Duomo di Milano – Mese Mariano e La Resurrezione di Cristo – 28 Ottobre 2015
Si informano i gentili sigg. lettori che la seguente recensione non riporta forografie in quanto rimosse a seguito di ufficiale richiesta da parte della Regia e della Direzione delle opere a seguito riportate, e si invita a non considerare “attendibili” le immagini da me precedentemente pubblicate. Qualora interessati potete visitare la pagina ufficiale del Duomo di Milano www.duomomilano.it .
Roberto Cucchi
Mese Mariano di Umberto Giordano
e
La Risurrezione di Cristo di Lorenzo Perosi
Duomo di Milano
Mercoledì 28 ottobre 2015
ore 20.30
per il “Mese della Musica”
Maestro concertatore e direttore: Stefano Seghedoni
Regia, scene e costumi: Artemio Gabassi
Maestro del Coro: Stefano Colò
Personaggi e Interpreti:
- Carmela: Antonella De Chiara
- La Contessa: Federica Gatta
- Il Rettore Don Fabiano: Carmelo Corrado Caruso
- La Superiora: Claudia Nicole Bandera
- Figlie della Carità, Suor Pazienza: Francesca Lanza
- Suor Celeste, Suor Agnese: Nadia Pirazzini
- Suor Cristina: Elena Rapita
- Monache francesi, Suor Maria: Vittoria Giacobazzi
- Valentina: Bianca Gentili
- Voce recitante: Graziano Sirci
Pueri Cantores della Cappella del Duomo di Milano diretti da don Claudio Burgi
- Storico: Leonardo Gramegna
- Cristo: Carmelo Corrado Caruso
- Maria Maddalena: Luisella De Pietro
- Maria: Nadia Pirazzini
- Pilato: Romano Franci
- Primo Angelo: Annalisa Ferrarini
- Secondo Angelo: Silvia Buson
ORCHESTRA MO-MUS – ACCADEMIA MUSICA FESTIVAL, CORO LIRICO AMADEUS
A conclusione della manifestazione “Mese della Musica”, tra le mura dell’austero Duomo milanese si sono eseguiti in forma semi scenica il bozzetto lirico in un atto di Umberto Giordano Mese Mariano e La risurrezione di Cristo, oratorio in due parti per soli, coro ed orchestra di Lorenzo Perosi. Opere per certi versi agli antipodi. La prima adattata dallo stesso autore del testo teatrale, in dialetto napoletano, Salvatore Di Giacomo narra una vicenda tristissima. Quella di una donna sedotta ed abbandonata che si vede obbligata a lasciare il frutto di quella relazione, il figlioletto Antonio, in un orfanatrofio retto da religiose. Dopo un anno riesce a fargli visita, ma il piccolo è defunto durante la notte precedente e le sorelle non hanno cuore di dare la notizia alla madre ansiosa e sofferente, adducendo che sta preparandosi nel coro, mescolato agli altri bimbi, per i canti del mese mariano. Una trama che ha punti di contatto con quella, di circa sette anni posteriore , della pucciniana Suor Angelica e che, pur senza averne la disperata crudezza e, soprattutto, un personaggio emblematico come quello dell’inesorabile zia Principessa, colpisce ed emoziona per la sofferta umanità della protagonista, Carmela la madre sconsolata e nell’ambito della produzione di Giordano si staglia per la ispirata vena compositiva.
Il lavoro di Perosi, tratto nelle due parti rispettivamente dal Vangelo di San Matteo e da quello di San Giovanni, pur possedendo un indiscutibile afflato mistico, ha un’indiscutibile teatralità che, non a caso, lo ha reso il più popolare tra le innumerevoli, e tutte da riscoprire, composizioni del Sacerdote.
La sede, infine, superato lo scoglio di un’acustica inevitabilmente ridondante con una ottima e discreta amplificazione, è quella adatta e per la vocazione a Maria del Mese di Giordano e, soprattutto, per l’evangelico racconto di Perosi.
La responsabilità, ed il merito, di averle accostate queste due pieces spetta alla responsabile del Casting e direttore artistico dell’Associazione Concertistica Carmina e Cantica Beatrice Bianco, mentre per dare una credibilità scenica è stato chiamato all’impresa, per molti versi improba, Artemio Cabassi, che ha firmato regia, scene – una pedana fissa e poco atrezzo – ed i costumi, questi riconoscibili nella cifra di eleganza e raffinatezza cromatica. Ne è scaturito un bozzetto efficace in Mese Mariano, laddove il coro dei bimbi (gli intonatissimi Pueri Cantores della Cappella Musicale del Duomo diretti da Don Claudio Burgio) è stato tenuto “in quinta” salvo la presenza della piccola Bianca Gentili, deliziosa voce bianca nei panni di Valentina, che ha assai ben recitato i sonetti dedicati all’anziana, e un po’ svanita, Contessa benefattrice dell’orfonatrofio, interpretata con spirito caricaturale dal soprano Federica Gatta. Il cast, praticamente tutto femminile tolto il fugace intervento del Rettore Don Fabiano, il valente baritono Carmelo Corrado Caruso, poi impegnato con ben altro peso vocale nella difficile parte di Cristo nei due tempi della Risurrezione, contava con la precisa ed autorevole Superiora del mezzosoprano Claudia Nicole Bandera e nell’ordine le brave Figlie della Carità: Suor Pazienza, il soprano Francesca Lanza, cui spetta un maggior spicco solistico, Suor Celeste e Suor Agnese, interpretate dal mezzosoprano Nadia Pirazzini, quindi Maria nell’Oratorio di Perosi, Suor Cristina, il soprano Elena Rapita e Suor Maria, il soprano Vittoria Giacobazzi. Su tutte, con una liricità appasionata ed una voce lirica di spessore drammatico, si è imposta la struggente Carmela del soprano Antonella De Chiana.
Nella Risurrezione il ruolo di Storico narratore è stato assunto dal tenore Leonardo Gramegna, di bella e sonora ampiezza vocale e solare bellezza timbrica. Maria Maddalena ha avuto nel soprano Luisella De Pietro un’accorata e perfetta interprete. Molto apprezzati dal numeroso pubblico pure i due angeli, rispettivamente i soprano Annalisa Ferrarini e Silvia Buson. Puntuale il Pilato del baritono Romano Franci.
Ottimamente preparata l’Orchestra Mo-Mus e bene anche il Coro Lirico Amadeus, diretto da Stefano Colò. La direzione è stata condotta con bravura dal Maestro Stefano Seghedoni, cui è riuscito dare coesione e continuità drammatica ai due lavori, il ché, tenendo conto anche della scarsità delle prove e del fatto che in Duomo non si è provato, è doppiamente lodevole. Una lettura più delicata, e non priva di enfasi nei momenti di maggior tensione per Giordano, mentre in Perosi si è messo in evidenza il “debito” con Wagner e l’avvicinamento, interessante e “moderno” per i tempi (1930) al gusto mitteleuropeo, con frasi musicali che possono evocare la scuola slava e russa.
Un franco successo ha salutato gli interpreti in ripetute chiamate.
Andrea Merli