LAS PALMAS DI GRAN CANARIA: Aida – Giuseppe Verdi, 16 marzo 2023

LAS PALMAS DI GRAN CANARIA: Aida – Giuseppe Verdi, 16 marzo 2023

Aida

opera in quattro atti di Giuseppe Verdi

su libretto di Antonio Ghislanzoni

basata su un soggetto originale dell’archeologo francese Auguste Mariette (primo direttore del Museo Egizio del Cairo)


 

Direzione musicale José Miguel Pérez Sierra

Regia Daniele Piscopo

 

Personaggi e Interpreti:

  • Aida Marìa Josè Siri 
  • Radames Sergio Escobar 
  • Amonasro Ariunbaatar Ganbaatar 
  • Amneris Judit Kutasi
  • Ramphis Manuel Fuentes
  • Il Re Jeroboám Tejera 
  • Messaggero Manuel Garcìa 
  • Sacerdotessa Nora Carrasco

Progetto teatrale GIULIO CIABATTI

Scenografia ITALO GRASSI

Costumista CLAUDIO MARTÍN

Progettazione audiovisiva e illuminazione IBÁN NEGRÍN

Video designer LUDOVICO GANDELLINI

Ripetitore BORJA MARIÑO

Parrucchiere e trucco LEONOR MARTEL

Consigliere Generale e direttore di scena LAURA NAVARRO

ORCHESTRA FILARMONICA DI GRAN CANARIA

CORO DEL FESTIVAL DELL’OPERA
Diretto da OLGA SANTANA

Collaborazione con il CORO OFGC
Direzione LUIS GARCÍA SANTANA

BALLETTO- COMPAGNIA DI BALLO NATALIA MEDINA

 

Teatro Pérez Galdós, 16 marzo 2023


Secondo titolo in cartello di una stagione dedicata al centenario dalla nascita di Maria Callas, proponendo cinque dei titoli che la Greca cantò nel corso della sua carriera (all’inaugurale Fedora lo scorso mese, seguiranno Gioconda, Lucia di Lammermoor e Rigoletto) Aida torna sulle scene del glorioso Teatro Pérez Galdós dopo ben trent’anni di assenza: nel 1993 due recite con un prestigioso cast che annoverò Maria Chiara, Nicola Martinucci, Fiorenza Cossotto e Matteo Manuguerra nei ruoli principali.

Accettando il generoso invito del Patronato del Turismo che ha ben presente quanto sia importante questo faro della cultura musicale in pieno oceano Atlantico, si vola di nuovo nella bellissima ed ospitale Isola, capitana dell’arcipelago e ricca di storia, iniziando proprio dalle mitiche presenze nel bellissimo teatro arricchito dagli incredibili affreschi del “genius loci” Nestor.

Lode innanzitutto al coraggio ed entusiasmo profuso nella realizzazione di un titolo che richiede uno sforzo produttivo e un impegno musicale al di sopra delle reali possibilità di un’Associazione, la ACO Amigos Canarios de la Ópera, giunta alla sua 56esima edizione della “Temporada Alfredo Kraus”. La pur ottima Orquesta Filarmónica de Gran Canaria, ivi compresa la puntuale banda interna, si è disimpegnata al meglio sotto la guida impetuosa del Maestro José Miguel Pérez Sierra, al suo debutto nel capolavoro verdiano, il quale ha garantito una lettura sicura, sebbene e comprensibilmente povera di raffinatezza e colori vista la ristrettezza dei tempi di prova ed il fatto che alcuni tra gli interpreti sono giunti a Las Palmas per la prova antigenerale, dimostrandosi assai attento nel seguire e sostenere gli artisti in palcoscenico e concludendo una più che accettabile “quadratura del cerchio”. La calorosa accoglienza alla ribalta finale sia foriera di altre recite in cui potrà dimostrare anche un ulteriore approfondimento dello spartito.

Il coro del Festival de Ópera diretto da Olga Santana, integrato da buona parte del Coro della OFGC (dell’Orchestra Sinfonica di Gran Canaria) a sua volta ubbidiente agli ordini di Luis García Santana, si è disimpegnato con onore e molta buona volontà, ma inevitabilmente ci sono state delle incertezze ed è parso a tratti poco omogeneo. Inoltre, e sicuramente per motivi dovuti alle scarse prove, ha sempre cantato in scena, per essere così pronto agli attacchi, sbilanciando per esempio tutta la scena del giudizio del quarto atto col coro maschile allineato in proscenio. Stesso discorso per la Sacerdotessa nel Tempio di Vulcano, la cui voce dovrebbe provenire da lontano, e che qui era fin troppo presente nell’interpretazione del soprano Nora Carrasco. Molto vigoroso pure il Messaggero, una tantum in buona salute anche vocale, del tenore Manuel García.

Il cast ha potuto contare con la presenza di sicura professionalità e di notevole statura artistica di María José Siri nel ruolo eponimo. Il soprano uruguaiano, di ormai lunga e costante carriera specie sui palcoscenici italiani, conferma la squisitezza del suo strumento lirico, pieno e ricco di armonici, la tenuta brillante in acuto e la capacità inalterata di modulare i suoni, specie nell’ostico appuntamento del terzo atto con i fatidici “Cieli azzurri” ed il Do acuto preso in pianissimo. Veemente poi nei duetti sia con Amonasro che con Radames, dopo un’interpretazione emozionante de “Ritorna vincitor” nel primo atto e di un estatico finale sotto la “fatal pietra”. Le arie salutate da calorosi ed insistiti applausi e poi meritatamente festeggiatissima alla ribalta finale.

Rivelazione della serata l’ottimo baritono mongolo Ariunbaatar Ganbaatar, nella parte di Amonasro. Un nome che, nonostante l’esoticità, va ricordato. Qualcuno ha commentato “pare che in Mongolia vi sia una fabbrica di baritoni” non senza torto. Voce timbricamente imponente, per colore ed armonici, usata con grande musicalità ed intelligenza si impone nei concertati ed è assai partecipe, come interprete sia nell’assolo di presentazione che poi nel duetto con Aida nel terzo atto. Seppure abbia un po’ calcato il tono nel “dei faraoni tu sei la schiava” ed il margine di maturazione sia ancora ampio, sicuramente un autentico baritono verdiano. Bene assai pure la Amneris di Judit Kutasi; il mezzosoprano rumeno-ungherese ritorna a Las Palmas dove la scorsa stagione debuttò col ruolo di Ulrica ne Un ballo in maschera. La voce è ampia ed estesa su tutta la gamma, di bel colore e l’interprete è pure espressiva. Non le giova un leggero intubamento in zona centrale ed una pronuncia non sempre chiarissima, ma pur così ha ottenuto un meritato successo sottolineato a scena aperta da un prolungato applauso dopo la scena del giudizio nel quarto atto. Ben risolti sia Ramfis, il basso Manuel Fuentes che il Re, qui il basso baritono di Tenerife Jorobóan Tejera.

Note non felicissime per il Radames del quarantaduenne tenore di Toledo Sergio Escobar, detentore di una voce importante per qualità timbriche e pure ricca di armonici, ma che è parso in serie difficoltà già nella sortita con un “Celeste Aida” tentennante nell’intonazione e con relativa stecca sul Si di “vicino al sol” in un vano tentativo di appianare il suono. Un incidente che ha poi avuto conferma nel prosieguo dell’opera: acuti presi in falsetto, spinti e calanti, difficoltà nel modulare il suono nel duetto finale con Aida. Si vorrebbe pensare ad un male di stagione (non sono sfuggiti i ripetuti colpi di tosse durante la recita) ma le carenze tecniche consiglierebbero un saggio periodo di pausa e studio. Sarebbe un vero peccato perdere una voce così promettente.

Rimane l’allestimento, imbastito in quattro e quattr’otto da Daniele Piscopo, il quale ha raccolto il testimone dal previsto Giulio Ciabatti, il quale ha dovuto rinunciare per problemi familiari. Con le scene suggestive di Italo Grassi con precisi riferimenti all’Egitto, le sagge luci di Ibán Negrín che hanno creato la giusta ambientazione più spesso notturna e le adeguate proiezioni di Ludovico Gandellieri, il giovane regista procede sicuro in una costruttiva “gavetta” che lo vede crescere di giorno in giorno. Certo, con una comparseria ridotta all’osso, dei costumi raffazzonati in cui si è vista un’impossibile mescolanza di stili – Aida poteva essere Gioconda e Amneris pareva Tosca in abito impero; in compenso i sacerdoti di Ramfis indossavano turbanti – i miracoli non si possono fare, ma nell’insieme il tutto ha funzionato e, ciò che più conta, il pubblico ha gradito. Son piaciuti pure gli scatenati danzatori della Compañia de Danza di Natalia Medina, prodottisi in spericolati esercizi ginnici che hanno animato non poco la scena del trionfo.

Il teatro offriva un aspetto da tutto esaurito e confortante è stata la presenza di folti gruppi di giovani tutti entusiasti e impegnati nello scattare continui selfies durante l’intervallo. Un cambio generazionale che è sempre gradito e fa ben sperare per il futuro dell’opera anche a queste latitudini.

Andrea Merli

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