PADOVA: Nabucco – Giuseppe Verdi, 28 ottobre 2018

PADOVA: Nabucco – Giuseppe Verdi, 28 ottobre 2018

NABUCCO

Musica di Giuseppe Verdi

Su libretto di Temistocle Solera

Regia, scene, costumi e luci di: Filippo Tonon

Direttore: Jordi Bernàcer

Personaggi e interpreti:

  • Nabucco Enkhbat Amartuvshin
  • Zaccaria Rafal Siwek
  • Abigaille Rebeka Lokar
  • Fenena Annalisa Stroppa
  • Ismaele Azer Zada
  • Abdallo Antonello Ceron

Orchestra di Padova e del Veneto

Coro Lirico Veneto preparato da Giuliano Fracasso


Teatro Verdi, 28 ottobre 2018

Di rientro a Milano, schivando per un pelo l’acqua alta a Venezia, tappa “obbligata” a Padova per un Nabucco che non si poteva perdere.

Questa realtà della provincia italiana, che ci riserva spesso e volentieri grandi e gratissime sorprese, andrebbe maggiormente illustrata e sostenuta dai media e anche dalle autorità locali. Federico Faggion, direttore artistico della Stagione Lirica a Padova, fa l’impossibile per mantenere viva una tradizione cittadina che ha una storia illustre ed importante. Lo riprova questo allestimento di Nabucco, in coproduzione con il Teatro nazionale di Maribor ed il Teatro Sociale di Rovigo, per la regia e scene di Filippo Tonon, il quale firma pure i costumi a quattro mani con Carla Gallieri. Una spettacolo nel solco della tradizione, ma non convenzionale, ricco di  costumi assai appariscenti ed eleganti, condotto con esemplare chiarezza registica ed una grande eleganza formale. In una parola : bellissimo.

Ma se gli occhi hanno avuto la loro parte, l’udito è stato ancor più gratificato da una lettura invero esaltante, merito del direttore valenciano Jordi Bernacer, già più volte apprezzato, ultimamente sia al Teatro Filarmonico che in Arena a Verona. Una bacchetta sicura, un gesto chiaro uno slancio notevole ed un controllo assoluto del palcoscenico. Seguito dall’ottima Orchestra di Padova e del Veneto e confortato dalla buona resa del coro Lirico Veneto diretto da Giuliano Fracasso, che ha ricevuto una meritata ovazione dopo il celeberrimo “Va pensiero”.

Gli applausi e le grida di “bravo” non si sono risparmiati poiché il cast, non si esagera, era all’altezza dei maggiori teatri internazionali. Mi piace “impiccionescamente” iniziare dagli ultimi, in tal caso dalla Anna del soprano Fulvia Mastrobuono, svettante nei concertati, precisa negli interventi e generosa nei Do acuti lanciati nel concertato finale “Immenso Jehovah”, dove fornisce la voce sopranile protagonista. L’Abdallo del veterano tenore Antonello Ceron ha una voce di altri tempi, vigorosa e penetrante, ed è risultato efficacissimo nei suoi interventi. Così pure è piaciuto molto il basso Luciano Leoni, autorevolissimo Gran Sacerdote di Belo.

Disporre di Annalisa Stroppa per il breve, ma certo non marginale, ruolo di Fenena costituisce, letteralmente, un lusso asiatico! Voce preziosa, per colore e timbro, ha dato rislato sia ai concertati del primo e secondo atto che luce interiore all’adagio dell’ultimo atto “Oh, dischiuso è il firmamento”. Azer Zada, pure giovane elemento da poco uscito dall’Accademia della Scala, ha vestito i panni di Ismaele. Bellissimo il colore e la qualità schietta di questo tenore azero da cui è lecito aspettarsi grandi cose. Rafal Siwek, Zaccaria, ha contribuito con la sua salda professionalità e con una voce che si impone per armonici e per l’estensione a dare rilievo al suo a tratti minaccioso, ma anche ieratico personaggio.

Infine i due protagonisti assoluti della serata, il soprano Rebeka Lokar ed il baritono Amartuvshin Enkhbat, entrambi ormai “vecchie conoscenze” per averli ripetutamente ascoltati in questi ruoli sia a Novara che in Arena, a Verona. Lei conferma la qualità squisitamente lirica di una voce imponente, facile in zona acuta (il Mi bemolle lanciato a fine duetto nel terzo atto è stata una sciabolata) e sufficiente in zona grave, dove l’intelligenza dell’interprete supplisce alla natura che lì non l’aiuta. Piace tanto nel canto spianato, esposto con estrema morbidezza e tenuta di fiati in pianissimi di grande suggestione: per esempio nell’aria “Anch’io dischiuso un giorno” che apre il secondo atto ed è pure a suo agio nelle agilità di forza.

Amrtuvshin è semplicemente “il fenomeno” vocale degli ultimi tempi. Alla qualità eccezionale di una voce di straordinaria bellezza, al timbro autenticamente baritonale, alla dovizia degli armonici, dosati però con saggezza ed uso attento delle mezze voci e dei pianissimi, stupisce ancora e sempre la sua capacità, da straniero che per ora parla poco e male l’italiano, di penetrare il senso più veritiero della parola cantata, di fraseggiare con una partecipazione crescente da recita in recita, dimostrando di maturare sempre più e non solo in questo temibile ruolo. Dopo l’aria “Dio di Giuda”, quando ha esibito pure un legato esemplare, è letteralmente venuto giù il teatro. E non poteva essere da meno!

Andrea Merli

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