità. Assai apprezzato pure il controtenore americano Ray Chenez, musicalissimo Icaro dalla voce morbida e ben sostenuta. Al mezzosoprano Marissia Papalexiou, Silvana, è assegnata una parte di rilievo nei concertati e poi emerge in una bella, intensa aria nel secondo atto, quando narra le nefandezze del nobile Molino con accorata partecipazione. Brillante il baritono Marinos Tarnanas, Manolios, che funge da braccio destro, un po’ scapestrato amico di Domenico e poi, frapponendosi tra lui ed il padre di Jeronima, viene colpito a morte. Nel cast una serie di ruoli di fianco, molto esposti, hanno trovato puntuali interpreti in Michalis Psyrras, Nicholas Maraziotis e Andreas Karaoulis.

La sala Megaron, capiente di quasi 1800 posti, offriva un aspetto da “tutto esaurito” ed il pubblico che seguiva l’opera coi sopratitoli in greco (solo in greco, pure il programma di sala) ha decretato un successo trionfale, con calorosi e sostenuti applausi rivolti a tutto il cast e, alla fine, oltre che ai fautori dello spettacolo agli autori, librettista e compositore. Della musica va sottolineato che è assolutamente tonale, ricca di spunti melodici di sicuro e piacevole effetto e pure di una certa originalità. L’uso di motivi conduttori legati ai personaggi è pregevole e così pure la realizzazione dei pezzi d’assieme, che sfocia in concertati d’innegabile presa. Certo, si colgono influenze di vario genere, il chè suppone un lodevole ecclettismo, dai russi con accenni riconducibili a Ciajkovskji e a Mussorgsky, su su fino all’opera pop di Andrew Lloyd Webber, come dire un “classico” tra i moderni. Testo italiano permettendo – non scevro d’anacronismi nel linguaggio e di un procedere che a volte poco si sposa con la linea musicale – un’opera che meriterebbe di essere conosciuta oltre il Peloponneso.

Andrea Merli

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