MILANO – BOLOGNA: Rigoletto 15 e 19 marzo 2019

MILANO – BOLOGNA: Rigoletto 15 e 19 marzo 2019

Milano

RIGOLETTO – Giuseppe Verdi

Spazio 89, VoceAllOpera, 15 marzo

Bologna

RIGOLETTO – Giuseppe Verdi

Teatro Comunale, 19 marzo


Two is better di one” suggeriva anni fa in inglese approssimativo un ragazzotto in spiaggia. Era un tormentone estivo che publicizzava un noto gelato. “Repetita juvant“ recita il più austero detto latino: nel giro di 4 giorni due produzioni di Rigoletto, a Milano ed a Bologna. A differenza delle linee parallele che si incontrano all’infinito, una sostanziale comunità di intenti li ha fatti incrociare subito, sebbene con risultati e soluzioni diverse.

Rigoletto – Teatro Comunale di Bologna

Entrambi i registi sono da ascriversi alla “nouvelle vague” italiana in campo operistico. Sia Gianmaria Aliverta con la sua compagnia VoceAllOpera, attivi nell’estrema periferia milanese, che Alessio Pizzech, sostenuto nello specifico dalla Fondazione del Teatro Comunale di Bologna, perseguono un modello di “teatro di regia” che si è imposto più all’estero che da noi per una certa refrattarietà del pubblico, quello italiano indubbiamente più ancorato alla tradizione, poco incline alle “nuove” (il virgolettato è d’obbligo) drammaturgie. Una maggioranza a volte rumorosa, pronta a gridare “Povero Verdi!” o piuttosto Puccini, Bellini, Rossini, a seconda del titolo “oltraggiato“.

Milano – Rigoletto Voce allOpera

Ad entrambi la drammaturgia originale di Rigoletto, l’ambientazione nella Mantova del XVI secolo o piuttosto la gobba del protagonista, vanno strette e trovano più consona l’epoca attuale, comprensibilmente nel caso di Aliverta. Chi segue l’attività di VoceAllOpera – il sottoscritto ha pure partecipato ad una produzione di Gianni Schicchi – sa in partenza che la gita fuori porta lo condurrà ad uno spettacolo “diverso”. Non ci si aspetta certo il Duca in calzamaglia e giustacuore, i cortigiani con la gorgiera. Anzi, si pregustano le divagazioni di questo Pierino della Lirica che ormai ha destato interessi oltre il limite dei navigli. Rigoletto dunque si traveste e fornisce al duca-padrone le escort e la droga, salvo poi custodire gelosamente la figlia, credendola immune nel suo bozzolo di ingenuità, quando invece è smaliziata a sufficienza per accorgersi che un giovane la segue tutte le feste al tempio.

Pure per Pizzech, almeno nella prima apparizione del novembre 2016, Rigoletto si muoveva tra puttane e cortigiani indossando guepiere, calze a rete e tacchi da 15 cm. Ora, in previsione di una tournée in Giappone del Teatro Comunale, ne ha “addolcito” l’immagine, riducendolo ad una sorta di “ragazzo con la valigia”, eterno migrante e disadattato.

Milano – Rigoletto Voce allOpera

La differenza sostanziale tra le due produzioni sta, però, nell’economia delle due differenti realtà. Quella di VoceAllOpera, sebbene in questo caso dotata di un’orchestra di 41 elementi che da sola occupava quasi un terzo dell’angusto Spazio 89 – e sarebbe ora si trovasse una soluzione idonea per una compagnia che vuole sì sperimentare, ma cui urge un vero teatro, magari in una posizione meno in culo al mondo di questa nel rione San Siro – rimane un’impresa di lodevole quanto eroico volontariato, sostenuta dal Fondo Morosini, con l’Ensemble Testori, la Civica Orchestra di Fiati Milano, la Fondazione Castellini e il Comune di Milano. Aliverta fa letteralmente miracoli nel gestire uno spazio scenico improprio, dotato di un unico ingresso al palco, senza quinte e senza le strutture necessarie alle più basilari necessità. Il suo Rigoletto, non immune di qualche naivité che nel gergo amicale si definiscono “alivertate”, lo si deve immaginare anche con la fantasia, più che nella realizzazione vera e propria. Rimane allo stadio di un interessante abbozzo anche perché, oggi come oggi, i travestiti, i transessuali, gli spacciatori, i “diversi” in genere non fanno notizia. A Milano costituiscono parte del folklore urbano. Basta salire sull’autolinea 56 da Loreto a Crescenzago o piuttosto prendere la circolare 90/91 per vederne per strada o trovarne sull’autobus. Nessuno fa una piega. Caso mai, a dire il vero, è più difficile incrociare un gobbo.

Diverso il prodotto bolognese, realizzato con dispendio di mezzi, mimi danzatori e chi più ne ha più ne metta, ma alla fin fine meno graffiante di quello milanese. Le situazioni sono a tratti risibili, specie nel terzo atto che si svolge su un battello dove il grottesco involontario ha provocato qualche inevitabile, seppure isolata, contestazione. Viceversa un trionfo annunciato quello riservato a VoceAllOpera, anche perché eravamo in tanti “”pochi ma buoni e tutti sostenitori incondizionati.

Teatro Comunale di Bologna Alberto Gazale – Lara Lagni

Per la cronaca, lo spettacolo del Comunale allinea le scene di Davide Amadei, i costumi di Carla Ricotti, le luci di Claudio Schmid riprese da Daniele Naldi, i movimenti coreografici di Isa Traversi. Quello dello Spazio 89 può contare sulle idee – che risaputamente sono gratis – di Alessia Colosso la quale ha previsto l’attrezzo realizzato dalla Comunità psichiatrica riabilitativa “La Casa di Anania” della Fondazione Castellini di Melegnano; i costumi sono merito di Sara Marcucci e Maria Vittoria Benedetti e le luci di Elisabetta Campanelli e Sebastiano Bonicelli.

Di notevole interesse la parte squisitamente musicale: allo Spazio89 si è molto apprezzata la direzione dello scattante direttore Nicolò Jacopo Suppa, nel non facile compito di dirigere con scarse prove e da un angolo della sala la volenterosa e apprezzabile orchestra raccolta ed assemblata per l’occasione, ed i cinque elementi che completavano il coro maschile, diretto da Diego Terreni. Ci siamo letteralmente sentiti immersi nell’onda verdiana, quasi coi piedi nel Mincio! Tutti debuttanti i solisti, meno il protagonista, il pur giovane e validissimo baritono piemontese Alessio Verna, che è parso un po’ a disagio nei panni modesti del travestito. Chi si aspettava la tipica Drag Queen tutta piume e paillettes o piuttosto una Dark Lady in borchie e pelle, si è trovato

Milano – Rigoletto Voce allOpera

davanti una sorta di donizettiana Mamma Agata in versione casalinga, con in mano un frustino destreggiato come lo Swiffer per la togliere la polvere. Molto meglio vestito normalmente, praticamente in tutta l’opera ove si escluda il “Cortigiani” ed  il successivo duetto con Gilda, cantati con trasporto e convinzione; anche perché la giovin fanciulla era la deliziosa Sabrina Sanza, un soprano campano da cui è lecito attendere un roseo futuro. Gran bel materiale pure quello del tenore calabrese Davide Tuscano, un po’ teso nella ostica parte del Duca, che però ha onorato eseguendo anche il daccapo della cabaletta. Va aggiunto che Suppa ha eseguito una lettura, questa sì, alla “moderna” ripulendo tutte le incrostazioni della così detta tradizione. Lodevoli pure lo Sparafucile in tenuta da mafioso “stile Gomorra” con tanto di pelliccia (ecologica, sia chiaro) di Carlo Andrea Masciardi e la duplice Giovanna e quindi Maddalena di Camilla Antonini. Nell’ordine si menzionino il Monterone esotico, in veste di guardia giurata, di Emil Abdullaiev, il Conte di Ceprano di Mariano Orozco, il Borsa di Maurizio di Valerio, il Marullo di Francesco Auriemma.

Rigoletto – Teatro Comunale di Bologna

Stesso discorso per la compagine musicale di Bologna, capeggiata da Matteo Beltrami che ha ripetuto la sua entusiasmante lettura del capolavoro verdiano, già apprezzata al Teatro Coccia di Novara. Pure in questo caso una estrema pulizia nell’evitare cadenze e acuti fuori ordinanza e grande rispetto dello spartito eseguito con l’unico taglio della ripetizione della cabaletta del tenore al secondo atto. Questi era, come a Novara, il baldanzoso Stefan Pop, che “pavarotteggia” con grande disinvoltura la parte, arricchendola con colori, mezze voci e sfumature, dominando con sicurezza anche l’estremo acuto. Di grande spessore drammatico il Rigoletto di Alberto Gazale che domina scenicamente e vocalmente la parte come pochi altri con estrema professionalità e grande penetrazione interpretativa. Salutato da fragorosi e prolungati applausi dopo l’invettiva del secondo atto, concluso con un “Vendetta tremenda vendetta” infuocato, è stato accolto trionfalmente alla ribalta finale. Successo pieno anche per la giovane Gilda del soprano Lara Lagni che nel primo atto ha avuto accenti adolescenziali, salvo poi acquistare maggior peso drammatico nel finale. Apprezzatissimo il suo “Caro Nome”. Molto bene Abramo Rosalen, Sparafucile intonatissimo e ben defintio, e splendida la Maddalena dell’avvenente mezzosoprano Anastasia Boldyreva. Nelle parti di fianco si sono distinti particolarmente il tonante Monterone del baritono triestino Nicolò Ceriani, di bianco vestito chissà perché, e la Giovanna di Laura Cherici che il regista gratifica con una partecipazione inusuale in diverse controscene, per la verità alcune fuorvianti. Il coro puntualmente preparato da Alberto Malazzi ed i mimi della Scuola del Teatro di Bologna di Alessandra Galante Garrone, completavano il palcoscenico.

Andrea Merli

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