VALENCIA: Manon – Jules Massenet, 15 ottobre 2024

VALENCIA: Manon – Jules Massenet, 15 ottobre 2024

MANON

Jules Massenet


Direttore James Gaffigan
Regia Vincent Huguet

Personaggi e Interpreti:

  • Manon Lescaut Lisette Oropesa
  • Lescaut Carles Pachon
  • Le Chevalier des Grieux Charles Castronovo
  • Le Comte Des Grieux James Creswell
  • Guillot de Morfortaine Jorge Rodríguez-Norton
  • Monsieur de Brétigny Daniel Gallegos++
  • Poussette Antonella Zanetti++
  • Javotte Laura Fleur++
  • Rosette Ester Ferraro++
  • Sirvienta Holly Brown++
  • L’Hôtelier Max Hochmuth+

Scene Aurélie Maestre

Costumi Clémence Pernoud

Luci Christophe Forey

Coreografía Jean-François Kessler

Coro della Generalitat Valenciana
Direttore del coro Francesc Perales

Ochestra della Comunitat Valenciana
++Centre de Perfeccionament
+Alumni del Centre de Perfeccionament

Producción de la Opéra national de Paris

 

 

 

Palau de les Arts Reina Sofia, 15 ottobre 2024


Photo © Miguel Lorenzo-Mikel Ponce

La stagione al Palau de les Arts di Valencia si inaugura con Manon di Jules Massenet, opera tra quelle del prolifico compositore sicuramente la più eseguita e popolare, almeno un tempo e specie in Italia, seppure nella versione tradotta. Ora s’impone alla cronaca, poiché è in scena contemporaneamente al Teatro Regio di Torino in un ambizioso progetto che mette a confronto ravvicinato Massenet, Puccini e il meno noto Auber (l’ultima volta in Italia circa quaranta anni fa al Teatro Filarmonico di Verona, protagonista Mariella Devia)… ci sarebbe pure un balletto di Fromental Halévy a completare le Manon Lescaut, ma sarebbe pretendere troppo!

Photo © Miguel Lorenzo-Mikel Ponce

La produzione proviene dall’Opéra di Parigi: regia di Vincent Huguet, scene di Aurélie Maestre, costumi di Clémence Pernoud, illuminazione di Christophe Forey e coreografia di Jean-François Kessler. Spettacolo ben ideato e costruito, lavoro di bulino su singoli interpreti e sul coro – particolarmente partecipe ed intonatissimo quello della Generalitat Valenciana istruito da Francesc Perales – scenografia di effetto, così come le luci, i costumi e la coreografia. Peccato che sia un altro film: protagonista Joséphine Baker – qui un’attrice danzerina onnipresente che interferisce continuamente nell’azione – con tanto di canzone coreografata e doppiata, presa dal film “Zou Zou” del 1934 con la splendida artista haitiana.

Photo © Miguel Lorenzo-Mikel Ponce

Il parallelo Joséphine – Manon risulta forzato e cervellotico: rimane da chiedersi quanti tra il pubblico l’abbiano colto, quanti abbiano identificato la celebre (un tempo) cantante attrice, quanti, conoscendo la trama di Manon e la musica di Massenet, non siano rimasti spiazzati come il sottoscritto all’inizio del secondo atto quando si ascolta amplificata “C’est lui”, canzone tratta dal film, in una azione mimica e danzata a cui partecipa pure Manon mentre poi riprende la musica di Massenet senza nemmeno una pausa. Tra le inevitabili incongruenze il “bouquet” che ingelosisce Des Grieux è un soprabito kimono, ma l’errore a mio avviso imperdonabile di questa “drammaturgia” sta nel fare incontrare i due protagonisti subito, in un’altra azione mimica durante il pur breve preludio; hanno pure il tempo di ritirarsi in un “séparé” e noi di vedere in controluce il loro approccio amoroso. La sorpresa, l’incantesimo del primo incontro – per Prevost tra due adolescenti – l’emozione dello scoccare dell’amore irrefrenabile, va così a farsi benedire. Mal comune di molte regie “moderne” sta nel trovare inconcepibile che il cantante durante un’aria rimanga solo in scena: così l’addio al picciol desco è cantato mentre la cameriera stizzita prepara la valigia e la presunta Baker attende spazientita che Manon si decida a seguirla; “Je suis seul, seul enfin!” Des Grieux lo confida a un padre confessore; Bretigny raggiunge la coppia nella dimora travestito da suora; nell’Hotel di Transilvania, in un clima di dissoluzione, non può mancare la coppia gay e pure Rosette, non a caso mezzosoprano, è mascolina e lesbica: siamo trendy, non c’è che dire. Comunque il pubblico ha apprezzato e dunque va bene così.

Photo © Miguel Lorenzo-Mikel Ponce

Grande accoglienza alla parte musicale: ottime le parti di fianco. Poussette, Antonella Zanetti, Javotte, Laura Fleur e Rosette, Ester Ferraro. Più che corretti il Bretigny del baritono Daniel Gallegos ed il Guillot del tenore Jorge Rodríguez-Norton. Nella parte di Papà Germont alla francese, il nobile Comte Des Grieux, il basso americano James Creswell offre una sonorità ragguardevole, pari ad una certa rusticità nel porgere. Il baritono catalano Carles Pachon conferma doti vocali non comuni, una bella linea di canto, estensione adeguata, nonché una preziosa partecipazione interpretativa nella parte dello sfrontato e gagliardo cugino Lescaut.

Photo © Miguel Lorenzo-Mikel Ponce

Il 49enne tenore americano Charles Castronovo risulta un attendibile Des Grieux, anche torso nudo a letto con Manon, come lo obbliga la regia. Vocalmente è piaciuto di più il “sogno” nel secondo atto, con un canto raccolto, commovente, ricco di sfumature e colori. Le intenzioni sono state ottime in corso di tutta l’opera, eppure ha deluso parzialmente nell’aria di Sant-Sulpice, passata senza nemmeno un applauso, per la scarsa proiezione in acuto che a tratti risulta schiacciato, privo di squillo.

Photo © Miguel Lorenzo-Mikel Ponce

Squisita, deliziosa, amorevole al suo debutto quale Manon Lisette Oropesa. La quale si conferma straordinaria nelle agilità, nei sovracuti lanciati con apparente disinvoltura e naturalezza, quanto per la freschezza e spontaneità dell’emissione, là dove il “vibratello” che a volte si è percepito in altri ruoli è praticamente scomparso, favorito probabilmente dalla specificità del ruolo in lingua francese che lei domina alla perfezione. La cascatella di risate nella sua prima aria, le brillanti variazioni, nella scena del Cours La Reine (qui una sorta di “vernice” di un’esposzione di quadri) la seduzione nel duetto in chiesa e poi il commovente finale, dove viene trascinata via morente da due militari in una specie di ospedale criminale (?!?), sono stati momenti di grande interpretazione e felicità musicale. Una Manon da sogno, in tutti i sensi, un’immedesimazione totale nel personaggio.

Photo © Miguel Lorenzo-Mikel Ponce

Il Maestro americano James Gaffigan, stabile alla Komische-Oper di Berlino, ha svolto un lavoro encomiabile alla direzione dell’ottima orchestra de la Comunitat Valenciana. A tutta prima, per il piglio dinamico e per gli armonici con cui si è lanciato nel preludio, si è temuto il peggio. Parafrasando Raina Kabaivanska “nell’opera vorremmo sentire ‘anche’ le voci, non solo l’orchestra”, vano timor: si è dimostrato abile concertatore, ha sostenuto sempre i cantanti in palcoscenico cercando d’evidenziarne le potenzialità e consentendo loro di esprimersi al meglio. La lettura, poi, è stata integralissima, ivi comprese le danze del terzo atto, sebbene coreografate a tempo di Charleston, nel loro perfetto “simil barocco”. Festeggiatissimo, a ragione, assieme a tutti gli interpreti accomunati alla ribalta finale in interminabili applausi.

Andrea Merli

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