Opere in Masseria: L’AMMALATO IMMAGINARIO – Leonardo Vinci e LA VEDOVA INGEGNOSA – Giuseppe Selliti, 1 agosto 2019
CRONCHE DA MARTINA FRANCA
45ESIMO FESTIVAL DELLA VALLE D’ITRIA
Opere in Masseria
L’AMMALATO IMMAGINARIO – Leonardo Vinci
LA VEDOVA INGEGNOSA – Giuseppe Selliti
Direttore Sabino Manzo
Regia Davide Gasparro
- Erighetta/Drusilla Lavinia Bini
- Don Chilone/Strabone Bruno Taddia
Scene e costumi Maria Paola Di Francesco in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Bari
Luci Manuel Frenda
Cappella Musicale Santa Teresa dei Maschi
Martina Franca – Masseria San Michele, 1° agosto 2019
Affollatissimo appuntamento alla Masseria – Resort San Michele, a un tiro di schioppo dal centro abitato della barocca cittadina pugliese. Incentivato dalla degustazione di vini prodotti in loco e da altri appetitosi stuzzichini l’ascolto degli intermezzi, in numero di tre per l’opera Ermelinda quelli de L’ammalato immaginario di Leonardo Vinci mentre due quelli de La vedova ingegnosa di Giuseppe Selliti per il melodramma Demofonte.
Collegati, per attinenza delle flebili e buffe trame, in un unicum dalla spiritosa e ben orchestrata regia di Davide Gasparo che si è immaginato una sorta di Carro di Tespi in miniatura quale contenitore delle vicende, intercambiabili nella loro comicità di Teatro dell’Arte, di Erighetta e Don Chilone prima e di Drusilla e Strabone poi. Centrate la scena ed i costumi di Maria Paola Di Francesco così come adeguate le luci di Manuel Fredda, soprattutto in considerazione del fatto che lo spettacolo nasce come teatro itinerante da Masseria a Masseria.
All’ultima delle cinque recite un’improvvida afonia ha colpito la pur bravissima, e spesso apprezzata altrove, Lavina Bini che si è vista costretta a mimare le due vedovelle in rapida successione, giacché era impensabile che la pur brava e solerte Maria Silecchio, chiamata in suo ausilio e messa di fronte al leggio di fianco all’orchestra, potesse sostituirsi anche in scena con la parte a memoria. La situazione, lunge dal creare imbarazzo o di intralciare in qualche maniera il brillante risultato, è stata il pretesto di improvvisate complicità tra le due interpreti, suscitando ulteriore riso ed applausi dal numeroso pubblico che ha apprezzato molto pure la divertentissima impersonificazione dei due ruoli maschili, l’ipocondriaco Don Chilone e quindi il falso medico Strabone, di Bruno Taddia, impagabile scenicamente e vocalmente a suo agio in ruoli dove la parola cantata deve essere perfettamente scandita. Molto applauditi pure i due attori muti che con una ben impostata azione mimica hanno ulteriormente contribuito alla comicità degli intermezzi.
Dal cembalo Sabino Manzo ha impresso il giusto ritmo allo spettacolo, seguito con entusiasmo e stile appropriato dalla Cappella Musicale Santa Teresa Dei Maschi.
Andrea Merli