LAS PALMAS DI GRAN CANARIA: La Bohème – Giacomo Puccini, 14 marzo 2024
La Bohéme
opera in quattro “quadri” di Giacomo Puccini
su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, ispirato al romanzo di Henri Murger
Scene della vita di Bohème e rappresentata per la prima volta nel 1896
Direttore José Miguel Pèrez Sierra
Regia Carlo Antonio De Lucia
Personaggi e Interpreti:
- Mimì Claudia Pavone
- Rodolfo Arturo Chacòn-Cruz
- Musetta Isabel Rey
- Marcello Alessandro Luongo
- Schaunard Fernando Campero
- Colline Vittorio De Campo
- Alcindoro/Benoît Isaac Galàn
- Parpignol Francisco Navarro
- Sergente Max Hochmuth
ORQUESTA FILARMÓNICA de GRAN CANARIA
Coro delle voci bianche della OFGC, Direttore Marcela Garrón
CORO del FESTIVAL dell’ÓPERA, Direttore Olga Santana
BANDA INTERNA – ACO.
Coproduzione ACO – Teatro Verdi de Trieste.
Teatro Pérez Galdós, 14 marzo 2024
Presente per ben 11 edizioni dal 1971 della Temporada Amigos Canarios de la Ópera, questa 12esima produzione de La Bohème, nel corso della cinquantesettesima edizione del Festival “Alfredo Kraus”, la pone indubbiamente tra i titoli più eseguiti e non poteva mancare nell’anno della celebrazione del centenario della morte del Compositore.
A dare anche solo di sfuggita un’occhiata alla cronologia c’è di che rimanere sbalorditi, poichè vi sono passati tra i maggiori interpreti. Limitandoci ai tenori nella parte di Rodolfo, si inizia con Gianni Raimondi, a fianco di Maria Chiara nel 1971, si passa a Pavarotti con la Mimì di Mietta Sighele nel ‘73 e poi Aragall, Carreras, Dvorsky, Lima, Sartori per ben due volte e la lista si allunga.
Una tradizione che comporta un’esigenza vocale non indifferente per un pubblico di “aficionados” risaputamente “vociomani”.
Da un punto di vista vocale le attese sono state largamente compensate da un cast per molti versi ideale; per la freschezza giovanile della presenza scenica e per l’aderenza vocale nei rispettivi ruoli. Iniziando dal soprano vicentino Claudia Pavone, una bella realtà nel panorama internazionale, che qui alle Canarie debuttò una brillante Norina in Don Pasquale e che nei panni di Mimì si è provata prima a Dresda, la scorsa stagione, poi a Bari e a Venezia; qui conferma doti notevolissime sia come interprete sensibile, partecipe e precisa, che per la voce dal timbro prezioso, emessa con grande sapienza tecnica e con musicalità perfetta. Il suo ingresso in scena in cerca del lume ed il duetto successivo con Rodolfo, dove entrambi in quinta hanno emesso un Do acuto uscendo di scena, tutto il terzo atto, con una meritata ovazione dopo il “Donde lieta uscì” e poi il commovente finale, le hanno garantito un successo personale condiviso con il suo amoroso partner, il tenore messicano Arturo Chacón-Cruz. Un Rodolfo sicurissimo in acuto – il fatidico Do della “speranza” preso e sostenuto con spavalda facilità e ammirevole squillo – soprattutto abile nel porgere con sentimento ed intenzione la parola cantata in quest’opera che del “canto di conversazione” è un caposaldo. E dunque, applauditissimo dopo la “gelida manina”, ma apprezzabile in tutte le frasi che Puccini profonde a piene mani in tutta l’opera, per esempio nel duetto con il baritono del secondo atto, riuscendo ad essere trascinante in “amo Mimì sovr’ogni cosa al modno”, giusto per fare un altro esempio.
Molto bravo pure Alessandro Luongo, artista sempre in crescita a che mi vanto di seguire dagli esordi. Tutta la carica affettiva e scanzonata del pittore Marcello trova nel baritono pisano la massima espressione, centellinando le frasi e dando colore a tutte le note senza sconti e con una solida e ben proiettata voce. La squadra di scapestrati “bohemiens” ha trovato nel giovane baritono di Tenerife Fernando Campero un ottimo elemento: si fece già notare nella precedente Tosca al Teatro Pérez Galdós per la bella voce e sicurezza con cui interpretò il marginale ruolo di Sciarrone. Qui ha potuto esibire una bella e nobile linea di canto e pure una precoce maturità interpretativa: da non perdere d’occhio. Molto bene pure il Colline del basso Vittorio De Campo, che risultò non a caso tra i vincitori della prima edizione del Concorso on–line SOI, e che sta intraprendendo una bella carriera possedendo tutti i mezzi, vocali e interpretativi, per affrontarla con successo.
Nei ruoli di fianco piace menzionare l’ottimo baritono Isaac Galán, prima Benoit e poi Alcindoro e, in particolare, il veterano tenore Francisco Navarro, gloria di Gran Canaria, che ha dato rilievo e spicco ad uno squillante Parpignol.
Ultima, ma solo per metterne in rilievo la grande interpretazione, la Musetta di Isabel Rey, per la quale l’anafrafe non conta, sia da un punto di vista vocale, poichè la voce corre con facilità e fermezza, né tanto meno per l’affascinante figura: il suo ingresso, evocante Marlene Dietrich, indossando uno straordinario smoking di paillettes nere, ha fatto colpo. È parsa spiritosissima nel terzo atto ed è risultata toccante nella preghiera del quarto: anche a lei il pubblico affezionato ha decretato un trionfo personale.
Resta da dire della buona partecipazione del coro, istruito come sempre da Olga Santana, a cui si è aggiunto quello delle voci bianche, Coro Infantil de la OFGC, a sua volta preparato da Marcela Garrón, e sottolineare l’ottima prestazione dell’Orquesta Filarmónica de Gran Canaria guidata dal Maestro José Miguel Pérez-Sierra, il quale oltre a garantire un’ottimo rapporto col palcoscenico ha sottolineato meravigliosamente i momenti di intenso lirismo, senza perciò sdiliguirsi in tempi allentati, anzi trovando il giusto ritmo pur nei rallentando e stentando. Brillante nel secondo atto, ma decisivo e partecipe nel finale dall’ingresso di Musetta, laddove è riuscito a commuovere con una lettura emozionante.
Lo spettacolo, mutuato dal Teatro Verdi di Trieste, segue la più consolidata tradizione, è firmato dal regista Carlo Antonio De Lucia, il quale non rinuncia a tocchi di originalità: l’azione è posticipata ai tempi della “prima” di Bohème nel 1896 (infatti si vede la “siluette” della Torre Eiffel campeggiare sui “cieli bigi”) e dettaglio nuovo, almeno per me, si assiste alla lite tra due bimbi che si contendono la tromba e il cavallin, frase intonata all’unisono in un imprevisto duetto.
Andrea Merli