VERONA: ANNA BOLENA – Gaetano Donizetti, 6 MAGGIO 2018

VERONA: ANNA BOLENA – Gaetano Donizetti, 6 MAGGIO 2018

Direttore d’orchestra Jordi Bernàcer

Regia Graham Vick

Personaggi e Interpreti:

  • ENRICO VIII Mirco Palazzi
  • ANNA BOLENA Elena Mosuc 
  • LORD ROCHEFORT Romano Dal Zovo
  • GIOVANNA DI SEYMOUR Annalisa Stroppa
  • LORD RICCARDO PERCY Mert Süngü 
  • SMETON Manuela Custer 
  • SIR HERVEY Nicola Pamio

Scene e costumi Paul Brown

Direttore Allestimenti scenici Michele Olcese

Maestro del Coro Vito Lombardi

Lighting designer Giuseppe Di Iorio

Orchestra, Coro e Tecnici dell’Arena di Verona

Allestimento della Fondazione Arena di Verona

in coproduzione con la Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste


Altra recita esaltante: l’ultima e pomeridiana di Anna Bolena al Teatro Filarmonico di Verona che offriva un confortante aspetto di pieno con un pubblico molto partecipe ed entusiasta.

Poco da aggiungere a quanto si disse a suo tempo sullo spettacolo che si vide la prima volta 11 anni fa firmato da Graham Vick “prima maniera”, e cioè sostanzialmente tradizionale e giustamente convenzionale: la fedele ricostruzione operata da Yamala-Das Irmici, assistente alla regia a Verona dal 2012, ne ha messo in luce assai bene i pregi, nella statuaria monumentalità di figure equestri e dai ricchi e pesantissimi costumi di Paul Brown, che firma pure la scena, ed i limiti nella sostanziale staticità delle masse. Uno spettacolo che scorre via e si lascia vedere: è già un risultato.

L’interesse impiccionesco, piuttosto, stava nell’eccezionale esecuzione musicale, garantita in primis dalla vigile bacchetta impugnata dal Maestro valenciano Jordi Bernacer, che già si ebbe modo di apprezzare in altre occasioni, che garantisce un accompagnamento e sostegno ideale al palcoscenico e, in un’edizione praticamente integra dello spartito, non fa calare mai la tensione ed anzi incalza il succedersi delle scene. Ottima la prestazione dell’orchestra e del coro dell’Arena, quest’ultimo istruito da Vito Lombardi.

Il cast ha offerto un buon livello nei ruoli di fianco, il tenore Nicola Pamio, infido Sir Harvey, ed il basso Romano Del Zovo, infelice Lord Rochefort, ed è eccelso nel quintetto di protagonisti. Con i tagli riaperti, la parte di Smeton si rivela decisiva non solo per lo svolgersi dell’azione: Manuela Custer ne ha offerto un ritratto perfetto, sia per l’esecuzione vocale che per la recitazione. Il tenore turco Mert Sungu, Lord Riccardo Percy, possiede l’estensione funambolica che il ruolo richiede (fu scritto per Rubini) che tocca il Re sovracuto a fine della cabaletta del secondo atto. Ha pure una linea di canto omogenea e risponde assai bene nel fraseggiare ed accentare con giusta eleganza la parte dell’innamorato veemente. Mirco Palazzi, Enrico VIII, a dispetto di costumi ingombrantissimi e di una parrucca infelice, riesce a dare compostezza ed autorevolezza al tremendo e dispotico sovrano, recitando con credibilità e con una prestazione vocale di ottima qualità e livello.

Infine le due donne, vera anima dell’opera. Iniziando dalla Seymour di Annalisa Stroppa, che ormai più che una promessa è una certezza. Voce completa su tutta la gamma, con un acuto che ha il vigore sopranile ed un giusto colore ambrato nel centro, si conferma una artista di levatura superiore e da seguire con grande attenzione: il prossimo appuntamento con lei lo avremo a Las Palmas di Gran Canaria dove sarà Carmen.

Infine, la protgonista, Elena Mosuc, che seguo sin dai tempi ormai lontani di una sua Lucia in quel di Salonicco, quando mi apparve come una rivelazione. Il percorso della sua carriera è incredibile ed ora, in piena maturità artistica e vocale, siamo all’apice che rasenta la perfezione. Alla vocalista eccezionale, nel dosare i fiati, nelle messe in voce, nell’uso esemplare del legato, nelle agilità sciorinate con estrema liquidità e scioltezza, negli acuti fulminanti lanciati con travolgente entusiasmo, si somma la grande interprete che, senza mai tradire la sua natura di soprano lirico con i necessari affondi, trova nell’accento, nella scansione della parola cantata e nel suo naturale temperamento, una forza contagiosa che arriva al pubblico e lo elettrizza. La scena finale, senza tagli e dunque lunghissima, l’ha vista prima dominare i pianissimi di “Al dolce guidami” con emissione flautata, stesa a terra supina e prendendo gli acuti come con un sospiro, e quindi furente nella successiva cabaletta “Coppia iniqua” lanciata con un veemenza quasi luciferina e trovando il tempo e per le variazioni nella ripresa e per emettere uno spettacolare Mi bemolle nella cadenza finale. Brava, bravissima, Standing Ovation.

Andrea Merli

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