TEATRO ALLA SCALA: Simon Boccanegra – Giuseppe Verdi, 24 febbraio 2024

TEATRO ALLA SCALA: Simon Boccanegra – Giuseppe Verdi, 24 febbraio 2024

opera di Giuseppe Verdi

su libretto di Francesco Maria Piave

tratto dal dramma Simón Bocanegra di Antonio García Gutiérrez


Direttore Lorenzo Viotti
Regia Daniele Abbado
Personaggi e Interpreti:
  • Simon Boccanegra Luca Salsi
  • Jacopo Fiesco Ain Anger
  • Paolo Albiani Roberto de Candia
  • Pietro Andrea Pellegrini
  • Amelia (Maria) Irina Lungu 
  • Gabriele Adorno Matteo Lippi 
  • Capitano dei Balestrieri Haiyang Guo
  • Ancella di Amelia Laura Lolita Perešivana
Scene  Daniele Abbado, Angelo Linzalata
Costumi Nana Cecchi
Movimenti coreografici Simona Bucci
Luci Alessandro Carletti

Teatro alla Scala, 24 febbraio 2024


La nuova produzione di Simon Boccanegra in scena al Teatro alla Scala segue quella che ha debuttato quasi 14 anni fa, nel 2010, con la regia di Federico Tiezzi, le scene di Pier Paolo Bisleri e la direzione di Daniel Barenboim, ripresa in altre tre stagioni, l’ultima cinque anni fa nel 2018. Quell’allestimento, ora confinato in soffitta, sia fisicamente che nei ricordi, non aveva convinto, tutt’altro.

photo©Brescia e Amisano

Eppure se ne sente già la mancanza dopo aver assistito ad uno spettacolo inutile, brutto e a tratti persino grottesco (per esempio nel momento in cui il protagonista si addormenta seduto su una panchina che pare quella dello spogliatoio di una palestra) firmato da Daniele Abbado, su impianto scenico di Angelo Linzalata, costumi che vanno dal medioevo ad un ipotetico fine ottocento, di Nana Cecchi e luci di Alessandro Carletti. Minimalista e in teoria buono, eufemisticamente, per qualsiasi titolo da un Wozzeck a un Don Giovanni per mancanza di idee, insufficiente nella direzione dei solisti e delle masse. Non se ne sentiva l’urgenza e qualora finisse a sua volta in un magazzino, non se ne sentirà la mancanza.

photo©Brescia e Amisano

Fortunatamente il versante musicale ha compensato, anzi ha fatto dimenticare chiudendo spesso gli occhi, le incongruenze in scena. L’orchestra scaligera, soprattutto con Verdi, non conosce rivali. Lo stesso si può dire del coro, esemplare in tutti i suoi settori, ubbidiente all’ottima guida di Alberto Malazzi. Dal podio Lorenzo Viotti dirige sapientemente, raggiungendo il peculiare, serotino e umbratile climax, la inconfondibile “tinta” verdiana, ottenendo momenti di grande teatralità nelle scene di massa, ad esempio la fine del secondo atto.

photo©Brescia e Amisano

Nel cast, rispetto alle prime recite, vi sono stati alcuni avvicendamenti. Dopo il newyorkese Charles Castronovo, è stata la volta del 29enne genovese Matteo Lippi che si è rivelato, per chi non lo conoscesse, una gradita sorpresa. Un’ovazione dopo l’aria del terzo atto e molto applaudito alla fine dell’opera, mostra di possedere una linea di canto esemplare e nobile, timbro piacevole, squillo in acuto, e a dispetto dei pochi anni di carriera, una notevole maturità nel fraseggio e nell’accento; il ché ci fa sperare per lui un radioso futuro. Il ruolo di Amelia/Maria è stato assunto last minute dal soprano russo, naturalizzato italiano e milanese d’adozione, Irina Lungu, che ha sedotto con la dolcezza del suo canto, a cui aggiunge apprezzabili doti attoriali e, non trascurabile, la bella figura. Ma ciò che convince è la qualità della voce, la forza e la sicurezza negli acuti e la squisita capacità di sfumare grazie ad un’emissione esemplare che le consente preziosi pianissimo a cui si somma un fraseggio curato e un accento convincente.

photo©Brescia e Amisano

Monumentale nella voce e nell’interpretazione è il Simone del baritono Luca Salsi, “divo” amatissimo dal pubblico scaligero che lo ha premiato con un vero e proprio trionfo. Il suo Doge è ricco di intenzioni, coinvolto in tutti gli stati d’animo, da quello paterno a quello autoritario del Doge, infine dolente nel patetico finale.

photo©Brescia e Amisano

Un altro baritono che abitualmente affronta ruoli da protagonista, si è rivelato una preziosa presenza nella parte di Paolo Albiani, al quale Verdi dà particolare risalto drammatico e che qui è stato ritratto in tutta la sua complessa psicologia e sottigliezza musicale da Roberto De Candia. Pietro del basso Andrea Pellegrini, l’Araldo di Haiyang Guo e l’ancella di Amelia Laura Lolita Peresivana, entrambi discepoli dell’Accademia del Teatro alla Scala, hanno completato più che onorevolmente il cast. Infine la “pecora nera”, un vero e proprio “Kattivissimo” e la citazione è di Cristina Bersanelli, il vendicativo Fiesco ha trovato nel basso estone Ain Anger una voce cavernosa da vero e proprio babau. Una scelta discutibile, specie in un’opera di Verdi e per un ruolo così importante. Tuttavia, il pubblico dell’ultima recita, una fuori abbonamento, che gremiva la Scala pur impassibile dopo il “Lacerato spirto”, accolto da un silenzio sepolcrale, lo ha poi applaudito al termine dell’opera. Amen.

Andrea Merli

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