VARSAVIA: Werther – Jules Massenet, 8 ottobre 2021

VARSAVIA: Werther – Jules Massenet, 8 ottobre 2021

Werther

dramma lirico in quattro atti

di Jules Massenet

su libretto in francese di Édouard Blau, Paul Milliet e Georges Hartmann

tratto dal romanzo epistolare I dolori del giovane Werther di Goethe

 

Direttore Patrick Fournillier

Regia Willy Decker

Ripresa della regia Stefan Heinrichs

Personaggi e Interpreti:

  • Werther Leonardo Caimi
  • Charlotte Iryna Zhytynska
  • Albert Stanislav Kuflyuk
  • Sophie Sylwia Olszyńska
  • Le Bailli Jerzy Butryn
  • Schmidt Jacek Ornafa
  • Johann Szymon Raczkowski
  • Bruhlmann Igor Buczyński
  • Kätchen Katarzyna Ćwiek

Scene e costumi Wolfgang Gussmann

Orchestra of the Polish National Opera

Władysław Skoraczewski Artos Children’s Choir

direttore del coro Danuta Chmurska.

 

Teatro Wielki, 8 ottobre 2021


Era grande la curiosità di conoscere una città per me nuova, Varsavia la stupenda capitale della Polonia ed il suo magnifico e glorioso Teatro Wielki Opera Narodowa, uno tra i maggiori in Europa, edificio enorme di facciata neoclassica ricostruito, come quasi tutta la città, dopo il secondo conflitto mondiale che proprio dall’invasione nazista del 1939 ebbe inizio. La sala principale, capiente di oltre 2000 posti e tutti con ottima visibilità, possiede un’acustica perfetta anche dal centro della platea. Le linee architettoniche dell’interno non rispettano lo stile esterno, risultando oggi piacevolmente vintage, conservate con cura e anzi esaltate nel gusto per la policromia dei marmi, per le vistose lampade di vetro di Murano, per un’eleganza che rispetta un’ideologia ormai tramontata, dove ciò che era destinato alla cultura ed al pubblico godeva di un trattamento privilegiato, quasi il teatro fosse un tempio pagano.

Questo Werther si è rivelato un’apprezzabile edizione dell’opera di Massenet. Iniziando dalla magnifica prova dell’orchestra del Teatro Wielki, dal suono compatto, ben amalgamato, dove gli interventi solistici degli strumenti hanno avuto ottimo rilievo. Merito della direzione idiomatica di Patrick Fournillier, direttore principale al Wielki, per il quale il repertorio francese non ha segreti. Ne è sortita una lettura appassionata, per nulla linfatica e svenevole, tesa in una drammaticità incalzante, per esempio nell’intermezzo tra terzo e quarto atto, ma espansa in oasi liriche: per tutte il “Clair de Lune” che precede il duetto tra Charlotte e Werther a fine primo atto. Una lode speciale meritano i bimbi, alcuni davvero piccolissimi, “figli” de Le Bailli: intonati e scenicamente molto partecipi, tratti dal coro di Voci Bianche “Artos” diretto da Danuta Chmurska.

Lo spettacolo firmato da Willy Decker per la regia, con le scene e costumi di Wolfgang Gussmann, ripresi come del resto la regia da Stefan Heinrichs, è una coproduzione con l’Opera Nazionale di Praga e conta almeno quattro lustri di vita. E’ la dimostrazione di come un allestimento di impostazione tutt’altro che convenzionale (la scena unica è costituita da una “scatola” contenitore il cui fondo scorrevole lascia intravvedere uno spazio che sembra aperto e su cui si muove la figurazione e vi compaiono le silhouette delle case del villaggio) parco di attrezzi e quasi monocromo, ove si escluda il protagonista, prima in giallo e poi in color écru, se motivato da una convincente introspezione dei caratteri, da un lavoro sul singolo meticoloso con cura di ogni dettaglio, possa diventare un “classico” pur rientrando concettualmente nel famigerato “teatro di regia” alla tedesca. Qui Decker non fa sconti: Charlotte, innamoratasi con un colpo di fulmine di Werther dal suo ingresso in scena, vive una lotta interna tra dovere e passione, che va ben oltre dall’algido personaggio di Goethe, ma anche dalla pur compassata eroina di Massenet. Albert, da subito consapevole della situazione, ha un approccio quasi violento con Charlotte. Emblematici i due personaggi marginali di Schimdt e Johann, che nell’opera costituiscono solo una macchia di colore locale e che per Decker sono due “maschere” inquietanti, che interferiscono continuamente con i protagonisti, specie con Werther addirittura consegnandogli la pistola con cui si suiciderà. Un racconto avvincente, giocato anche con estrema convinzione dagli interpreti, che risponde ad una lettura fedele al libretto, alla musica e del tutto condivisibile.

Cast molto convincente anche nelle parti di fianco. Agli episodici, ma puntuali, Bruhlmann e Kathchen, quelli di “Klopstock” per intenderci, Igor Buczynski e Katarzyna Cwiek, si è chiesto il preciso gioco registico di sottrarre il libro del “Divin Klopstock” dalle mani di Werther; ben risolti scenicamente, perfetti nel travestimento e nel rivelarsi l’articolo “il”, lo Schimdt macchiettistico del tenore Jacek Ornafa e l’imponente Johann del baritono Szymn Raczkowski, premiato a fine recita con un mazzo di fiori poiché era al suo debutto assoluto.

Ottimo Le Bailli il bass-bariton Jerzy Butryn. Stupenda Sofia, vocalmente squisita per tenuta, emissione e dolcezza di timbro, la giovane Sylwia Olszynska, soprano ucraino di cui sentiremo parlare. Perfetto Albert, per prestanza vocale ed intensa interpretazione il baritono Stanislaw Kufluyk. Charlotte molto convincente sul piano interpretativo, ma dalla vocalità indefinita più da soprano che da mezzo, l’ucraina Irina Zhytynska, gratificata da un applauso a scena aperta dopo un intenso “Va! laisse couler mes larmes”.

Leonardo Caimi

L’interesse maggiore stava nel protagonista, il tenore di Lamezia Leonardo Caimi di cui seguo la carriera da lungo tempo, recentemente Conte Danilo nella Vedova allegra a Cagliari, che all’estero svolge una intensa carriera in ruoli di lirico e lirico spinto e che qui al Teatro Wielki riprende un ruolo che lo ha già visto in scena. Siamo di fronte ad un Werther per nulla rassegnato, depresso e perdente in principio. Anzi, sia l’impostazione registica che, soprattutto, quella musicale ne esaltano il versante maschile ed umano, di colui che lotta strenuamente per la donna che ama, capisce di essere corrisposto e dunque, sia nel secondo atto, ma soprattutto nel terzo, i suoi slanci amorosi sono non solo plausibili ma assolutamente credibili. La vocalità robusta, piena nel centro e ben sostenuta in acuto, fanno il resto. Ma l’interprete, consapevole dello stile e della peculiarità del canto francese, usa anche il suono misto e, nel momento opportuno per sottolineare la dolcezza del canto innamorato pure il falsetto. Un gran bel Werther, che ha scatenato l’applauso più convinto e prolungato dopo la celebre aria “Porquoi me réveiller” ed ha ottenuto un meritato trionfo personale alla ribalta finale dove s’è perso il conto delle numerose chiamate.

Andrea Merli

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