Sassari: ANDREA CHENIER – 2 dicembre 2016 (Prova Generale)

Sassari: ANDREA CHENIER – 2 dicembre 2016 (Prova Generale)

ANDREA CHENIER – Umberto Giordano

Teatro Comunale, 2 dicembre 2016 (Prova Generale)
Dramma di ambiente storico in quattro quadri su libretto di Luigi Illica

EDIZIONE Casa Musicale Sonzogno, Milano

Direttorre: Marcello Mottadelli
Regia: Marco Spada

Personaggi e Interpreti:

  • Andrea Chénier: Giancarlo Monsalve
  • Maddalena: Virginia Tola
  • Gérard: Vittorio Vitelli
  • Bersi: Olesya Berman
  • Contessa di Coigny – Madelon: Ines Zikou
  • Roucher: Gianluca Lentini
  • L´’Abate – un Incredibile: Manuel Pierattelli
  • Fléville: Massimiliano Guerrieri
  • Fouquier-Tinvile, Schmidt: Enrico Marchesini
  • Mathieu: Federico Cavarzan
  • Il maestro di casa – Dumas: Nicola Fenu

 

ASSISTENTE ALLA REGIA Alain Lepore
SCENE Marco Spada, Fulvia Donatone
COSTUMI Alessandro Ciammarughi
DISEGNO LUCI Fabio Rossi
COREOGRAFIA Barbara Stimoli
ALLESTIMENTO Nuovo allestimento Ente Concerti Marialisa de Carolis
ORCHESTRA Ente Concerti Marialisa de Carolis
CORO Ente Concerti Marialisa de Carolis

MAESTRO DEL CORO Antonio Costa

Chiamato dal direttore artistico uscente, dopo quasi 20 anni di onorato servizio, Marco Spada per affiancarlo nella presentazione dell’opera Andrea Chénier, nuova produzione che chiude in bellezza il suo mandato, ho potuto assistere alla “prova generale” immediatamente successiva e aperta alle scolaresche della città. Devo riconoscere l’entusiasmo dei ragazzi, quasi tutti studenti delle superiori probabilmente preparati dai loro professori, che hanno seguito con attenzione e partecipazione l’intera recita – io dalla galleria li osservavo con la coda dell’occhio – senza accendere tablet o telefonini e, anzi, tributando applausi a scena aperta, come quello scoppiato a metà del duetto finale tra i due protagonisti. E’ sempre una gioia vedere i giovani appassionarsi e seguire l’opera!

Questa poi mancava da Sassari da lungo tempo, circa 13 anni, pur essendo opera popolarissima, il capolavoro indiscusso di Umberto Giordano. La difficoltà della sua esecuzione sta non solo nel doversi procurare, se non dei fuori classe, tre interpreti di vaglia per i principali ruoli, ma di garantire un livello omogeneo anche nella miriade di ruoli secondari, alcuni dei veri e propri “caratteri” che costituiscono parti di fianco esposte, non già di comprimariato. Inoltre, sebbene pure Giordano sia fedele al dettato pucciniano “la brevità gran pregio” (non a caso Chénier e Bohéme hanno visto la luce nel medesimo 1896, l’uno alla Scala l’altra al Teatro Regio di Torino) l’opera necessita di un grande coro, di un corpo di ballo per la scena del primo quadro e di una nutrita schiera di figuranti e mimi. Insomma, lo sforzo produttivo è notevole ed è forse ciò che ne ritarda una frequenza maggiore sulle nostre scene, specie ora in tempi di crisi, quando si tratta di un titolo amatissimo.

Dunque lode al coraggio ed impegno di Spada, qui in veste di regista. “Non vi aspettate una Parigi calligraficamente riprodotta” ha anticipato nel corso della prolusione a cui ha preso parte pure il direttore d’orchestra Marcello Mottadelli “le didascalie del libretto, così dettagliate e ricche di immagini, sottintendono delle scene dipinte che oggi è praticamente impossibile riprodurre. E dunque abbiamo rispettato il tempo storico, poiché è altrettanto impossibile un’attualizzazione dell’opera che inizia l’anno della presa della Bastiglia, nel 1789 e continua nel 1794 alla conclusione della rivoluzione in pieno periodo del Terrore.”

Di fatto la scena si è risolta con una inquadratura sbilenca che fa da cornice a pochi elementi scenici ed un attrezzo ridotto all‘osso, ma assai stilizzato. L’idea originale di Spada è stata realizzata assai bene dalla scenografa Fulvia Donadone, che ha creato una cornice barocca per il primo quadro nella serra del castello di Coigny, un enorme coltello insanguinato piantato nel terreno, simboleggiante il monumento a Marat, nel secondo, una enorme bandiera tricolore per il terzo ed un gioco di proiezioni per risolvere il carcere nel quarto quadro. Un contributo prezioso l’hanno fornito l’ottimo disegno di luci di Fabio Rossi e soprattutto i ricchi e preziosi costumi di Alessandro Ciammarughi, assai fantasiosi sia nella foggia che nelle scelte cromatiche azzeccatissime; fedeli ad un Settecento stilizzato, suggerito anche da vistose parrucche, una per tutte quella stupefacente indossata dalla Contessa, e quindi allo stile Direttorio, con gli “incredibili” e le “meravigliose” individuabili e vistosi. Pertinenti e ben eseguite pure le coreografie, in cui sono stati impegnati sei ballerini, proposte da Barbara Stimoli.

Spada registicamente ha seguito un percorso che vuole essere di stimolo con richiami e spunti: per esempio, la fuga di soppiatto dell’Abate dalla festa, dopo che Gerard esce di scena con “sua grandezza la miseria”, per diventare poi l’Incredibile che spia Bersi e Chénier, o piuttosto la sostituzione della carretta di Sanson nel secondo quadro con un gruppo di suore del Carmelo, condannate alla ghigliottina come effettivamente capitò nell’episodio sfruttato da Poulenc per “I dialoghi delle Carmelitane”; Rocher che, arrestato con Chénier, non esce dal carcere ma ne subisce la stessa sorte. Infine, colpo di scena: mentre Maddalena ed Andrea si recano al patibolo al grido “Viva la morte insiem!” ricompaiono tutti i personaggi e in proscenio arriva un fanciullo vestito già come Napoleone.

Spettacolo apprezzatissimo, così pure la parte musicale che, già alla “generale”, ha trovato in gran forma sia l’ottima orchestra dell’Ente Concerti Marialisa De Carolis che il lodevole coro, qui impegnato su tutti i settori e ben preparato da Antonio Costa. Il cast, direttore compreso, era praticamente tutto al debutto. Tolto il valente baritono Vittorio Vitelli che il ruolo di Gerard aveva già affrontato e che si è rivelato, comprensibilmente, l’elemento più sicuro e preparato di tutti. Ottima vocalità, dotato di un volume più che notevole e, soprattutto, di un bel fraseggio, di doti non comuni di interprete; si è ritagliato un successo personale, meritatissimo, con un’impeccabile esecuzione della celeberrima romanza “Nemico della Patria“ dove, anche scenicamente, ha ricordato il grandissimo ed indimenticato Piero Cappuccilli. Ai nastri di partenza è parsa un po’ titubante la debuttante Virginia Tola, soprano argentino italiano d’adozione, Maddalena che sicuramente si rinfrancherà in corso di recita e che ascrive, comunque, un bel personaggio alla sua già ricca galleria. Voce ben dosata, buon legato, emissioni sul fiato e la giusta veemenza che prende il sopravvento nel personaggio dal terzo quadro in poi, cesellando un commovente “La mamma morta” ed esaltando il pubblico nel duetto finale.

Il tenore cileno Giancarlo Monsalve possiede materiale notevolissimo e anche “le fisique du rol”, qualità che per il romantico poeta non guasta mai. Di certo deve ancora mettere a fuoco il personaggio musicalmente, non dimentichiamo che si trattava comunque di una prova e soprattutto deve correggere un’emissione che suona a tratti indietro. La natura assai generosa gli consente la presa dell’acuto con facilità e pure squillo, ma è proprio la natura quella che si esaurisce presto. E’ giovane, con studio e perseveranza si farà: lo aspettiamo in altre prove.

Del resto del cast, a fuoco il tenore Manuel Pierattelli nel doppio ruolo di Abate ed Incredibile, risolti con una caratterizzazione individuabile che con voce ben proiettata e musicalmente inquadrata. Ottima pure la bellissima Bersi, non più mulatta come da libretto, ma bionda e slanciata, del mezzosoprano russo Oleysa Berman dalla voce incisiva e potente. Sufficiente il mezzosoprano greco Ines Zikou che ha vestito benino i panni della Contessa di Coigny, mentre quelli della Vecchia Madelon le andavano vocalmente stretti, soprattutto in zona grave. Bene gli altri: nell’ordine il Roucher del basso Gianluca Lentini, che si è apprezzato precedentemente quale Re nell’Aida a Novara, il Fleville del baritono Massimo Guerrieri, il baritono Enrico Marchesini, pure lui nel doppio ruolo di Foquier-Tinville e di Schmidt il carceriere, il sonoro Mathieu del baritono Federico Cavarzan ed infine Nicola Fano, Maestro di Casa e Dumas.

Il Maestro Mottadelli ha fornito una prova convincente sul piano della lettura, avvincente nell’esposizione e sostenuta da buon ritmo. Alla “generale” ha pagato lo scotto dell’acustica pessima del nuovo Teatro Comunale tenendo dinamiche alquanto forti, soprattutto quelle degli ottoni, ma presumibilmente il tiro si sarà aggiustato con la “prima” a per la seconda recita.

Andrea Merli

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