Milano Stagione VoceAllOpera 2018 – Spazio 89 LA CENERENTOLA
LA CENERENTOLA
Gioachino Rossini
Direttore: Marco Alibrando
Regia: Gianmaria Aliverta
- Don Ramiro: Pasquale Conticelli
- Dandini: Carlo Checchi
- Don Magnifico: Fabio La Mattina
- Alidoro: Elcin Huseynov
- Tisbe: Marianna Mennitti
- Clorinda: Chiara Iaia
- Angelina: Angela Schisano
Orchestra Giovanile VoceAllOpera e Coro
Gianmaria Aliverta, fondatore e direttore artistico della compagnia VoceAllOpera, torna a colpire nel segno con La cenerentola rossiniana nel 150esimo anniversario della morte del compositore, presentata nel Teatro Spazio 89, dal numero civico della via Fratelli Zoia decentratissimo, ma attivo centro culturale in zona San Siro a Milano.
Prima urgente considerazione logistica: i fedelissimi, ché ormai siamo una folla di “ultrà“ probabilmente animati anche dalla vicinanza dello Stadio, lo seguiremmo in capo al mondo, che poi senza andar lungi è, per esempio, la cascina della Dottoressa Maria Candida Morosini, fata madrina della manifestazione come sempre e doverosamente dedicata alla memoria del figlio Francesco Bonelli Scarampi, nella di cui aia il 3 giugno si presenterà Gianni Schicchi, seguito come di regola da abbondati libagioni e ricco buffet, rigorosamente “bio“. Se alla gentile e generosa Signora manca solo d‘intonare il fatidico “Bibidi bobidibù“, poiché è col suo aiuto che buona parte dei sogni e desideri di VoceAllOpera si trasformano in realtà, ad Aliverta urge uno spazio più facilmente raggiungibile ed agibile: un vero teatro, insomma. Ne mancassero a Milano! Basterebbe solo che le istituzioni prendessero atto di un’attività frenetica, oltre che entusiasta, che coinvolge un manipolo di giovani talenti, molti dei quali nel corso degli anni sono stati lanciati su scala nazionale ed internazionale partendo proprio da VoceAllOpera.
Precisiamo subito, per dovere di cronaca, che Aliverta ed i suoi accoliti rendono il meglio in situazioni border line, oltre che low cost. Qui, in assoluta povertà di mezzi, senza la proverbiale “lira in tasca“, questi ragazzi – alcuni da poco ventenni – danno il meglio di loro stessi con passione ed entusiasmo che spesso latitano nei teatri “togati“. Qui parlano, e soprattutto cantano e suonano, parafrasando I Vespri verdiani, a “cuori disposti a perdonare” la quadratura non sempre centrata del rapporto tra voci ed orchestra (poche le prove, senza monitor, di spalle al direttore e chi più ne ha più ne metta) o la immaturità di alcuni che, di fatto, frequentano ancora le lezioni di canto al conservatorio.
Il pubblico viene per lasciarsi guidare nella full immersion dell’opera, poiché i solisti cantano nei posti più impensati e a volte te li trovi inaspettatamente dietro e senza perciò invocare Graham Vick. La gente si fa coinvolgere dalla musica come raramente capita in un teatro tradizionale e Aliverta, sornione, lo sa bene e anche in questo caso ha confezionato uno spettacolo ruffiano e piacione, che alla fine mette tutti d’accordo: l’intelletuale snob della lirica, a cui le tele dipinte producono l’orticaria, e il “melomanemedio” – nuova definizione della vecchia fauna operistica – che comunque avrà di che discutere.
E dunque ci troviamo in piena “Milano vende moda”. Don Magnifico, effeminato ed isterico come ogni stilista che si rispetti, è assillato da due figlie viziate che si credono seducenti top model. In realtà Clorinda pare una delle Sorelle Marinetti e Tisbe si fatica a non crederla un transessuale. La terza, Angelina ovvero la Cenerentola, è la sartina tutto fare e, con ogni probabilità, la vera ideatrice dei modelli della Maison. Colpo di scena nel travestimento di Dandini, che si presenta tal quale il celebre stilista di Fendi e Chanel, Karl Lagerfeld. Per Don Magnifico si tratta di un‘occasione … magnifica, appunto, per allargare il suo giro di affari e non esita a tentare la via della seduzione, visto e considerato che le due sorellastre non interessano per niente il nuovo arrivato. Poi, nel secondo atto, quando scoprirà l‘inganno, ne rimarrà doppiamente scornato ed umiliato, dopo aver tentato come ultima arma movenze erotiche e addirittura uno spogliarello.
Detta così è la classica “michielettata” e a momenti Aliverta riesce a superare il modello a cui si ispira, specie nel finale quando il trionfo di Angelina, e relativo rondò, viene sopraffatto dalle gag di tutti i presenti, che iniziano un vero e proprio lancio di fazzoletti di carta. Non di meno Aliverta ha delle idee molto centrate in corso d’opera: realizza molto bene il duetto tra i due “tontoloni“, Don Ramiro e Cenerentola, nel primo atto e, soprattutto, con un telo di plastica da un euro il pezzo. di quelli che comunemente si usano per riparare i mobili ed il pavimento dagli schizzi dell’imbianchino, riesce a creare un’atmosfera ideale e suggestiva nel finale primo, al momento dell’apparizione di Cenerentola al ballo del principe. Lo staff, come sempre composto da fedelissimi; annovera Sara Marcucci e Simone Martini per i costumi, mentre gli elementi scenici ideati dallo stesso Aliverta e da Alessia Colosso, sono stati realizzati grazie alla Fondazione Castellini di Melegnano, dagli ospiti della comunità psichiatrica “La casa di Anania”.
Il versante musicale della prima serata – il 13 cambia la protagonista, che sarà Elena Caccamo, ed il direttore, Nicolò Jacopo Suppa – ha offerto motivo di grande interesse. Innanzi tutto si è pouto contare su un’orchestra di 21 elementi, il ché per VoceAllOpera equivale ad avere i Berliner e, soprattutto, rappresenta il maggior sforzo economico. L’Orchestra Giovanile di VoceAllOpera, ed il coro di quattro – leggasi quattro – elementi ubbidiva alla bacchetta di uno dei nuovi impetuosi direttori nel panorama nostrano, il bravissimo Marco Alibrando; ci si chiede ancora come abbia potuto imbastire il tutto senza vistose scuciture, anzi imprimendo un ritmo giustamente giocoso e scatenato in più punti, iniziando dalla ottima esecuzione della sinfonia. Il cast ha letteralmente “giocato” a fare l’opera: c’è chi fa Florez in miniatura, chi ci prova col modello Dara o piuttosto Corbelli, illudendoci di avere davanti esimi vocalisti. E così il bravo tenorino Pasquale Conticelli ha dato garbo, più che voce, a Don Ramiro, con grande forza espressiva, glissando molto opportunamente sugli acuti. Il Don Magnifico di Fabio La Mattina, travolto dalla recitazione è stato preciso nella sillabazione e maligno quanto basta nell’essere una matrigna che esibisce le moine della frociaggine. Carlo Checchi, che ricordiamo Barbiere in Paisiello, si è calato nei panni di uno svanito Dandini, ed è emerso tanto nell’aria di entrata quanto nei concertati. L’Alidoro del basso Elcin Huseynov, qui volontario della “Spesa amica” dell’Ipercoop, ha dimostrato di avere tanta voce, ancora da imbrigliare; è comunque venuto a capo della temibile “Là del cielo” che, detta tra noi, si poteva benissimo tagliare.
Delle due simpaticissime sorellastre, il soprano Marianna Minnitti Tisbe e Chiara Iaia, mezzosoprano, Clorinda si è in parte detto: alla recitazione perfetta, si aggiunga per entrambe la voce, notevole specie quella dell’indiavolata Iaia, e la precisione musicale. Resta infine la sorpresa della serata, la protagonista. Aliverta, furbetto e lungimirante, ci ha messo tutti nel sacco scritturando il 25enne mezzosoprano salernitano Angela Schisano, qui al suo debutto assoluto sul palcoscenico ed in un’opera. Siamo rimasti tutti soggiogati dalla qualità naturale del timbro, davvero privilegiato, dal colore ambrato e prezioso, dalla facile e naturale salita in acuto, squillante e ben proiettato. Si aggiunga vivacità scenica, il fraseggio e l’accento già smaliziati che l’hanno resa da subito adorabile. Certo, dovrà continuare a studiare: ma questa, signori miei, farà strada. Oh se la farà! Parola d’impiccione.
Andrea Merli