Las Palmas di Gran Canaria:  ANDREA CHENIER – 27 Febbario 2016

Las Palmas di Gran Canaria: ANDREA CHENIER – 27 Febbario 2016

ANDREA CHENIER 

Umberto Giordano

Libretto di Luigi Illica

prima rappresentazione 28 Marzo 1896, Teatro alla Scala di Milano

 

deb9f9efc56ef2a940bdf0d58ccaad5c_LDirettore d’orchestra: Miquel Ortega 

Regia: Alfonso Romero 

 

Personaggi e Interpreti:

  • Andrea Chénier: Jorge De León 
  • Maddalena di Coigny: Daniela Dessi 
  • Carlo Gérard: Sergey Murazev 
  • Roucher: Jeroboám Tejera 
  • La Contessa di Coigny / Madelon: Rosa Delia Martín 
  • Un Incredibile: Manuel Gómez Ruiz 
  • La Mulatta Bersi: Belén Elvira 
  • Mathieu: José Antonio García 
  • Fleville / Fouquier Tinville: Héctor De Armas 
  • Schmidt / Dumas: Elu Arroyo 
  • L’Abate: Manuel García 

Scene: Ricardo Sánchez Cuerda   

Costumi: Gabriela Salaverri

Coreografía: Sergio Paladino 

Luci: José Fernández “Txema”

 

ORQUESTA FILARMÓNICA de GRAN CANARIA

CORO  de la ÓPERA  de  LAS PALMAS DE GRAN CANARIA

Maestro del coro: Olga Santana 

Coproducción del  Festival Castell de Peralada y ABAO-OLBE.

 

Si è aperta con l’indiscusso capolavoro di Umberto Giordano, Andrea Chénier, la 49esima stagione d’opera a Las Palmas di Gran Canaria “Alfredo Kraus 2016”, organizzata dalla gloriosa associazione privata ACO, Amigos Canarios de la Opera, col supporto economico, purtroppo sempre più esiguo per la persistente crisi, del ministero spagnolo di “Educacion y Sciencia” e delle autorità locali: Ayuntamiento de Las Palmas, Cabildo de Gran Canaria e del Gobierno de Canarias; col contrituto del Patronato de Turismo Gran Canaria e dell’Orquesta Filarmonica de Gran Canaria, che di fatto è impegnata in tutti i titoli, ed infine con il non trascurabile aiuto di sponsor privati tra cui, lodevolissimo, il Mecenazgo Anonimo.

cartel publicosLa premessa è necessaria per capire l’interesse che si pone a livello locale per mantenere una tradizione musicale che ha fornito e di fatto produce ancora in abbondanza, soprattutto in considerazione del relativo isolamento e della popolazione certo non oceanica – e si colga pure la battuta trattandosi di isola in mezzo all’oceano – voci di grande qualità e primeggianti nel panorama lirico internazionale, inziando proprio da Alfredo Kraus, ormai entrato nella Storia.

IMG-20160301-WA0001Una nota triste è purtroppo inevitabile, poiché proprio nella serata a cui si riferisce la cronaca, quella dell’ultima di tre fortunatissime recite, si è spento l’ultimo superstite dei tre fratelli Kraus, Francisco, di un anno maggiore di Alfredo che, per altro, è stato il primo a lasciarci, seguito poi dalla pure compianta sorella Carmen. Tutti e tre artisti lirici, unitissimi nel corso della vita anche per un legame stretto tra le rispettive famiglie. Francisco era baritono e debuttò, subito dopo Alfredo, al Teatro Comunale di Trieste Giuseppe Verdi nel 1960, con il nome d’arte Eugenio Di Marco – non voleva essere confuso con il fratello, già lanciato in una folgorante ascesa – nella Kovanticina, in italiano come s’usava ai tempi. Lì finì la sua avventura “operistica” poiché, tornato in Spagna, intraprese una fruttuosa carriera nel genere nazionale, la zarzuela, spaziando pure nell’operetta. Divise con il fratello Alfredo il palcoscenico nell’opera spagnola Marina, di Emilio Arrieta, di cui esiste per fortuna l’incisione discografica completa, registrata agli inizi degli anni Sessanta dello scorso secolo per la Carillon, etichetta spagnola vincolata ad Alfredo Kraus. Conobbi Paco, come veniva chiamato familiarmente, diversi anni fa in occasione di una Favorita che Alfredo Kraus cantò a Bilbao ed a cui presenziarono il fratello e le rispettive mogli. Poi ebbi modo di rivederlo spesso; l’ultima volta lo ritrovai proprio al Teatro Pérez Galdos, lo scorso anno, all’ultima recita di Madama Butterfly. Era accompagnato dal nipote, ma sempre in gamba e vivace nel giudizio. Ci scattamo una foto ai camerini, dove era venuto per complimentersi con gli artisti e con Mario Pontiggia, regista dello spettacolo. E’ pur vero che gli anni non perdonano, ma non potevo immaginare che quello sarebbe stato il nostro ultimo incontro. Pace all’anima sua.

DSC_0780Note lietissime, invece, per lo spettacolo accolto trionfalmente da un pubblico piuttosto folto e molto partecipe, generoso di frequenti applausi a scena aperta. E’ piaciuto a tutti il bell’allestimento frimato per la regia da Alfonso Romero, con la bella e corporea scena di Ricardo Sanchez Cuerda e gli eleganti ed appropriati costumi creati da Gabriela Salaverri. Si menzionino pure il coreografo Sergio Paladino, per la garbata e non prevaricante coreografia del primo atto, laddove è riuscito a far ballare la gavotta pure al coro (ben preparato, al solito, da Olga Santana) e il datore di luci, molto ben dosate e suggestive, José Fernandez “Txema”. Dietro le quinte, infine, lodevole il fervido lavoro della direttrice di palcoscenico Laura Navarro e del Maestro Marino Nicolini, factotum musicale.

DESSI 2Lo spettacolo è nato la scorsa estate al Festival di Peralada e nella prossima stagione 2016/17 approderà in quel di Bilbao: è un bene che si sfrutti un allestimento. Si tratta, comprensibilmente e fortunatamente, di una regia che rispetta la drammaturgia e la Storia; anche se ciò nello Chénier sembra ai più ineludibile, al giorno d’oggi non è per nulla scontato. L’idea vincente, mutuata in verità dall’Andrea Chénier a firma di Giancarlo Del Monaco che si vide a Bologna, è quella di partire dall’orangerie di casa Coigny, dove si svolge il ricevimento del primo atto, il cui soffitto mostra da subito profetiche crepe e che, di fatto, si accentueranno travolgendo tutto e tutti. Gli atti successivi si svolgono nello scenario devastato, ma disposto in maniera leggermente diversa a seconda delle esigenze, tutte rigorosamente rispettose del libretto: dall’enorme busto di Marat nel secondo e alle tribune dell’improvvista sala del giudizio nel terzo. Sorprendentemente funziona ancor meglio la scena del carcere, che è rappresentato sempre nella stessa stanza, ma circondata da inferiate e oscurata da tavole inchiodate alle finestre. Ricompare pure il fatidico “azzurro sofà” che segna l’incipit dell’opera; lo ritroviamo sporco e sventrato, un ricordo crudele di un passato irrecuperabile e simbolo di tanta crudele distruzione.

CHENIER-39La regia si muove con destrezza, assumibili alcuni scivoloni “iperveristi” che pure hanno una loro funzione didascalica. Almeno il gesto arrapato di Gerard, che si immerge a capofitto nel generoso decolté di Maddalena si poteva e doveva evitare: alla freddezza di Maddalena, disposta all’estremo sacrificio per salvare l’amato Poeta: “se fai prezzo della sua vita il mio corpo, ebbene prendilo” anche musicalmente suscita un ravvedimento, una doccia fredda sul povero Carlo che, comunque posside un cuore nobile e generoso.

CHENIER-37A tutto si è soprasseduto, comunque, di fronte ad una resa musicale pressoché perfetta, sostenuta con grande perizia, senso del ritmo e passione travolgente dal Maestro Miquel Ortega, che dal podio e grazie ai suoi trascorsi di ex baritono, respira coi cantanti porgendo loro un sostegno ideale ed assecondandoli, senza mai perdere d’occhio però la linea musicale e l’insieme, specie nei momenti di maggior concitazione.

CHENIER-29Il protagonista, Jorge De Leon, tenore di Tenerife, canta “in casa” – seppure è proverbiale la rivalità tra le due isole – ma da ciò non dipende certo il successo incandescente e meritatissimo ottenuto grazie ad una voce baciata da Dio, bella, maschia e dall’acuto facile e ricco di squillo. Non bastasse, alla belleza e credibilità fisica si aggiunga la veemenza e trascinante passionalità del canto, ardente e ispiratissimo specie dopo il primo atto, dove il tenore a freddo ha siglato un “Improvviso” ottimo, ma un po’ troppo stentoreo. Dal duetto con Maddalena in poi, però, ha fatto letteralmente faville, vuoi per la progressiva immedesimazione nel ruolo vuoi per la presenza elettrizzante della collega che aveva al fianco, con cui c’è poco da scherzare se non si vuole correre il rischio di esserne teatralmente “fagocitati”. E perciò già la perorazione del terzo atto “Scorre la vita mia” e quindi nel quarto “Come un bel dì di maggio” erano centratissimi, esplodendo infine in un duetto finale che ha fatto letteralmente saltare dalla sedia.

CHENIER-45Una sorpresa impiccionesca è stata conoscere l’ottimo baritono russo Sergey Murzaev, Carlo Gerard, di cui sinceramente non si ha memoria e che non credo di aver finora mai incrociato nelle mie pur bizzarre spedizioni. Voce autenticamente baritonale – evento raro in tempo di ex tenori impegnati nella corda altrui – morbida, completa nella gamma, facile e luminosa all’acuto. Si aggiunga una notevole proprietà nel fraseggio ed una dizione ammirevole, per essere straniero: da dar lezione pure a più di un collega italiano. Salutato, pure lui, da un’accoglienza festosissima.

CHENIER-22Sugli scudi colei che da sola è valsa, come si suol dire, la fatica del viaggio e per la quale si ritornerebbe volentieri a varcare l’oceano: Daniela Dessì. Elencarne i pregi risulta pleonastico, ma non ce ne si può esimere. La voce, innanzitutto; è di una dolcezza che scende al cuore come il miele profumato, un balsamo non solo per le orecchie, una delizia di colori e soavità. Si aggiunga, dopo anni di carriera in cui non s’è certo risparmiata dosandosi col contagocce e lavorando di sottrazione, con abilità e calcolo come han fatto altre, l’immutata capacità di prendere e smorzare il suono in ampie arcate, il legato da manuale e la straordinaria duttilità nell’emettere i suoni sia in pianissimo che di forza nell’acuto. Esempio sia il “Difendermi volete, fido in voi” prima dell’attacco “ora soave” da un lato, ed il grido, ma cantato spingendosi fino al Si bemolle, sulle parole “Andrea” nel finale terzo, dall’altro. Infine, e qui confesso sia la mia debolezza che la virtù magica della “strega”, come la definisco affettuosamente io, la Dessì possiede la capacità di commuovere, di toccare la fibra, con la parola cantata. L’Arte delle più “grandi” – il pensiero corre alla Olivero, alla Callas – che non si sono mai limitate ad accentare, bensì nel canto hanno messo sempre l’anima.

CHENIER-39Luci ed ombre nel comprimariato, che ha avuto il principale merito d’essere tutto “made in Canarias”. Buona, oltre che bella, la Bersi di Belén Elvira “from Lanzarote“, apprezzabile il Roucher del tinerfeno Jeroboam Tejera e sonorissimo il Dumas, e quindi Schmidt, di Elu Arroyo veterano basso di Las Palmas; benino gli altri.

Andrea Merli




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