TORINO: Tosca – Giacomo Puccini, 15 ottobre 2019

TORINO: Tosca – Giacomo Puccini, 15 ottobre 2019

TOSCA

Melodramma in tre atti
Libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, dal dramma La Tosca di Victorien Sardou
Musica di Giacomo Puccini

Direttore d’orchestra Lorenzo Passerini 
Regia Mario Pontiggia

Personaggi Interpreti

  • Floria Tosca, celebre cantante soprano Anna Pirozzi 
  • Mario Cavaradossi, pittore tenore Marcelo Álvarez
  • Il barone Vitellio Scarpia, capo della polizia baritono Ambrogio Maestri 
  • Il sagrestano baritono Roberto Abbondanza
  • Spoletta, agente di polizia tenore Bruno Lazzaretti
  • Cesare Angelotti, console
    della Repubblica Romana basso Romano Dal Zovo
  • Sciarrone, gendarme baritono Gabriel Alexander Wernick
  • Un carceriere baritono Giuseppe Capoferri 
  • Un pastorello voce bianca Viola Contartese

Scene e costumi Francesco Zito
Luci Bruno Ciulli
Maestro del coro di voci bianche Claudio Fenoglio
Maestro del coro Andrea Secchi
Orchestra e Coro Teatro Regio Torino
Coro di voci bianche del Teatro Regio e del Conservatorio “G. Verdi” di Torino
Allestimento Teatro Massimo di Palermo

 

Teatro Regio, 15 ottobre 2019


E’ quasi un evento che nel giro di meno di una settimana si sia potuto assistere in tre teatri diversi, in tre città diverse, a tre allestimenti “tradizionali” laddove le virgolette sono d’obbligo perché per alcuni, specie tra i recensori e molti più scarsi tra il pubblico, “tradizione” è sinonimo di vecchiume ed il rispetto per il libretto, delle didascalie e della collocazione storica sono diventati di una noia insopportabile.

Della Bohème per la regia di Nucci a Modena s’è già scritto. In rapida successione si sono viste una Tosca a Torino e l’Ernani a Novara, presentate in altrettanti allestimenti “storici” suscitando l’entusiasmo del pubblico, non meno di quanto è avvenuto nella città emiliana.

La Tosca della “premiata ditta” Mario Pontiggia, per la regia, Francesco Zito per le scene ed i costumi e Bruno Ciulli per le luci, è nata al Maggio Musicale Fiorentino nel 2008 ed ora è passata di proprietà al Teatro Massimo di Palermo. E’ stata più volte ripresa al Teatro Comunale di Firenze (il solo primo atto, con l’impressionante e monumentale, oltre che fedele, ricostruzione di Sant’Andrea della Valle a Roma è servito per inaugurare il nuovo teatro di Firenze nel 2014) e ha girato mezzo mondo, dalle Canarie al Giappone, passando anche da Napoli e da Tolosa in Francia. Rappresenta a tutti gli effetti l’eccellenza del teatro italiano, laddove si intenda la grande arte scenica, pittorica, l’abilità di costruire e dipingere scene di altissima qualità, Francesco Zito essendo uno dei massimi esponenti di quella scuola che si vorrebbe spedire in soffitta o piuttosto in cantina. Lo splendore dei costumi, l’accostamento cromatico dei colori, l’eleganza dell’insieme sono stati messi in evidenza da quel mago delle luci che risponde al nome di Bruno Ciulli, altro esponente di quella scuola, che ha preso il via al Piccolo Teatro di Milano, di cui dobbiamo essere orgogliosi. Mario Pontiggia, a tutti gli effetti argentino anche se di chiare radici italiane, rientra in quella categoria di registi che della cultura ed approfondimento storico fanno un vanto. Prima di giungere a Puccini, e Giacosa ed Illica, si studia Sardou ovviamente e tutto il periodo e temperie artistica alla quale va ascritto. E quindi lo spettacolo, senza essere convenzionale, anzi con alcuni guizzi di inventiva per esempio nel turbinoso finale primo laddove irrompono i rivoluzionari in chiesa, scorre con una tenuta teatrale che non concede distrazioni né divagazioni, sottolineando l’azione con una recitazione sempre opportuna, elegante e credibile nel contempo. Salutati alla fine con grande entusiasmo dal pubblico torinese.

Pubblico della “prima” solitamente “inamidato” che si è lasciato andare in applausi a scena aperta, dopo le celebri arie di Cavaradossi ed, immancabilmente, dopo un “Vissi d’arte” emozionante eseguito dalla protagonista, il soprano Anna Pirozzi. La vocalità della Pirozzi si impone per la “tebaldiana” opulenza, per gli armonici di ampio respiro, ma usati a fini espressivi e non per accondiscendere la platea, per il colore ed il timbro privilegiati e per un dominio ammirevole del settore acuto culminato con una “lama” sfavillante nel Do acuto tenuto spavaldamente e lucente come il più brillante acciaio. E’ piaciuto molto anche Marcelo Alvarez, Mario Cavaradossi passionale ed irruente nei primi due atti, sognante e innamorato nel terzo, quello meglio riuscito per il controllo dello strumento e per l’uso di mezze voci in perfetta sintonia col soprano. Ambrogio Maestri, Scarpia, è a dir poco monumentale: il personaggio è maturato a meraviglia, ricco di intenzioni e sfumature, viscido ed imperioso in giusta ed equa misura. Vocalmente un fiume in piena: successone pure per lui. I ruoli di fianco assai ben assegnati: il ben caratterizzato Sagrestano del baritono Roberto Abbondanza, l’ottimo basso Romano Del Zovo, Angelotti, l’insinuante Spoletta del tenore Bruno Lazzaretti, che mi ha ricordato un “mostro” tra i caratteristi e maestro di doppiaggio, il compianto Sergio Tedesco, lo Sciarrone del promettente Gabriel Alexander Wernick, il sonoro Carceriere di Giuseppe Capoferri ed il bravo Pastorello di Viola Contartese.

Ottime le prove di orchestra e coro, questo affidato alle cure di Andrea Secchi e molto interessante la direzione del giovane Lorenzo Passerini che ha sostituito l’indisposto Daniel Oren. Alcuni eccessi dinamici si possono attribuire alla veemenza di una direzione entusiastica ed entusiasmante, dove al ritmo serrato si sono sommate la ricchezza della tavolozza di colori, l’esaltazione delle frasi più liriche ed un ottimo sostegno alle ragioni del canto. Ci si augura di ritrovarlo ancora sul podio!

Andrea Merli

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