BOLOGNA: Andrea Chénier – Umberto Giordano, 14 ottobre 2022

BOLOGNA: Andrea Chénier – Umberto Giordano, 14 ottobre 2022

UMBERTO GIORDANO

Andrea Chénier

Andrea Chénier, dramma storico in quattro quadri ambientato all’epoca della rivoluzione francese, è l’opera lirica più famosa di Umberto Giordano.

Ispirata alla vita del poeta rivoluzionario André Chénier, l’opera su libretto di Luigi Illica riporta fedelmente e dettagliatamente il quadro storico nel raccontare le vicende del protagonista, del suo amore per Maddalena di Coigny e dell’arresto.

Direttrice Oksana Lyniv
Regia Pier Francesco Maestrini

Personaggi e Interpreti:

  • Andrea Chénier Gregory Kunde
  • Carlo Gérard Roberto Frontali
  • Maddalena di Coigny Erika Grimaldi
  • La mulatta Bersi Cristina Melis
  • La contessa di Coigny Federica Giansanti
  • Madelon Manuela Custer
  • Roucher Vittorio Vitelli
  • Pietro Fleville Stefano Marchisio
  • Fouqueier tinville Nicolò Ceriani
  • Mathieu detto Populus Alessio Verna
  • Un incredibile Bruno Lazzaretti
  • L’Abate, Poeta Orlando Polidoro
  • Schmidt e Maestro di casa Luca Gallo
  • Dumas Luciano Leoni
  • Filandro Fiorinelli, Musico Antonio Ostuni 

 

SCENE E VIDEO Nicolás Boni

COSTUMI Stefania Scaraggi

LUCI Daniele Naldi

COREOGRAFIE Silvia Giordano

ASSISTENTE ALLA REGIA Silvia Giordano

MAESTRO DEL CORO Gea Garatti Ansini

 

Teatro Comunale, 14 ottobre 2022


Il commento che circolava tra il pubblico la serata inaugurale della nuova stagione del Teatro Comunale a Bologna era: “Finalmente!”- Finalmente un allestimento fedele al libretto di Luigi Illica, all’epoca, alla vicenda seppure condita con alcuni personaggi di fantasia, dello sfortunato poeta francese Andrea Chenier condannato alla ghigliottina.

Teatro Comunale di Bologna – Andrea Chénier. Photo@Andrea Ranzi

Pier Francesco Maestrini, regista, con la sua squadra vincente formata da Nicolas Boni (scene e video) Stefania Scaraggi (costumi) Daniele Naldi (luci) e Silvia Giordano (aiuto regista e coreografa), ha ricreato idealmente, in una cornice di distruzione, la decadenza della nobiltà nel primo atto, dove gli abiti settecenteschi appaiono già anneriti e bruciacchiati dal fuoco della imminente rivoluzione, con effetti iper realisti, mescolando abilmente scene filmate alla componente corporea della scena. Una davvero stupefacente prova di come la tecnologia possa mettersi al servizio della “tradizione” teatrale, intesa come scuola di alto livello: la “fedeltà” non deve essere considerata né obsoleta né, tanto meno “polverosa” come alcuni sostengono. Sono stati mille ed uno i dettagli, sempre appropriati, suggeriti dalla regia in una lettura chiara e seguibile facilmente, senza perciò apparire didascalica. Alcune soluzioni sorprendenti: la natura dipinta in un fondale che potrebbe recare la firma di Wateau prende vita nel fogliame degli alberi attraversati da stormi di uccelli mentre Fléville canta “E’ questo il mio romanzo”; nel secondo atto un palazzo in fiamme dove i rivoluzionari compiono ogni tipo di misfatti. Filmati perfettamente integrati col lavoro sui singoli artisti che hanno dato impulso e credibilità a questo coinvolgente quadro “verista” senza l’urgenza di fuorvianti attualizzazioni. La proposta di Maestrini oggi come oggi risulta più “rivoluzionaria” di tante pretese quanto inutili provocazioni.

Teatro Comunale di Bologna – Andrea Chénier. Photo@Andrea Ranzi

Sulla scena un cast di alto livello capeggiato dal veterano Gregory Kunde, in smagliante forma vocale, dominatore della scena. Si deve gridare al “miracolo” tenendo conto che il tenore sfiora ormai i 70 anni, per il  vigore e la tenuta della linea di canto, il dominio della tavolozza di colori, con tutte le nuances dal piano al fortissimo, la facilità insultante nel settore acuto, dotato di autentico “squillo”. Si sommi l’articolazione della parola cantata, con un fraseggio e accento esemplari e in più il carisma innegabile che giunge e tocca la fibra e se capirà perché il teatro intero gli si è prostrato ai piedi decretandogli un successo personale inziato con “l’improvviso” del primo atto, seguito dalle ovazioni al “Sì, fui soldato” ed infine alla ribalta finale dove Kunde era visibilmente commosso. Roberto Frontali, Carlo Gerard, non  è stato da meno. E se entrambi non possono più offrire la freschezza vocale di un trentenne principiante, la maturità e forza interpretative li rendono due autentici mostri. Esemplare in tutto il corso d’opera, il suo “Nemico della Patria”, cantato con veemenza e una partecipazione da brivido, gli ha garantito una prima grande e interminabile ovazione ripetute poi alla ribalta finale. Magnifica Maddalena de Coigny il soprano Erika Grimaldi, la cui traiettoria artistica la impone tra le più autorevoli soprano lirico-spinto. Dotata di una voce non solo notevole per la ricchezza di armonici e brillante, poderosa nell’acuto “di forza”, ma soprattutto per il controllo dell’emissione di mezze voci e pianissimi. “La mamma morta” è stato un momento in cui si è fermato il tempo e tutto il duetto finale è risultato emozionante per la perfetta compenetrazione con Kunde, raggiungendo l’apice nel “Viva la morte insiem!”..

Teatro Comunale di Bologna – Andrea Chénier. Photo@Andrea Ranzi

Ben difese le “parti di fianco”, di vitale importanza in questa opera, scelte con oculatezza. Realmente un lusso disporre del mezzosoprano Cristina Melis nella parte di Bersì e di Manuela Custer nel cameo della “vecchia” Madelon. Tutti meritevoli di lode: l’effemminato, ma dalla voce penetrante, Fléville de Stefano Marchisio, il buen Rocher di Vittorio Vitelli, Alessio Verna ottimo Mathieu, Nicolò Ceriani imponente Fouquier-Tinville; merita una menzione speciale l’Incredibile impersonato dal tenore Bruno Lazzaretti, semplicemente perfetto nei panni del mellifluo personaggio della spia.

Teatro Comunale di Bologna – Andrea Chénier. Photo@Andrea Ranzi

Molto bene il coro, anche per la partecipazione alla componente scenica, istruito da Gea Garatti Ansini e sempre di grande qualità l’apporto dell’Orchestra del Comunale ubbidiente ad Oksana Lyniv. Al suo debutto nell’opera di Giordano, la giovane ucraina ha proposto una lettura piuttosto metronomica, calcando troppo il pedale del volume, con dinamiche esagerate seppure di effetto, coprendo il più delle volte le voci e senza sostenerle nel “canto di conversazione” su cui si spiega maggiormente lo spartito. Dirigere Andrea Chenier non è, con tutti i possibili distinguo, come dirigere una sinfonia di Strauss. Ciò nonostante il pubblico le ha decretato una accoglienza calorosa, accomunandola al resto del cast.

Andrea Merli

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