BARCELLONA: LA BOHEME – Giacomo Puccini, 30 GIUGNO 2021

BARCELLONA: LA BOHEME – Giacomo Puccini, 30 GIUGNO 2021

La bohème

opera in quattro “quadri” di Giacomo Puccini

su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica

 

direttore Giampaolo Bisanti

regia Àlex Ollé

Personaggi e Interpreti:

  • Mimì Anita Harting
  • Musetta Valentina Nafornita
  • Rodolfo, poeta Atalla Ayan
  • Marcello, pittore Roberto De Candia
  • Schaunard, musicista Toni Marsol
  • Colline, filosofo Goderdzi Janelidze
  • Benoît, il padrone di casa Roberto Accurso
  • Parpignol, venditore ambulante (tenore)
  • Alcindoro, consigliere di stato Roberto Accurso
Scene Alfons Flores
Costumi Lluc Castells
Luci Urs Schönebaum
ProduzioneTeatro Regio Torino
Orquestra Simfònica i Cor del Gran Teatre del Liceu
Direttore del coro  Conxita Garcia
Cor de Cambra del Palau de la Música Catalana
Direttore del coro Xavier Puig
Veus – Coro delle voci bianche  Amics de la Unió
Direttore del coro Josep Vila Jover

 

Gran Teatre del Liceu, 30 giugno 2021


L’attività al Gran Teatre del Liceu continua alla grande e con sempre maggior affluenza di pubblico. Contribuiscono da una parte la popolarità del titolo di cui si propongono, con ben tre alternanze nel cartello, quindici recite, dall’altra il progressivo recedere della pandemia e l’inaugurazione di un nuovo sistema di ventilazione – simile a quello impiantato nei treni e negli aerei – per cui ci si avvicina, seppure nel rispetto di tutti i codici igienici del distanziamento, ad una capienza quasi ottimale, ormai oltre il 60%.

Sulla produzione proveniente dal Teatro Regio di Torino, di cui si diede notizia a suo tempo, non vale la pena dilungarsi. La “solita” Fura dels Baus in tono minore, salutati da sonori fischi e “buh” la sera della “prima”, propone una sorta di alveare abitativo in cui la soffitta dei bohemiens si amplia in una sorta di trilocale mansardato. Le lattivendole del terzo atto si trasformano in debosciate clienti del locale di malaffare Bar D’Orleans, con tanto di insegna luminosa e pur sempre cantano “burro e cacio” ai doganieri che a loro volta insistono con il celebre “vuoto, passi”. Incongruenze che si dovrebbe avere il coraggio di evitare senza confidare nell’ignoranza del pubblico che “tanto non capisce cosa si canta”. Per il resto la recitazione dei singoli, inclusi i movimenti di danza degni dello spot pubblicitario della TIM, rimane nella superficie della “modernità” ed affidata, più che altro, all’abilità del singolo. E tanto basti.

Meglio, decisamente, il versante musicale, gli ottimi organici del Liceu sotto la guida del M° Giampaolo Bisanti che procede ad una lettura spedita e di ottimo ritmo teatrale (compreso l’attardarsi nell’attesa che si accendesse la candela di Mimì, ritardo dovuto all’incepparsi dei fiammiferi in mano di Rodolfo) soprattutto nei primi due atti per poi dispiegarsi ad un lirismo commovente negli altri due.

Penetrante e coinvolgente Mimì si è rivelata il soprano rumeno Anita Harting, dal bel timbro lirico e di bella espansione. Anche lei ha trovato le soluzioni più interessanti quando la commedia volge in tragedia negli atti terzo e quarto. Il tenore brasiliano Atalla Ayan, conteso ormai dai più prestigiosi teatri, possiede una voce di bellissimo timbro, fraseggia ed interpreta con convinzione ed aiutato da una figura giovanilmente credibile si conferma un ottimo Rodolfo, con bella e sostenuta puntatura sul Do acuto di “speranza” nella fatidica “gelida manina”. In più punti ricorda Jonas Kaufmann – vorrebbe essere un complimento – e come al tenore germanico, al brasiliano difetta la cosiddetta “punta” in acuto. In assenza dello “squillo” tenorile la voce tende a rimanere a tratti indietro e ciò comporta un cedimento nelle dinamiche per cui sembra che abbia poca voce, quando probabilmente si tratta solo di un’emissione messa a ulteriore repentaglio da una scena totalmente aperta, e dunque con dispersione del suono.

Problema che non ha certo il “nostro” sempre apprezzatissimo Roberto De Candia, Marcello. La lezione di Bruscantini è sempre percettibile, specie nel porgere la parola cantata con le intenzioni perfette e le giuste intonazioni interpretative. Una qualità che noi italiani dovremmo sempre avere e poter cogliere. Dal punto squisitamente vocale il ruolo, ovviamente, non gli pone nessun problema e gli sta addirittura largo: a maggior ragione ora che con la dieta – anche lui! – si ritrova in smagliante forma fisica. Seppure efficaci scenicamente, meno felici vocalmente le prestazioni degli altri due scapestrati compagni di appartamento: il Colline del basso georgiano Goderdzi Janelidze ed il baritono locale Toni Marsol, Schaunard. Ottima la pimpante Musetta del soprano moldavo Valentina Nafornita, perfettamente in ruolo e sicura in acuto. Impagabile, infine, nella doppia caratterizzazione di Benoit ed Acindoro (il primo un truzzo di borgata malamente invecchiato, il secondo un piccolo borghese in vena di follie in tutto simile al Prof. Mirabella di televisiva memoria) il baritono catanese Roberto Accurso che ha centrato perfettamente i due personaggi.

Il pubblico, cui spetta sempre l’ultima parola, ha decretato un successo caloroso a tutti alla ribalta finale. lo spettacolo si è proposto con un unico intervallo e, udite udite, con guardaroba e bar (seppure questo all’aperto sul terrazzo panoramico che si apre sulla città) aperti: uno spiraglio di ritorno alla “normalità”.

Andrea Merli

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