Bologna -ELEKTRA- Richard Strauss 17 Novembre 2015
ELEKTRA
RICHARD STRAUSS
- Direttore: Lothar Zagrosek
- Regia: Guy Joosten
Personaggi e Interpreti:
- Elektra: Elizabeth Blancke-Biggs
- Klytämnestra: Natascha Petrinsky
- Chrysothemis: Sabina von Walther
- Aegisth: Jan Vacik
- Orest: Thomas Hall
- Pfleger des Orest (Precettore di Oreste) / Ein alter Diener: Luca Gallo
- Die Vertraute (La confidente) / Zweite Magd: Alena Sautier
- Die Schleppträgerin (Ancella dello strascico) / Vierte Magd: Eleonora Contucci
- Ein junger Diener (Giovane servo): Carlo Putelli
- Die Aufseherin (La sorvegliante): Paola Francesca Natale
- Erste Magd: Constance Heller
- Dritte Magd: Daniela Denschlag
- Fünfte Magd: Eva Oltiványi
Scene e costumi: Patrick Kinmonth
Luci: Manfred Voss
Assistente alla regia: Wolfgang Gruber
Maestro del Coro: Andrea Faidutti
Allestimento Teatro Comunale di Bologna
da Théâtre de La Monnaie / De Munt Bruxelles
e Gran Teatro de Liceu Barcelona
Orchestra, Coro e Tecnici del Teatro Comunale di Bologna
A dieci minuti dall’inizio dello spettacolo, turno “A” di abbonamento, il teatro praticamente vuoto. Quando si sono, finalmente, spente le luci ed è iniziata incalzante la musica a fluire e ha preso il via, a sipario aperto, la prima concitatissima scena, quella delle serve alla fontana – qui lo spogliatoio di quello che sembrano le guardie di un carcere femminile – la sala del Bibbiena offriva il desolante aspetto del semi… pieno.
Ciò fa riflettere, ed amaramente, sulle sorti della musica in Italia e dell’opera particolarmente. E sì che Bologna gode la fama di “città wagneriana”, una favola metropolitana a quanto pare e comunque l’interesse per il capolavoro di Strauss evidentemente e localmente non c’è. C’è da augurarsi che, forse in virtù anche di questa cronaca, il pubblico accorra almeno alle prossime recite: Elektra non è titolo che compaia poi così frequentemente nei nostri cartelloni e quest’edizione presenta indubbio interesse.
Innanzitutto per la parte musicale: in gran forma l’orchestra – e per quel poco che conta nell’economia dell’opera pure il valente coro istruito da Andrea Faidutti – chiamata ad una prova di difficoltà estrema e che si è distinta per precisione e pulizia sia nella foga dei decibel, che Strauss certo non risparmia, e soprattutto nelle incantevoli oasi liriche che, pur immerse nel folle barbarismo dell’atonalità in uno spartito che pure all’Autore parve estremo, sono emerse con soave incanto e anche quel pizzico di ironia che accompagna le citazioni, wagneriane in primis (quella sorta di “Cavalcata delle Valchirie” in cui si sfoga la protagonista prima dell’ingresso della sorella, ne costituisce forse il più evidente esempio) e i ritmi danzanti, il walzer di Egisto che contiene il germe di quello poi destinato al barone Ochs nel posteriore Cavaliere della rosa.
Gran bella lettura, coinvolgente e dinamicamente incalzante, anche a rischio di privilegiare il sinfonismo prevaricante sulle voci, quella compiuta da Lothar Zagrosek ed eccezionali le tre donne. Iniziando dalla perfetta Clitennestra di Natascha Petrinsky, voce di mezzosoprano pregevole e usata senza eccessi di petto né cadute di tono nell’interpretazione, laddove piuttosto si è evidenziato il lato pure colloquiale tra madre e figlia, quasi di reciproca complicità nel loro duetto. Ottimo soprano lirico, con bella tenuta in acuto, Sabina Von Walther, Crisotemide e, su tutte, la poderosa Elettra di Elizabeth Blancke-Biggs, dal timbro peculiare, un po’ intubato nel centro, ma completa in tutta l’estensione, ferma nell’intonazione e nell’emissione di forza, superlativa come interprete: si tenga presente che il 17 cantavano i ruoli di Elettra e di Crisotemide le artiste del così detto “secondo cast”. Mi auguro che quelle del primo siano state almeno di pari merito!
Il successo calorosissimo che le ha accolte ha coinvolto gli altri interpreti, la cui minor partecipazione non sottintende scarso impegno: centrato sia il baritono Thomas All, Oreste, che il tenore Jan Vacik, Egisto e ottima la schiera dei ruoli di fianco; specialmente brave le cicaleggianti donne nella prima scena.
Lo spettacolo giunge a Bologna da Bruxelles dopo essere passato al Liceu di Barcellona. La regia di Guy Yoosten, ripresa da Wolfgang Gruber coadiuvato da Patrik Kinmonth per scene e costumi e da Manfred Voss per le luci, rifugge dal “micenatismo” di maniera rispondendo, di fatto, alla volontà di Hugo von Hofmannsthall. Il quale per altro forse oggi sarebbe un po’ stucco di vedere l’ennesima trasposizione “moderna”, atemporale se i costumi non suggerissero gli abusati anni 40 dello scorso secolo e le sorveglianti non sembrassero altrettante Kapò in un campo di sterminio. E’ anche vero che la brutalità della tragedia, la psicosi pseudo freudiana della protagonista sono una tentazione troppo forte e che, comunque, in quest’opera si può osare oltre a dove volano le aquile, siano pure quelle del Terzo Reich.
Funziona bene tutto, con una continuità nel cambio scena, realizzato a vista con il sollevamento dei fondali in due occasioni, all’inizio ed alla fine, lasciando per quasi tutto lo scorrere dell’azione a vista quella che potrebbe essere la cantina in cui è segregata, e controllata a vista, Elettra. Qui lei ha conservato il triclinio, ormai sdrucito, su cui riposava probabilmente Agamennone e su cui lei non riesce a conciliare il sonno meditando vendetta, su cui la madre si sdraia pure per raccontarle gli incubi da cui è afflitta e su cui si siederà pure l’attonito Oreste per il lavaggio sacrale dei piedi da parte dell’estasiata sorella. Non ha convinto solo il finale, laddove la danza che conduce Elettra alla morte per parossismo orgasmico, cede ad un improbabile “tableau vivant”: un “siparietto” in cui lei finalmente muore tra le braccia del fratello, in mezzo all’intera reggia sgozzata al suolo, mentre la sorella rimasta esclusa dal rito, e dal mito, intona gli ultimi due “Oreste” con voce sempre più flebile.
Si è avuta la netta sensazione che musica e scena procedessero per strade diverse, l’una in crescendo di disperazione pur con un ritmo martellante, l’altra in uno stucchevole quadretto consolatorio che con Elektra, con la musica di Strauss, non ha nulla da spartire.