PARMA: Rigoletto, 18 gennaio 2018

PARMA: Rigoletto, 18 gennaio 2018

 

Melodramma in tre atti su libretto di Francesco Maria Piave

dal dramma Le roi s’amuse di Victor Hugo

Musica
GIUSEPPE VERDI

Maestro concertatore e direttore FRANCESCO IVAN CIAMPA

Regia ELISABETTA BRUSA ricordando PIER LUIGI SAMARITANI

Personaggi Interpreti:

  • Il Duca STEFAN POP, ALESSANDRO SCOTTO DI LUZIO (16, 19, 21)
  • Rigoletto LEO NUCCI, AMARTUVSHIN ENKHBAT (19, 21)
  • Gilda JESSICA NUCCIO, DANIELA CAPPIELLO (16, 19, 21)
  • Sparafucile GIACOMO PRESTIA, GEORGE ANDGULADZE (16, 19, 21)
  • Maddalena ROSSANA RINALDI, VETA PILIPENKO (16, 19, 21)
  • Giovanna CARLOTTA VICHI
  • Conte di Monterone CARLO CIGNI
  • Marullo ENRICO MARABELLI
  • Matteo Borsa GIOVANNI PALMIA
  • Conte di Ceprano DANIELE TERENZI
  • Contessa di Ceprano ARIANNA MANGANELLO
  • Un paggio ARIANNA MANGANELLO
  • Un usciere TAE JEONG HWANG, DANIELE CUSARI (16, 19, 21)

Scene e costumi PIER LUIGI SAMARITANI

Luci ANDREA BORELLI

Maestro del coro MARTINO FAGGIANI

ORCHESTRA DELL’OPERA ITALIANA

CORO DEL TEATRO REGIO DI PARMA

Allestimento del Teatro Regio di Parma


L’altra sera, a Parma, il pubblico che affollava il Teatro Regio per l’ultima recita di Rigoletto con protagonista Leo Nucci, in gran parte sapeva che, oltre a celebrarne i 50 anni dal debutto del baritono che nel ruolo del quale ha fatto la sua seconda pelle, quella era probabilmente l’ultima sua incarnazione del Gobbo, al Regio, a Parma. Perciò l’emozione si tagliava a fette e, tanto per dirne una, la mia vicina di poltrona e carissima amica di Leo, oltre che mia, Maria Isabel Toròn di Las Palmas di Gran Canaria non ha retto ed ha pianto, in silenzio, durante tutta la celebre aria “Cortigiani vil razza dannata”.

Racconto questo episodio così come quello di un giovanissimo melomane (tuttaltro che “medio” ci tengo a precisare) l’appena ventenne Alessandro che mi ha avvicinato, riconoscendomi come l’impiccione che sono e che mi ha confidato la sua grande emozione nell’ascoltare e vedere finalmente il “grande Nucci”. “Tienlo bene a mente” gli ho subito ingiunto “perché sei molto fortunato e un domani ai tuoi figli e nipoti potrai raccontare questa serata, questa recita e di questo sommo interprete, essendone il testimone diretto”.

Non voglio estendermi in altre sperticate lodi: come ho detto oggi in trasmissione, ascoltare Nucci in Rigoletto equivale ad assistere ad una master class sul personaggio. Anche per chi come il sottoscritto lo segue da una vita e di “Rigoleo” ne ha macinati tantissimi, ogni volta è un’esperienza nuova, una nuova emozione. Oltre alla prodigiosa freschezza vocale e forma fisica che gli permettono di emettere oggi una voce ancora più ambrata di quanto fosse in gioventù, salda nell’emissione e di facilità insultante nell’acuto, dei movimenti scenici che metterebbero in difficoltà un trentenne, Nucci scava come solo lui può fare nella parola cantata, cogliendo sfumature, accenti intenzioni ogni volta rinnovati. Un vero e proprio miracolo. Il pubblico, il 20 sera colto da un’empatia prodigiosa che ha unito palcoscenico e buca, gli ha decretato un trionfo apoteaosico con richiesta di bis, puntualmente concesso, del duetto della “vendetta” davanti al sipario. Sipario che poi si è aperto e la scena emozionante è stata quella di vedere il coro ad applaudirlo e quindi ad abbracciarlo. Queste sono le serate che ci riconciliano non solo col teatro, bensì col mondo.

Ovviamente non era da solo: Jessica Nuccio (Nucci e Nuccio, bel gioco di parole!) è stata un’altrettanto portentosa Gilda. Per il timbro chiaro e limpido, per l’emissione soave e incline a perdersi in mezze voci incantevoli modulando anche con forza nell’acuto e toccando e sostenendo per ben due poderosi Mi bemolle. Brava anche scenicamente: una delizia! Il poderoso tenore rumeno Stefan Pop ha composto un Duca gagliardo, con una bella linea di canto, all’antica (leggetelo come un complimento) incline a cedere nelle dinamiche sfumate, nel canto a fior di labbro, salvo poi lanciare la voce con gagliarda esuberanza nella cabaletta e, nel terzo atto, tanto nella “Donna è mobile” quanto nello stupendo quartetto in cui si sono uniti i validissimi Giacomo Prestia, imponente Sparafucile e Rossana Rinaldi, impetuosa Maddalena. Benissimo i ruoli di fianco, iniziando dal poderoso Monterone di Carlo Cigni e seguendo con il Matteo Borsa di Giovanni Palmia, il Conte di Ceprano di Daniele Terenzi, la di lui consorte nonché paggio della duchessa, Arianna Manganello, la ben timbrata Carlotta Vichi, Giovanna e, regalo inaspettato per defezione del titolare ammalato, Enrico Maria Marabelli nel ruolo di Marullo, invero bravo.

Bravo bravissimo Francesco Ivan Ciampa, sul podio e seguito con attenzione dall’orchestra dell’Opera Italiana: una lettura vivace e attentissima al palcoscenico, ma curata nelle dinamiche con assoluta precisione. Di rado si è sentito un accompagnamento così incalzante e vario de “Cortigiani!” e di altri preziosismi profusi a piene mani in corso d’opera. Sopra ogni lode pure il lavoro di Martino Faggiani che dal coro del Teatro ottiene dinamiche e sottolineature pure spesso trascurate.

Lo spettacolo, infine, è uno di quelli che accontenta sia l’ormai proverbiale “melomane medio” che la grande quantità di turisti piovuti da ogni dove (il giorno appresso in treno ho trovato un gruppo che veniva appositamente, come l’elisir d’amore, da Bordeaux!) e che in Italia vogliono trovare il teatro “nei tempi e nei luoghi” come da nostra tradizione, poiché di stramberie ne vedono già abbastanza a casa loro. E’ quello ormai collaudatissimo e che ha girato mezzo mondo, dal Messico al Giappone, di Pier Luigi Samaritani, ripreso fedelmente da Elisabetta Brusa ed illuminato sapientemente da Andrea Borelli. Uno spettacolo che si lascia pur sempre vedere, tanto per capirci, a dispetto di quelli che ne vorrebbero la rottamazione forzata.

Andrea Merli

 

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