Milano:  LA SECCHIA RAPITA – Jules Burgmein (Giulio Ricordi)

Milano: LA SECCHIA RAPITA – Jules Burgmein (Giulio Ricordi)

La secchia rapita
Opera musicale di Jules Burgmein (Giulio Ricordi)
nel 105° anniversario dalla morte

Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi

 

maestro concertatore e direttore

Personaggi e Interpreti:

Il Podestà di Modena, Elcin Huseynov
Il Conte di Culagna, Giorgio Valerio
Titta, Hyuksoo Kim
Lo Storico del Comune, Alessandro Ravasio
La Contessa di Culagna, Laure Kieffer
Renoppia, Lucia Amarilli Sala
Rosa, Kaori Yamada
Giglio, Margherita Sala
L’Ostessa, Dyana Bovolo

Solisti e Cori della Civica Scuola di Musica Claudio Abbado
Francesco Girardi, maestro del Coro

Loris Peverada e Luca Gorla, maestri preparatori dei cantanti


Nell’ambito del ciclo “LaVerdi festeggia” alla Auditorium di Milano si è eseguita un’unica recita de La secchia rapita, opera comica (ma a tutti gli effetti un’operetta per via delle parti recitate tra i numeri chiusi musicati) in tre atti, libretto di Renato Simoni, molto liberamente tratto dal poema “ericomico” di Alessandro Tassoni, musica di Jules Burgmein, “nome di penna” di Giulio Ricordi.

Caso strano che, nel giro di una settimana, tra il 5 ed il 16 maggio, si sia impiccionescamente potuto assistere a due titoli assolutamente dimenticati dell’operetta italiana: Giove a Pompei di Franchetti e Giordano a Foggia e, appunto, l’ultima fatica di Giulio Ricordi che trovava pure il tempo, oltre a condurre l’impresa di famiglia con impegni in tutto il mondo e nel momento della sua maggiore auge, di scrivere musica.

Evento destinato ad essere pubblicato in breve in CD, ha meritato una breve presentazione, con i dovuti ringraziamenti, dell’ultimo dei Ricordi che poi ha ceduto la parola al musicologo Gabriele Dotto, il quale ha firmato il breve, ma esauriente, saggio sul per altro scarno programma di sala: sprovvisto oltre che del libretto, assolutamente indispensabile in questi casi di “prima ripresa in tempi moderni”. Mancava pure una seppur succinta sinossi. L’operetta si è presentata in forma di concerto e senza i dialoghi. Si poteva provvedere, almeno, alla lettura dell’azione tra un brano e l’altro; senza la quale e nonostante i sovratitoli, sinceramente non s’è capita la trama e men che meno l’importanza nella drammaturgia della famosa secchia rapita dai bolognesi ai modenesi e poi riconquistata.

Si è trascritta la presentazione, così come pubblicata sul libretto per la prima rappresentazione che, giova ricordarlo, avvenne al Teatro Alfieri di Torino, con la compagnia di operette “Citta di Milano”, il primo marzo del 1910. Fu ripresa il 14 marzo successivo al Teatro Lirico di Milano e, nel corso di una tournée argentina conobbe pure un discreto successo a Buenos Aires. Poi calò il silenzio e l’oblio. Desta curiosità la conclusione del preambolo, che per altro non dà alcuna informazione sulla successiva trama: “Per necessità scenica […] si dovette attenuare o rimutare episodi scatologici che avrebbero destato ripugnanza” riferiti al poema orginale di cui, per altro e per motivi teatrali, si aggiunsero storie “boccaccesche” tra alcuni personaggi, con l’intenzione di rendere lo spirito operettestico caratterizzato anche da un’ammiccante pruderie. E perciò il tronfio Conte di Culagna si divide tra la moglie, che lo tradisce abbondantemente, e la bella Renoppia che gliela promette ma non gliela dà, per preservarla al giovane Titta, conteso tra le due donne. Alcuni couplets sono affidati all’Ostessa (e lei che tesse le lodi della fatidica secchia) e c’è pure una coppia di giovani amanti, rosa e Giglio, questo un mezzosoprano in travesti. Marginale, almeno musicalmente, la presenza del Podestà di Modena e dello Storico del Comune.

Aggirare la parte recitata in un’operetta ed eseguirla in forma di concerto costituisce un grave errore: l’operetta vive della parte teatrale che ne costituisce lo scheletro portante. Si intuisce che la scelta sia dovuta ai soliti problemi economici ed organizzativi, ma sinceramente per presentarla così, senza per altro nemmeno pubblicizzare l’evento ed a sala semivuota, è stato decretarne la definitiva sentenza.

Peccato, perché la musica, senza essere trascendentale – e del resto non è ciò che si chiede ad un’operetta – è assai piacevole. Le citazioni, in particolare verdiane e specificamente del Falstaff (per il settantenne Ricordi, che morì due anni più tardi, costituì una sorta di “allegro” testamento artistico) sono molteplici, e almeno due o tre momenti memorabili: un delizioso valzer, un improvviso bolero e delle scene concertanti che, con l’intervento del coro e di tutti i solisti, hanno comunque un tocco ironicamente grandioso e fanno immaginare che avrebbe giovato un’adeguata messa in scena.

E’ parso comunque lodevole il lavoro svolto dal podio al comando dell’ottima Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi, di Aldo Salvagno che ha anche curato, con meticolosa precisione risalendo agli autografi ed allo spartito “canto piano”, la revisione ed “ammodernamento” della partitura. Gli ha risposto un cast molto impegnato a cantar bene, riuscendoci anche con profitto. Si è trattato dei solisti e del coro provenienti dalla Civica Scuola di Musica Claudio Abbado a cui si è unito un unico professionista in carriera, il baritono Giorgio Valerio nei panni del buffo Conte di Culagna. Artista nel coro del Teatro alla Scala, è stato tra gli interpreti l’unico a dimostrare, seppure in forma concertante, di avere una spigliata verve teatrale. Apprezzabili per la solvente vocalità tanto la svettante Contessa sua moglie, il soprano Laure Kiefer, quanto il mezzosoprano Lucia Amarilli Sala nei panni della volubile Renoppia. Spiritosi quel tanto che basta e deliziosi nei loro interventi il mezzosoprano Margherita Sala, nel ruolo del menestrello Giglio e la sua bella Rosa, il soprano Kaori Yamada. Molto in parte il mezzosoprano Dyana Bovolo, un’ostessa che ricorda da vicino la Preziosilla verdiana e dalla voce generosa, seppure un po’ periclitante nella pronuncia il tenore Hyuksoo Kim, nel ruolo del bellimbusto conteso Titta. Completavano il cast il Podestà di Modena, il giovane basso Elcin Huseynov e lo Storico con la voce del basso Alessandro Ravasio.

Successo cordiale da parte di un pubblico scarso, ma sicuramente molto motivato.

Andrea Merli

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