LAS PALMAS DI GRAN CANARIA: Turandot, Giacomo Puccini 16 giugno 2018

LAS PALMAS DI GRAN CANARIA: Turandot, Giacomo Puccini 16 giugno 2018

Direttore José Miguel PÉREZ SIERRA
Regia Sarah SCHINASI

Personaggi e Interpreti:

  • Turandot Rebeka Lokar
  • Calaf Rudy Park
  • Liù Davinia Rodriguez 
  • Timur Alejandro Lopez
  • Ping Manel ESTEVE 
  • Pong Yauci YANES
  • Pang Mosè MARIN
  • Altoum Manuel Garcia 
  • Mandarino Jeroboam TEJERA
  • Principe di Persia Gabriel Alvarez

ORCHESTRA FILARMONICA Gran Canaria 
Coro dell’Opera di Las Palmas 
direttore del coro Olga SANTANA 
Festival Les Soirées Lyriques di Sanxay


Las Palmas di Gran Canaria, 16 giugno 2018

TURANDOT – Giacomo Puccini

E si è giunti così all’ultimo appuntamento della stagione ACO 2018 al Teatro Pérez Galdos di Las Palmas di Gran Canaria, grazie sempre all’ospitalità del Patronato del Turismo dell’Isola, lo scorso 16 giugno. Questa volta il viaggio impiccionesco, con partenza dalla natia Barcellona, è stato senza intoppi, sebbene i ritardi siano all’ordine del giorno di questi tempi per eccesso di traffico aereo. Ah la crisi, la crisi! Eppure tutti in viaggio, specie gli italiani.

Turandot è un titolo piuttosto frequente sulle scene canarine: la mia prima, nell’Auditorio “Alfredo Kraus”, risale al 18 febbraio del 2002, protagonista l’inossidabile Giovanna Casolla con la direzione di Andrea Licata: si trattò della mia prima visita a Las Palmas, e sembra ieri! Poi l’incompiuta di Puccini si riprese, di nuovo al restaurato Teatro Pérez Galdos nel 2011 e, non essendoci due senza tre, eccoci qua a riferire di quella recentissima.

Innanzitutto la produzione, funzionale e minimalista in contrasto con ogni possibile sospetto di … ristorante cinese! Le scene, si legge, provengono dal Festival “Les Soirées Lyriques de Sanxay”, ma come ci comunica la regista, Sarah Schinasi, che in appena 5 giorni è riuscita a dar forma allo spettacolo, parte del materiale è stato rimediato in loco. Le intenzioni in partenza sono ottime, anche con pretese di approfondire da un lato, con una iniziale drammaturgia aggiunta, i tempi ed i modi della composizione (Puccini, inseguito da Renato Simoni col testo di Carlo Gozzi in mano, alla stazione di Milano sta per perdere l’accelerato che lo porterà a Lucca) dall’altro i caratteri fiabeschi del Gozzi, che in Turandot materializzò la principessa mongola e guerriera Khutulun descritta da Marco Polo, una donna d’acciaio che si fece una scuderia di oltre 10.000 cavalli (narra la leggenda) vincendoli in corsa ai suoi pretendenti.

Il tutto, però, in così poco tempo e pure cercando di applicare a solisti e coro le pratiche ginnico posturali del Warm Up di Laban Bartenieff, ha potuto solo in parte essere reso alla comprensione del pubblico che forse si sarà chiesto chi era la guerriera in battaglia che appare all’inizio ed alla fine, simbioticamente riflessa dalla “principessa di Gelo”.

La messa in scena, comunque, ha convinto per l’aderenza sostanziale al libretto, che è altra cosa ovviamente, e per la disposizione delle masse (assai ridotte nella nuova politica del teatro: 40 coristi in Turandot sono effettivamente pochi) e degli artisti. Giusta l’illuminazione e belle alcune intuizioni: per esempio quella di una Liu tutt’altro che rassegnata, e poco “schiava”, anzi disposta a contendere all’altra principessa il bel Calaf. I costumi, a quanto pare pure rimediati, hanno comunque avuto una loro giusta efficacia in virtù anche della giusta illuminazione e dunque il successo è stato schietto, con ripetute chiamate alla fine, comprese tutte le masse artistiche della Fondazione, truccatori e sarte compresi.

Sul versante musicale, buona la prestazione dell’esiguo coro che ha fatto miracoli sotto la guida, come al solito sicura, di Olga Santana: coriste pure le due ancelle di Turandot, intonate ed a tempo, ed il Principe di Persia col suo grido di morte, lanciato dal tenore Gabriel Alvarez. Ottima l’orchestra Filarmonica di Gran Canaria sotto la guida dell’ormai lanciatissimo, pure in Italia, direttore José Miguel Pérez-Sierra. Una lettura che si è attardata in languide frasi e che ha trovato enfasi e frastuono nei momenti concitati, col rischio a volte di farsi portare dall’entusiasmo e di coprire le voci.

E per coprire le voci di questo robusto cast ce n’è voluta! Iniziando da quell’autentico Tsunami che risponde al nome di Rudy Park, che tra l’altro ha avuto un incidente in prova, per fortuna senza gravi conseguenze, andando a sbattere con la testa contro il gong… o forse il gong gli è caduto in testa! Una testa che pare un organo perfetto per il canto con i risuonatori e la maschera già fornita da madre natura. Negli anni Park ha affinato le sue arti canore e, pur sfoggiando una voce oceanica, riesce a dosarla anche in piani e suono smorzati. Laddove però non conosce rivali è nel lanciare il fatidico Si del “Vincerò”, tenuto spavaldamente e che gli ha garantito un trionfo personale con un applauso interminabile.

Davinia Rodriguez, Liu, gioca in casa: il ché non sempre è garanzia di successo. Invece qui si è avuta l’eccezione con un’accoglienza meritatamente al calor bianco. Il primo applauso a scena aperta se lo è preso lei dopo un toccante “Signore ascolta!”, e poi alla fine dalla musica scritta di Puccini il silenzio che ne ha accolto la morte è parso più esplicito di mille urla di “brava”, anche perché nel commiato funebre la regia ha fatto sfilare il Sor Giacomo. Brava, bravissima e con una voce dal timbro personale ed inconfondibile capace di smorzature eteree e sognanti.

Rebeka Lokar, infine, ha debuttato con grande successo nell’Isola: la voce sua è baciata dal cielo, e l’acuto – di forza e timbratissimo – ha una luce propria. Inoltre è un’abile fraseggiatrice e riesce scolpendo l’accento a rendere anche in zona centrale grave, laddove la voce di lirico puro potrebbe soffrire. “In questa reggia” è stato dunque scolpito nella parola e centellinato nel canto; gli enigmi lanciati come sciabolate poderose ed i Do acuti, a fine scena superavano con forza l’imponente muro orchestrale. Una grande Turandot!

Brave le tre maschere: i tenori Moises Marin, il più acuto Pang e Yauci Yanes, Pong e soprattutto il baritono Manel Esteve, un Ping semplicemente perfetto. Completava il cast Jeroboam Tejera, autorevole Mandarino.

Il teatro ha dovuto affiggere il cartello “Tutto esaurito” e di nuovo, come per la precedente Carmen, l’opera è stata proiettata nella retrostante piazza, omaggio alla cittadinanza. Lodevole ed affollatissima iniziativa!

Andrea Merli

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