PARMA: Turandot – Giacomo Puccini, 18 gennaio 2020
TURANDOT
Dramma lirico in tre atti e cinque quadri su libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni
dalla fiaba teatrale omonima di Carlo Gozzi
Maestro concertatore e direttore VALERIO GALLI
Regia, coreografia, scene e luci GIUSEPPE FRIGENI
Personaggi Interpreti
- Turandot FRANCE DARIZ
- Altoum PAOLO ANTOGNETTI
- Timur GEORGE ANDGULADZE
- Calaf SAMUELE SIMONCINI
- Liù MARTA TORBIDONI
- Ping FABIO PREVIATI
- Pang ROBERTO COVATTA
- Pong MATTEO MEZZARO
- Un mandarino BENJAMIN CHO
- Principe di Persia DONGMIN SHIN
- Prima ancella ALESSANDRA MANICCIA
- Seconda ancella GIULIA ZANIBONI
Danzatrici Carlotta Bruni, Marina Frigeni, Laura Gagliardi
Collaboratrice alla regia e alla coreografia MARINA FRIGENI
Costumi AMÉLIE HAAS
FILARMONICA DELL’OPERA ITALIANA BRUNO BARTOLETTI
CORO DEL TEATRO REGIO DI PARMA
Maestro del coro MARTINO FAGGIANI
CORO DI VOCI BIANCHE ARS CANTO GIUSEPPE VERDI
Maestro del coro di voci bianche EUGENIO MARIA DE GIACOMI
Allestimento del Teatro Comunale di Modena
In coproduzione con Fondazione Teatro Comunale di Modena, Fondazione Teatri di Piacenza, Fondazione Ravenna Manifestazioni
Teatro Regio, 18 gennaio 2020
Di ritorno al Teatro Regio di Parma per assistere ad una recita di Turandot, la seconda del cast “alternativo”, poiché definirlo “secondo”, sebbene tale in ordine cronologico, sarebbe riduttivo.
Quattro gli interpreti alternatisi a quelli della “prima”, già recensita: il soprano francese France Dariz, che il ruolo di Turandot ha già affrontato tra l’altro recentemente allo Sferisterio di Macerata, il tenore senese Samuele Simoncini, al suo debutto nella parte di Calaf, e con loro Marta Torbidoni, Liù e il basso georgiano George Andguladze, Timur, rimanendo invariato il resto del cartello.
La Dariz segue il percorso già tracciato da Rebeka Lokar e ci propone una “Principessa di gelo” meno tagliente e metallica del solito. Un bel colore lirico, padronanza del settore acuto dove la voce si espande con luminosa facilità, sufficienza nel settore medio grave (che, come per la Lokar del resto, sarebbe stato messo in maggiore evidenza se la regia non imponesse ai cantanti di stare quasi sempre in fondo scena) ed una resa del personaggio più che credibile pure scenicamente. Si tratta, insomma, di un bel soprano lirico puro, più che di uno “spinto” e ci si augura di risentirla presto in altri ruoli.
Simoncini si conferma, tra le voci da poco emerse nel panorma tenorile italiano, come elemento prezioso per le parti da “tenore espada”: abile fraseggiatore, accurato nella dizione chiara e ben scandita, gli riesce pure di modulare il suono in mezze voci e in un buon legato: la sua perorazione “Non piangere Liù” è parsa il momento più notevole di un’interpretazione nel complesso lodevolissima, e se ha opportunamente dribblato il DO acuto previsto come “oppure” nella scena degli enigmi – per altro era raffreddato! – il Si a chiusura del fatidico “Vincerò!” è stato tenuto con spavalda gagliardia ed ottima proiezione. Così pure ottima la Liù della Torbidoni, soprano lirico dalla voce piena, ben appoggiata e potente, che però sa piegare alle ragioni del canto, sostenuto bene dal fiato e dolcissimo nell’espressione. La frase che è la cartina al tornasole per capire la bravura dell’interprete, e cioè “Perché un dì nella reggia m’hai sorriso” nel primo atto, con il Si naturale limpido e tenuto in un soffio di canto alato, ne ha fornito la conferma. Benissimo, infine nella scena che conclude l’opera di Puccini, con una morte toccante. Di Andguladze e del suo Timur basti dire che non ha sfigurato di fianco ai colleghi, con un timbro pur giovanile e più chiaro rispetto a quello di Prestia che lo ha preceduto.
Valerio Galli, nel procedere delle repliche e l’ottima orchestra Filarmonica dell’Opera Italiana “Bruno Bartoletti”, si sono superati in precisione la seconda ed intenzioni e nello scandaglio delle preziose note del meraviglioso spartito che il direttore viareggino dimostra di amare a dismisura.
Andrea Merli