MADRID: Pan y Toros – Francisco  Asenjo Barbieri, 6 ottobre 2022

MADRID: Pan y Toros – Francisco  Asenjo Barbieri, 6 ottobre 2022

PAN Y TOROS

Zarzuela en tres actos

Música
Francisco Asenjo Barbieri

Libreto José Picón

Estrenada en el Teatro de la Zarzuela, el 22 de diciembre de 1864

nueva producción del teatro de la zarzuela


 

Direttore GUILLERMO GARCÍA CALVO

Regia JUAN ECHANOVE

 

Personaggi e Interpreti:

  • Doña Pepita YOLANDA AUYANET 
  • Princesa de Luzán CAROL GARCÍA
  • Capitán Peñaranda BORJA QUIZA 
  • La Tirana MILAGROS MARTÍN
  • Goya GERARDO BULLÓN
  • Duquesa MARÍA RODRÍGUEZ
  • Abate Ciruela ENRIQUE VIANA
  • Corregidor Quiñones PEDRO MARI SÁNCHEZ
  • Pepe-Hillo CARLOS DAZA
  • Pedro Romero PABLO GÁLVEZ
  • Costillares JOSÉ MANUEL DÍAZ
  • El General PABLO LÓPEZ
  • Ciega LARA CHAVES
  • Padre ciego SANDRO CORDERO
  • Santero ALBERTO FRÍAS
  • Jovellanos CÉSAR SÁNCHEZ
  • Niño ciego JULEN ALBAEl

Scene e Costumi ANA GARAY

Luci JUAN GÓMEZ CORNEJO

Coreografía MANUELA BARRERO

Video ÁLVARO LUNA con la colaboración de ELVIRA RUIZ ZURITA

Orquesta de la Comunidad de Madrid Titular del Teatro de La Zarzuela

Coro del Teatro de La Zarzuela

Direttore del Coro Antonio Fauró

Teatro de la Zarzuela, 6 ottobre 2022


“Panem et circenses” o, parafrasando Tobia Gorrio ne La Gioconda, “feste e pane”. L’espressione spagnola fu coniata ufficalmente all’inizio del XIX secolo, pare da Jovellanos personaggio politico alla corte di Carlo IV, rivale del ministro Godoy, altro personaggio chiave della storia spagnola a cavallo dei due secoli e, soprattutto, durante l’interregno francese in epoca napoleonica. Nella “zarzuela grande”, cioè in tre atti e con ben quindici numeri musicali, quasi tutti molto articolati, la fatidica frase viene pronunciata dal Corregidor Quinones: “Pan y toros! a Pueblo y Aristocracia, y en vez de universidades escuelas de tauromaquia […] Demos al Pueblo espectaculos que distraigan la atenciòn“.

Il libretto di José Picòn nel 1864, la “prima” il 22 dicembre, più che alla flebile trama amorosa, ché pure è presente con lieto fine tra la Principessa de Luzan, “guerriera” e “liberale” ed il Capitan Penaranda, suo protetto e valoroso patriota, traccia uno squarcio storico e popolare di tempi che erano ancora nella memoria di tutti gli spettatori. Tant’è che il personaggio chiave di Donna Pepita, qui macchiavellica cospiratrice oscurantista, ma nella realtà amante e poi moglie di Godoy, il quale a sua volta era l’amante della regina Maria Luisa di Parma, seppure anziana era ancora viva e morì ultra novantenne cinque anni dopo la “prima” di Pan y toros.

Ovviamente, seppure si faccia riferimento a personaggi realmente esistiti, primo fra tutti il pittore Goya, il quale qui pure milita nelle file liberali, la trama è di pura fantasia. Un pretesto piuttosto manicheo di dividere “buoni” e “cattivi”, quando la realtà storica fu molto più articolata, col fine di esaltare lo spirito nazionale; non a caso e come nell’altro indiscusso capolavoro di Barbieri El barberillo de Lavapiés, la “tirata” finale è proclamata da Jovellanos, Deus ex machina, interpretato da un attore. Un testo che, nel corso della zarzuela, si rivela quasi rivoluzionario per la denuncia della debole monarchia. Non a caso nel 1867 la regina Isabella II, nipote di Carlo IV e salita al trono dopo lo sconto con il reazionario partito “Carlista” che sosteneva la candidatura dello zio Carlo Maria Isidoro, fratello di Ferdinando VII, ne proibì l’esecuzione.

Il Teatro Nacional de La Zarzuela con questa nuova e riuscitissima produzione intende iniziare così la celebrazione del bicentenario della nascita di Barbieri, che cade nel 2023. Autore il quale, nonostante il cognome italiano ereditato dal nonno materno a suo tempo direttore del Teatro de la Santa Cruz a Madrid, è considerato tra i padri fondatori della Zarzuela moderna. Ebbe una vita inizialmente avventurosa, costellata d’aneddoti (uno dei più divertenti, a posteriori, fu il rifiuto di collaborare con Verdi, il quale si rese colpevole di non dargli retta durante il periodo che soggiornò a Madrid per allestire La forza del destino nel 1863, negandogli aiuto per le danze del Don Carlo) ma alla fine si impose a Madrid, dove al Teatro de La Zarzuela ottenne grandissimi successi. Tra questi Pan y toros, uno degli esempi più fulgidi nel tradurre i motivi popolari spagnoli, seguidillas, tiranas, boleros e fandangos tra i molti, in musica orchestrale e nel contempo sfruttare lo stile operistico italianizzante in concertati, duetti e terzetti con sapiente uso di motivi conduttori e di melodie dall’impronta verdiana (per tutti il bellissimo “adagio religioso”, così definito in partitura, cantato dalla Principessa: “Este santo escapulario”) ed occhieggiante, nelle pagine più brillanti, allo stile boulevardier offenbachiano, ad esempio nel coro di dame che apre il terzo atto e che, prendendo spunto dal Donizetti dell’Elisir, ricorda quello de La Grande Duchesse de Gerolstein.

Teatro affollatissimo la sera della “prima” lo scorso 6 ottobre: spettacolo di esemplare efficacia e ispirazione dovuto all’impeccabile regia di Juan Echanove, con la funzionale scena mobile (una sorta di piccola arena) ed i cromaticamente azzeccati costumi, giocati sui toni del nero e rosso acceso, di Ana Garay. Perfetta la illuminazione di Juan Gómez Cornejo, ottima la coreografia, solo a tratti un po’ prevaricante nei movimenti mimici del por lodevole corpo di ballo e figurazione, di Manuea Barrero e straordinarie le proiezioni viedo di Álvaro Luna, in collaborazione con Elvira Ruiz Zurita, evocanti ovviamente Goya nelle sue tremende acqueforti taurine e pure in rielaborazioni riuscitissime di sui dipinti, quali ad esempio l’esecuzione dei martiri del “dos de mayo”.

Musicalmente non poteva andar meglio: la direzione di Guillermo García Calvo, a capo dell’ottima orchestra della Comunidad de Madrid e del non meno che straordinario coro, eccezionale anche nel versante scenico, istruito da Antonio Faurò, ha scatenato il pubblico in frequenti ed insistiti applausi e grida durante tutta la recita. Il cast ha allineato un gruppo di sperimentati e specialisti artisti che dominano questo peculiare genere dove la recitazione, i versi sono in rima, richiede la stessa se non superiore bravura che nel canto.

In tal senso è parso bravissimo l’attore César Sánchez, Jovellanos e con lui il Corregidor nterpretato dal bravo baritono Pedro Mari Sánchez. Uno straordinario artista che, in realtà, per la sua polifacetica attività sfugge ad una vera e propria definzione, Enrique Viana, nei panni dell’Abate Ciruela (Prugna, in italiano) un ruolo comico per tenore che lo espone a diversi momenti solistici e lo impone nei concertati come unica voce del suo timbro. Personalmente ho un’ammirazione speciale per il soprano Milagros Martín, che ha alle spalle una carriera zarzuelistica di spicco e che qui si è prestata al breve ruolo de La Tirana, poco impegnata nel canto ma a cui è riservata una scena recitata che, giustamente, le ha meritato un applauso a scena aperta. Goya è qui un baritono, l’ottimo Gerardo Bullón. Donna Pepita, che poi fu la modella de la Maja desnuda quadro che era proprietà di Godoy, ha trovato in Yolanda Auyanet un’interprete di carattere deciso e forte, in grado di affrontare la rivale in un duetto che potrebbe ricordare l’equivalente tra Laura e Gioconda, ma che si caratterizza per una stretta brillante ricca di agilità in cui il soprano canario ha pure sostenuto con forza uno spettacolare Re sovracuto. La Principessa di Luzan, personaggio di fantasia, è stata risolta con sciolta e chiara vocalità di mezzo soprano dalla gradevole e temperamentosa Carol García. Il brillante e coraggioso Capitan Penaranda ha visto la superba, sia vocalmente che scenicamente, prova di Borja Quiza, un baritono talmente duttile da poter passare dai ruoli verdiani, recentemnete Don Carlo ne La forza del destino a La Coruna, a questi più esposti sul lato della recitazione e solo apparentemente meno impegantivi nel canto.

Della lunga schiera di ruoli di fianco, piace segnalare i tre toreri, personaggi realmente esistiti, Costillares, José Manuel Diaz, Pedro Romero, Pablo Gálvez e Pepe-Hillo, Carlos Daza, non solo bravissimi nel canto, ma abili soprattutto nella accentuazione andalusa. Ricordiamo la valida Duquesa di María Rodríguez, il General di Pablo López ed infine una serie di ottimi artisti qui impeganti in parte solistiche di spicco: Alberto Frías, El Santero, Juan Sousa, El Pecado Mortal, Lara Chavez, La Madre, Sandro Cordero, el Padre, Julen Alba, El Nino, tra gli altri, tutti bravissimi, tratti dalle fila del coro.

In tutto 14 recite, con cambio nei ruoli protagonistici, per tutto il mese di ottobre. Chi può, non manchi!   

Andrea Merli

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