BARCELLONA: La sonnambula – Vincenzo Bellini, 7 e 8 maggio 2025

BARCELLONA: La sonnambula – Vincenzo Bellini, 7 e 8 maggio 2025

La sonnambula

melodramma in due atti

messa in musica da Vincenzo Bellini

su libretto di Felice Romani

È considerata con I puritani e Norma uno dei tre capolavori del compositore catanese

Direzione Lorenzo Passerini

Regia Bárbara Lluch

Personaggi e Interpreti:

  • Conte Rodolfo Fernando Radó
  • Teresa Carmen Artaza
  • Amina Nadine Sierra, Caterina Sala
  • Elvino Xabier Anduaga, Omar Mancini
  • Lisa Sabrina Gárdez
  • Alessio Isaac Galán
  • Notaio Gerardo López

Coreografia Metamorphosis danza (Iratxe Ansa e Igor Bacovich)
Scene Christof Daniel Hetzer
Costumi Clara Peluffo Valentini
Luci Urs Schönebaum

Coro the Gran Teatre del Liceu
Direttore del coro Pablo Assante
Orchestra Sinfonica del Gran Teatre del Liceu

Produzione  Gran Teatre del Liceu, Teatro Real, New National Theatre Tokyo, and Teatro Massimo di Palermo

 

Gran Teatre del Liceu, 7 / 8 maggio 2025


Tutto esaurito per la ripresa de La Sonnambula nel corso di sette recite. Una di “recupero”, il 9 maggio, della recita annullata il 28 aprile, causa “el apagón” e relativa soppressione della corrente elettrica in tutta la Spagna dalle 12 e un quarto di lunedì fino, a seconda delle zone, le 5 del mattino del seguente martedì 29.

Nulla di nuovo riguardo lo spettacolo, già visto al Teatro Real di Madrid poco più di un anno fa, e che si vedrà pure al Teatro Massimo di Palermo e viaggerà in Giapppne. Lo si vorrebbe liquidare con un generico “s’è visto di peggio”, non fosse che la regista Bárbara Lluch, nipote d’arte della nota attrice catalana Nuria Espert, pure lei avventuratasi spesso nel campo della lirica, in questo melodramma idilliaco ambientato dal librettista Romani in una Svizzera da cartolina – “il fonte, il bosco e vicin la fattoria” ricorda il Conte Rodolfo, seppure nel frattempo Elvino, fattosi imprenditore, della fattoria ha ricavato una… segheria! – cerchi di trarne un manifesto contro il “machismo”, il bullismo dell’intero villaggio nei confronti della sventurata sonnambula. Amina è vittima di incubi che si materializzano in ben dieci mimi-ballerini grigio cenere, i quali l’inseguono  durante quasi tutta l’opera e precedono l’inizio di ogni atto con una sorta di danza aerobica: questa moda di “aggiungere” azioni mimiche prima che inizi la musica ormai è vecchia. Elvino perde ogni connotato bucolico che lo assimili al Nemorino dell’Elisir donizettiano; diventa una sorta di Turiddu svizzero, brutale e manesco. Il Conte si presenta come un Don Giovanni da strapazzo, seguito dal suo personale Leporello, servo muto; oltre a farsi un bagno in tinozza, rimanendo poi a torso nudo per il resto della seconda parte del primo atto, tenta di violentare la bella addormentata; alla quale finalmente, vista la situazione, non resta che simulare un salto mortale dalla spericolata tettoia (il mulino è sparito con la fattoria) da una decina di metri di altezza. Gesto di rifiuto di uno sposo violento e della società che l’ha isolata, spregiata.

Un’altra opera? Con quella musica e con quel testo, direi di sì.

Meglio, per fortuna, il versante musicale; in specie la coppia di protagonisti che ha provocato entusiasmi parossistici nel facilmente infiammabile pubblico del Liceu. Il quale si è completamente “nadinizzato” arrendendosi, comprensibilmente, alla magnetica personalità e superiore qualità artistica interpretativa di Nadine Sierra. Il soprano americano con le sue “imperfezioni” riesce ad essere travolgente, vocalmente straordinaria. Si potrebbero censurare le libertà che prende super interpretando il personaggio – però è anche vero che poche come lei rendono credibili le più scriteriate regie – e nel tenere fiati, messe in voce, acuti con tale esubero di potenza, di tenuta musicale e possibilità praticamente infinita di variare le dinamiche sulla stessa nota, che rasentano l’esibizionismo a discapito di un maggior rigore belcantista. Però, di fronte a tanta rigogliosa generosità, ai colori di una tavolozza espressiva ricchissima ed inesauribile, alla cura ed incisività della parola cantata, ci si arrende molto volentieri e le si grida “brava” tra i primi al finire di ogni cadenza. Si aggiunga la bellezza, fisica oltre che del timbro, la naturale simpatia, il carisma innegabile e la somma è presto fatta: oggi come oggi siamo al Top! Che tra poco passi ad altro repertorio, vista la consistenza del settore medio grave (non un suono forzato, non un suono di petto) è cosa naturale; è logico attendersi da questa 36enne altri stupendi debutti. Nel frattempo si applaude anche la prodezza del Fa sopracuto, letteralmente “sparato” su coro ed orchestra a conclusione dell’opera. Fuochi d’artificio!

Festeggiatissimo pure l’Elvino di Xabier Anduaga, ormai affermato tenore che possiede un timbro schietto e seducente, un’estensione notevolissima (la parte è infida per i Re sovracuti sparsi in abbondanza) e che rispetto a precedenti esecuzioni pare meno impegnato a dimostrare che è… un tenore! Fraseggio più accurato, rispetto alla prova madrileña di pochi mesi fa, belle intenzioni in mezzevoci e suoni sul fiato, che si vorrebbero più frequenti, molto credibile nella parte del geloso imposta dalla regia. Anche nel suo caso, il passaggio ad altro repertorio è dietro l’angolo e ci riserverà, c’è da augurarcelo ed augurarglielo, belle sorprese.

Note molto positive per la brillante Lisa del soprano Sabrina Gardez, con tutti i tagli della parte riaperti, compresi i “da capo”; voce penetrante, ben impostata, perfetta anche nel colore un po’ acerbo della giovinezza, scenicamente godibilissima. Completavano dignitosamente il cast il vivace Alessio del baritono Isaac Galán, l’impassibile Teresa del mezzosoprano Carmen Artaza e l’episodico notaio del tenore Gerardo López. Spiace aggiungere che il Conte Rodolfo del basso argentino Fernando Radó poco ha offerto, oltre al fisico palestrato: emissione disordinata e linea di canto prossima al parlato. Peccato, si spera sia un momento di crisi passeggera.

Molto bene il coro, sempre istruito a meraviglia dal Maestro Pablo Assante, benissimo l’orchestra e ottima la direzione di Lorenzo Passerini, pure lui applauditissimo alla ribalta finale, il quale, oltre a fornire una lettura coinvolgente, ha accompagnato sostenendo ed incitando idealmente i solisti in palcoscenico, emergendo nella perfetta concertazione dei pezzi d’assieme: il finale primo e, soprattutto, lo splendido quartetto del secondo atto.

Le recite del 16 aprile, riservata agli “under-35” e quella del 7 di maggio hanno visto impegnati due giovani artisti italiani, scritturati anche con la responsabilità di “cover” per tutte le recite: Caterina Sala, Amina dal bel colore lirico e corretta linea musicale e Omar Mancini, tenore in crescita che durante l’aria del secondo atto ha emesso uno strabiliante Mi sovracuto. Anche loro due non vanno persi di vista.

Andrea Merli

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