PAGLIACCI 1969 – tributo al Maestro Angelo Lo Forese

PAGLIACCI 1969 – tributo al Maestro Angelo Lo Forese

ANGELO LO FORESEPubblico i Pagliacci della FFE (1969), per vari motivi: il primo per rendere tributo al Maestro Lo Forese, oggi vispo ed arzillo ospite alla Casa Verdi, ai tempi un Canio di grande impatto interpretativo e squillante in acuto. Poi per rispondere a chi, specie tra i giovani, mi chiede spesso “che studi hai fatto” per diventare l’impiccione che sono.

Correva il 1969, studente ero e povero a Venezia iscritto al primo anno di architettura, facoltà che abbandonai dopo essermi trovato la media del 30 sul libretto, senza aver assistito ad una lezione in una università completamente alla deriva.

In edicola la meritoria casa editrice dei Fratelli Fabbri uscì con fascicoli settimanali – 840 lire l’uno, ai tempi una cifra – pubblicando 20 titoli d’opera, di cui ben sedici di produzione propria, essendo la Tetralogia wagneriana uno sforzo impossibile da realizzare anche per i coraggiosi Fratelli Fabbri.

EDY AMEDEOCosì, in un’epoca in cui c’era solo, e scarso e caro, il vinile, potei formarmi la base di una poi sterminata discoteca. Illuminante e formativa, soprattutto, la parte squisitamente editoriale, capeggiata dall’illustre musicologo Eduardo Rescigno, fratello del direttore Nicola, prediletto dalla Callas nei suoi ultimi concerti e nelle sue ultime registrazioni.

Esaurienti e meticolosi articoli firmati, e mi limito a questa edizione di Pagliacci (divisa in tre lp di 25 cm di diametro), da René Leibowitz, Sergio Martinotti, Giorgio Gualerzi, Alfredo Mandelli, Marcello Conati, Arnaldo Marchetti e Piero Santi. Una preziosa guida all’ascolto la forniva, fascicolo per fascicolo, Pier Luigi Caviglia, mentre lo stesso Eduardo Rescigno completava il tutto con altri scritti che modestamente non firmava.

PIER FRANCESCO POLIIl fatto di avere un fascicolo a settimana permetteva, tra l’altro, un ascolto ripetuto e tutto il tempo per leggere e “studiare”, appunto, i preziosi inserti arricchiti da un’iconografia molto abbondante e pure a colori: nel 1969 non era una cosa scontata.

Dal punto di vista esecutivo, poi, al di là del “miracolo” produttivo condotto con sufficienza di mezzi, oggi è doppiamente interessante l’ascolto di queste registrazioni che offrono il polso di quanto offrisse la dorata provincia italiana in quegli anni.

Franco Ferraris garantisce una direzione ottimale dei complessi “stabili” (ma penso riuniti per l’occasione) del Teatro Viotti di Vercelli, coi tagli di tradizione (il dettato di Toscanini faceva ancora scuola) e voci di ottimo o buon livello.

FRANCO FERRARISQui, oltre al menzionato Angelo Lo Forese chiamato chissà poi perché solo per questa registrazione, il baritono Gianni Maffeo, Tonio, che era un ottimo professionista e presenza abituale nei dischi Fabbri, Edy Amedeo buon soprano lirico; il baritono Giuseppe Lamacchia, Silvio (col duetto parzialmente mutilato) ed il tenore Pier Francesco Poli, un “carattere” tra i comprimari che ai tempi era frequente trovare in cartello, Beppe, concludono degnamente un cast che oggi come oggi potrebbe salire sui più prestigiosi palcoscenici del mondo.

Andrea Merli

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