PALMA DE MALLORCA: Turandot – Giacomo Puccini, 21 ottobre 2024

PALMA DE MALLORCA: Turandot – Giacomo Puccini, 21 ottobre 2024

TURANDOT

Giacomo Puccini


Direttore Giuseppe Finzi

Regia Alessandra Premoli

Personaggi e Interpreti:

  • Turandot Catherine Foster
  • Calaf Alejandro Roy
  • Liù Marta Bauzà
  • Timur Byung Gil Kim
  • Ping Tomeu Bibiloni
  • Pang Joan Laínez
  • Pong José Manuel Sánchez
  • Imperatore Albert Casals
  • Mandarino Jorge Tello
  • Ancelle Nadia Akaârir, Carla Vázquez
  • Príncipe di Pèrsia Manuel Velasco 

Figuranti
Juan Bolívar, Moritz Bonin, Tobías Gerdes, Álvaro Hurtado, Antoni Jaume, Félix Maestro, Gypsy Nel·lo, Serafín Quevedo, Luciano Scalzone, Lluís Verd

Balletto
Paloma Camprodón, Esther Martí, Marina Salom, Alba Vinton

Scene Nathalie Deana

Costumi Maria Miró

Luci Antonio Castro

Coreografia Joan Taltavull

Coro del Teatre Principal
Direttore Francesc Bonnín

Coro delle voci bianche del Teatre Principal
Direttore María Francisca Mir

Orquestra Simfònica Illes Balears

Banda interna del Teatre Principal

 

Teatre Principal, 21 ottobre 2024


 La stagione a Palma di Mallorca si inaugura nel nome di Puccini con una nuova produzione di Turandot, completamente realizzata nell’Isola. Prende così felicemente il via la nuova direzione artistica e sovrintendenza di Miquel Martorell Vicens, il quale ha creduto, appoggiato con fermezza questo importante progetto.

Impegnata in primis la Orquestra Simfónica Balears, fondata nel 1988, una delle più prerstigiose formazioni in territorio spagnolo, tra le cui file primeggiano alcuni strumentisti italiani. Dedita abitualmente al repertorio sinfonico, sotto la direzione accurata, affidabile e di polso sicuro del Maestro Giuseppe Finzi, si è rivelata uno dei cardini per la riuscita dello spettacolo. Finzi ha coraggiosamente optato per il “finale Alfano” nella sua completezza. Non solo, si è apprezzata pure l’apertura di alcuni piccoli, ma decisivi, tagli abitualmente apportati per la famigerata tradizione imposta da Toscanini; effettivamente questo finale, che “Puccini non è” ovviamente, si apprezza di più e solo nella sua completezza. Ciò comporta un ulteriore sforzo per i due protagonisti, Turandot e Calaf, poiché Alfano non fa certo sconti e pure al coro, ulteriormente messo sotto pressione: quello del Teatre Principal, sotto la guida di Francesc Bonin, con l’aggiunta delle voci bianche a loro volta istruite da Mara Francesca Mir, se l’è cavata più che onorevolmente. Di particolare effetto le fanfare nel finale trionfalistico, che ricordano l’ingresso della marcia dell’Aida, poste nei palchi di proscenio in terz’ordine, anche per la ristrettezza del golfo mistico. A tempo e ben organizzata la banda interna affidata alla giovane Gemma Camps. Stretti in buca e affollati in scena: oltre duecento persone, un miracolo di organizzazione in uno spazio relativamente piccolo.

Lo spettacolo di bella resa e ottima realizzazione porta la firma di Alessandra Premolli. La regista ci spiega dal programma di sala che, dopo un’estenuante ricerca, è giunta ad individuare la “scatola musicale” cinese, proprietà del barone Eduardo Fassini-Camossi di Lucca, i cui tre brani affascinarono Puccini e gli offrirono il tema per il coro di voci bianche del primo atto: “Mò-Li-Huä” (Fiore di gelsomino). Il motivo, tratto dal carillon originale, apre in un filmato l’azione e gli ingranaggi della scatola, reinterpretati, ingigantiti dalla scenografa Nathalie Denna, riempiono suggestivamente la scena, ricreando la camera di Turandot e prestandosi addirittura al gong percosso da Calaf. Molto centrati i bei costumi di Maria Miró, così come perfetta l’illuminazione di Antonio Castro; efficaci i movimenti coreografici imposti da Joan Taltavull, affidando Putin Pao, il boia, ad una ballerina. Una regia che scorre nell’ambito di una consolidata, sempre apprezzata, tradizione che nel finale, dopo il bacio fatale che letteralmente scioglie la “Principessa di gelo”, ci presenta tutti in semplici e chiari abiti contemporanei. Con Puccini si chiude una pagina del melodramma, ma si aprono le porte della musica del divenire.

Ottimo il cast. Protagonista il 49enne soprano di Nottingam Catherine Foster, celebre per le sue interpretazioni wagneriane; offre un’inaspettata liricità, con voce chiara e a tratti quasi infantile a Turandot, salvo poi lanciarsi in poderosi Do acuti in un vero e proprio tsunami vocale. Ha avuto, prevedibilmente, un successo travolgente che ha accomunato il valente tenore di Gijon Alejandro Roy, Calaf dalla voce maschia, ben proiettata, autentico “tenor espada” dall’acuto fiammeggiante. Non è stata scelta la variante acuta sulla frase “Ti voglio tutta ardente d’amor”, ma il fraseggio, l’accento, la linea musicale hanno giocato in suo favore, siglando un apprezzabile “Nessun dorma”. Una lieta sorpresa la lirica, appasionata Liù del soprano di Barcellona Marta Bauzà, una voce di notevole peso dove è facile intravvedere future prese di ruolo, non solo pucciniane. Ben amalgamate, ma anche individuabili negli interventi solstici, le tre maschere: Ping, il baritono Tomeu Babiloni, Pang e Pong rispettivamente i tenori Joan Lainez e José Manuel Sánchez. Il basso koreano Byung Gil Kim ha dato vita ad un credibile Timur, così come il tenore catalano Albert Casals è stato un imperatore Altoum di lusso. Corretto il Mandarino del baritono Jorge Tello e puntuali sia le ancelle di Turandot, Natalia Akaärir e Carla Vazquez, che la voce del Principe di Persia nel grido “Turandot”: tenore Manuel Velasco, tolto dalle file del coro.

Andrea Merli

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