Martina Franca – 42° Festival della Valle d’Itria: BACCANALI
BACCANALI
Agostino Steffani
Chiostro di San Domenico, 29 luglio
Il chiostro di San Domenico, capiente di circa 200 posti, si è visto preso d’assalto per le tre recite dell’opera di Agostino Steffani, Baccanali. Il tutto esaurito, la gente in piedi stipata pure negli angoli e pure quelli che all’ultimo minuto si son visti negare, per ovvi motivi di sicurezza, l’ingresso fanno riflettere sul successo e richiamo che esercita pure da noi il teatro barocco.
Composta e scritta da due Abati, Steffani per la musica e Ortensio Mauro per il libretto, l’opera venne con ogni probabilità eseguita alla corte di Hannover, per il duca Elettore Ernesto Augusto nel 1695, probabilmente seguendo il modello di quella precedente del 1689, La lotta d’Hercole con Acheloo che pure, nel chiostro di Martina Franca, ha avuto un successo memorabile due edizioni fa del Festival.
A rinverdirne i fasti, sempre con una spesa assai ridotta ma con un allestimento oltre che funzionale assai suggestivo, ci ha pensato la regista Cecilia Ligorio che, alle prese con un manipolo di preparatissimi allievi dell’Accademia Rodolfo Celletti, guidata con successo dal Maestro Fabio Luisi, ha ricavato quasi dal nulla uno spettacolo delizioso, poetico e suggestivo, ma anche carico dell’erotismo che la musica ed il testo sottintendono.
La trama, pressocché inesistente, si sviluppa intorno alle resistenze di Driade, il lirico soprano Barbara Massaro, già apprezzata interprete di diversi titoli in quel di Milano, verso il pastore, altrettanto timido, che la pretende, il pure sorprendentemente bravo tenore giapponese Yasushi Watanabe. Ad indurli in tentazione, fino al bacio conclusivo, ci pensa Bacco, il mercuriale e assai intonato controtenore Riccardo Angelo Strano, che ha pure dato vita al personaggio di Tirsi, perfetto pure scenicamente, coadiuvato da altre ninfe, Celia e Clori: i soprano Vittoria Magnarello e Paola Leoci, assai più navigate, ed i pastori Aminta, l’adorabile mezzosoprano milanese Elena Caccamo e Fileno, l’altrettanto brava Chiara Manese ed infine un cupo Atlante, il basso Nicolò Donnini.
Un intreccio arboreo di liane, l’improvviso svilupparsi dei rampicanti sui pilastri del chiostro ed una coppia di stupendi danzatori, Joseba Yerro Aguirre e Daisy Ransom Phillips hanno animato la scena e mantenuto il ritmo dello spettacolo a cui hanno contribuito i bei costumi Manuel Pedretti, mentre la scena era firmata da Alessia Colosso e le luci da Marco Giusti.
A tenere le redini del tutto, dal cembalo il Maestro Antonio Greco, specialista del genere e ben seguito dall’ottimo Ensemble “Cremona Antica” armato di strumenti d’epoca.
Il successo è stato a dir poco trionfale e c’è da augurarsi che questa produzione, facile da rendere itinerante, possa essere ripresa e presto.
Andrea Merli