VERONA: Carmen – Georges Bizet, 22 giugno 2018

VERONA: Carmen – Georges Bizet, 22 giugno 2018

Direttore d’Orchestra Francesco Ivan Ciampa

Regia, Scene e Costumi Hugo de Ana

Personaggi e Interpreti:

  • Carmen
    Anna Goryachova (22, 29/6 – 11, 17, 21/7 – 3, 9/8)
    Carmen Topciu (6/7, 22, 25, 28, 31/8)
    Ksenia Dudnikova (12/8)
  • Micaela
    Mariangela Sicilia (22, 29/6 – 6, 11/7)
    Ruth Iniesta (17/7)
    Serena Gamberoni (21/7 – 3, 9, 12/8)
    Eleonora Buratto (22, 25, 28, 31/8)
  • Frasquita
    Ruth Iniesta (22, 29/6 – 6, 11, 21/7 – 3, 9/8)
    Barbara Massaro (17/7 – 12, 22, 25, 28, 31/8)
  • Mercédès
    Arina Alexeeva (22, 29/6 – 6, 11, 17, 21/7 – 3, 9/8)
    Clarissa Leonardi (12, 22, 25, 28, 31/8)
  • Don José
    Brian Jagde (22, 29/6 – 25, 28, 31/8)
    Marcelo Puente (6, 11, 17/7)
    Francesco Meli (21/7 – 3, 9, 12/8)
    Luciano Ganci (22/8)
  • Escamillo
    Alexander Vinogradov (22, 29/6 – 6, 11, 17, 21/7 – 3/8)
    Erwin Schrott (9, 12, 22, 25/8)
    Alberto Gazale(28, 31/8)
  • Dancairo
    Davide Fersini (22, 29/6 – 6, 11, 17, 21/7 – 3, 9, 12, 22/8)
    Biagio Pizzuti(25, 28, 31/8)
  • Remendado
    Enrico Casari (22, 29/6 – 6, 11, 17, 21/7)
    Roberto Covatta(3, 9, 12, 22, 25, 28, 31/8)
  • Zuniga
    Luca Dall’Amico (22, 29/6 – 9, 12, 22, 25, 28, 31/8)
    Gianluca Breda (6, 11, 17, 21/7 – 3/8)
  • Moralès
    Biagio Pizzuti (22/6 – 21/7 – 3, 9, 12, 22/8)
    Gocha Abuladze (29/6 – 6, 11, 17/7 – 25, 28, 31/8)

Coreografia Leda Lojodice

Lighting design Paolo Mazzon

Projection design Sergio Metalli

Coro di Voci bianche A.LI.VE. diretto da Paolo Facincani

Maestro del Coro Vito Lombardi

Coordinatore del Ballo Gaetano Petrosino

Direttore Allestimenti scenici Michele Olcese

Nuovo allestimento della Fondazione Arena di Verona

Orchestra, Coro, Ballo e Tecnici dell’Arena di Verona


Carmen, l’unica nuova produzione della 96esima stagione in Arena, segue una politica di rinnovamento, ma anche di oculata gestione nel dover recuperare il terreno sulla situazione finanziaria che va risanata entro il prossimo anno.

Strategia condivisibile della nuova sovrintendente, Cecilia Gasdia, che ha introdotto la serata ringraziando tutte le masse artistiche per lo sforzo compiuto e ricordando il Maestro Tullio Serafin che nel 1913 diresse la prima opera in Arena e di cui quest’anno ricorre il 50esimo anniversario dalla scomparsa. Letto pure il messaggio benaugurale del Presidente della Repubblica Mattarella ed eseguito l’inno di Mameli, lo spettacolo ha preso il via con oltre mezz’ora di ritardo sull’orario previsto e davanti ad una Arena stracolma.

Affidata a Hugo De Ana, ed al suo team che comprende la coreografia Leda Lojodice, il lighting design di Paolo Mazzon, cui vanno sommate le proiezioni video di Sergio Metalli, questa Carmen si prefigge essere il contraltare della produzione firmata da Zeffirelli, che risale al 1995 e che è stata ripresa con successo per oltre vent’anni. Là una Siviglia bozzettistica, ricca di dettagli, più o meno in sintonia con la novella di Mérimée prima, e soprattutto con la musica di Bizet – una Spagna vista dai francesi, per dirla tutta – qui una rivisitazione “minimal” per quanto riguarda la scena, invero spoglia e solo in parte riempita da casse di vario tipo contenenti per lo più cianfrusaglie, e trasportata agli anni Trenta dello scorso secolo, ai tempi della proclamazione della Repubblica, del colpo di stato operato da Franco nel 1936 e alla successiva dittatura.

L’idea, in sé, non è nuova. Il guaio è che ha creato una grande confusione cercando di trovare un nesso storico che, oggettivamente, l‘opera non ha; non si capiva più se fossero contrabandieri o piuttosto miliziani, franchisti o profughi in cerca di rifugio, come poi in effetti avvenne nella primavera del 1939. Insomma, all’horror vacui di scene e controscene distraenti (preti e suore assaliti dai repubblicani, la fucilazione che apre la scena prima che abbia inizio il preludio) hanno provocato ulteriore dispersione dal dramma. Si è persa la natura dell’opera, la cui regia poi si è svolta in definitiva secondo i canoni della più consolidata tradizione, anche nella soluzione dei rapporti tra i singoli personaggi. Ammiratore da sempre di De Ana, mi spiace dover ammettere che non mi ha convinto; non così, pare, la gran parte del pubblico, che ha accomunato i fautori della parte visiva al successo decretato alla parte musicale.

La quale ha trovato i suoi punti di forza nella direzione musicale di Francesco Ivan Ciampa che ha optato per una commistione tra la versione Guiraud con alcuni parlati della edizione primitiva Opera Comique: una scelta in parte condivisibile viste le prerogative di un pubblico così vasto e dell’impossibilità, in Arena, di rendere un parlato in francese specie se non si disponga di esecutori madre lingua parlanti. Piuttosto non si sono capiti alcuni tagli: per esempio la decimazione del duetto tra Don José e Micaela al primo atto. Ma tant’è, sembra che oggi sia questa la prassi. Una lettura condivisibile di buona tenuta sia per quanto riguarda l’orchestra che il coro, istruito da Vito Lombardi, comprese le inappuntabili voci bianche.

Sul versante squisitamente vocale, la sorpresa è stata riservata dal per me totalmente ignoto tenore americano Brian Jagde, Don José perfettamente in parte sia per la indubbia prestanza fisica, il ché non guasta mai, che soprattutto per la bella linea di canto e pertinenza stilistica. Ha risolto l’aria del fiore sfumando l’acuto in falsetto con un pregevole suono misto, come da manuale. Inoltre ha saputo dare al personaggio un rilievo determinante specie negli ultimi due atti, culminando con una magistrale scena finale. E’ piaciuta la giovane Micaela del soprano Mariangela Sicilia, forse un po’ intimidita all’inizio, ma bravissima sia nel gestire la scena che, poi, a guadagnarsi un caloroso e meritatissimo applauso dopo l’aria “Je dis que rien m’epuvante”. Brave pure le due zingarelle, il soprano spagnolo Ruth Iniesta, Frasquita svettante con sicurezza e molto ben timbrata ed il mezzosoprano russo Arina Alexeeva, Mercedes. Alexander Vinogradov, pur sfoggiando una voce imponente per armonici e possedendo le physique du role del torero Escamillo, ha avuto qualche scivolamento di intonazione, come del resto la protagonista, la pur bella e brava Anna Goryachova la quale, ad una recitazione travolgente, non sempre ha fornito una perfetta quadratura musicale. Nella schiera dei ruoli di fianco, si sono distinti il baritono Davide Fersini, Dancairo, il tenore Enrico Casari, Remendado, il basso Luca Dell’Amico, Zuniga e il baritono Biagio Pizzuti, molto presente vocalmente nella parte di Morales.

La durata dello spettacolo si è prolungata fino quasi le due del mattino, anche per via di una pioggerellina che ha prolungato il primo intervallo e per la decisione di procedere ad un secondo, il ché in Arena è sinonimo di almeno una mezz’ora di tempo… perso. Non ha giovato il vento e la temperatura a momenti quasi polare, tant’è che in corso di recita l’Arena si è andata in parte spopolando. Ciò non toglie che i restanti si siano attardati negli applausi finali.

Andrea Merli

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