VERONA: La traviata – Giuseppe Verdi, 2 luglio 2022
LA TRAVIATA
Giuseppe Verdi
Direttore Marco Armiliato
Regia e Scene Franco Zeffirelli
Personaggi e Interpreti:
- Viloletta Valery Nina Minasyan
- Flora Bervoix Lilly Jørstad
- Annina Francesca Maionchi
- Alfredo Germont Vittorio Grigòlo
- Giogio Germont Vladimir Stoyanov
- Gastone di Letorières Carlo Bosi
- Barone Douphol Nicolò Ceriani
- Marchese d’Obigny Alessio Verna
- Dottor Grenvil Francesco Leone
- Giuseppe Max René Cosotti
- Domestico – Commissionario Marco Malvaldi
Costumi Maurizio Millenotti
Coreografia Giuseppe Picone
Primi ballerini Eleana Andreoudi , Fernando Montano
Orchestra, Coro, Ballo e Tecnici della Fondazione Arena di Verona
Maestro del Coro Ulisse Trabacchin
Coordinatore del Ballo Gaetano Petrosino
Arena, 2 luglio 2022
Questa 99esima stagione in Arena si risolve sostanzialmente come un grande omaggio a Franco Zeffirelli, che qui firmò i suoi allestimenti più spettacolari.
Immagino che la povera salma si sarà più volte rivoltata nella tomba per la ripresa di questa sua ultima e postuma Traviata, spettacolo che nacque su un suo progetto, ma che sostanzialmente appartiene ad altri, ereditando dal compianto regista fiorentino più che altro il nome.
Immaginatevi lo spettacolo di chi entrando in Arena con il dovuto anticipo ha assistito al montaggio della scena che, con pubblico presente e se non previsto dalla regia, dovrebbe essere utimato prima e per tempo. Non basta che lo spettacolo sia iniziato con 45 (quarantacinque) minuti di ritardo e va sottolineato il paziente atteggiamento del pubblico, ma ci si è accorti “last minute” che della scena mancavano pezzi interi, con visibile imbarazzo dei macchinisti (alcuni accorsi, si dice, anche da Milano ma ahinoi senza sapere dove mettere le mani) e senza che la direzione si prendesse la briga di dare la benché minima spiegazione, non dicasi scusa.
Per farla breve, si tratta dei “soliti” problemi sindacali di assunzioni mancate, personale scelto indipendentemente dalle graduatorie, ecc. ecc. I risultati sono questi e pare già manifestatisi per la precedente Aida, sempre zeffirelliana, iniziata pure con grande ritardo.
Si sorvoli dunque su uno spettacolo “mancato”.
La parte musicale, senza le prove necessarie, con le immancabili sostituzioni causa Covid e con il debuto della protagonista, è andata sin troppo bene. Merito della grande professionalità e tempra di Marco Armiliato il quale dal podio è riuscito miracolosamente a portare a termine la serata senza inciampi e senza scivoloni. Dio gliene renda merito e mi auguro che nelle repliche possa prendere fiato. Bene il coro, ovviamente provatissimo dai ritardi, sempre guidato da Ulisse Trabacchin e benissimo anche i ballerini capeggiati da Eleana Andreoudi e da Fernando Moreno sulle coreografie di Gaetano Petrosino.
Al suo debutto in Arena il soprano georgiano Nina Minasyan ha dimostrato, quanto meno, di avere nervi saldissimi. Soprano lirico tendente al leggero, manca forse della “polpa” drammatica necessaria a Violetta dopo lo sfavillante primo atto, ma la sua prova in questo contesto merita un appello e comunque festeggiatissima e nel complesso assai brava.
Vladimir Stoyanov, baritono bulgaro di lunga e felice traiettoria italiana, ha sostituito il previsto Rucinsky, colpito dal “solito” virus. E’ arrivato alla “generale”, il ché equivale a dire all’unica vera prova di tutta l’opera, per altro eseguita a spezzoni: al primo atto, per evitare il cambio scena, è seguito il terzo. Voce bella, chiara, ma sonora e completa nella gamma baritonale, ha fornito un’ottima prova ed confermato la sua salda professionalità.
Sulla lunga lista di parti di fianco, ai “consueti” e bravissimi Carlo Bosi (Gastone) e Nicolò Ceriani (Douphol), si menzionino i ben assortiti Marchese di Alessio Verna, la Flora di Lilly Jorstad, la Annina di Francesca Maionchi, il Grenvil del giovane Francesco Leone ed il veterano Giuseppe di Max-René Cosotti.
“Dulcis in fundo”, adorato dal pubblico femminile, l’Alfredo di Vittorio Grigolo. Trascinante nei suoi bollenti spiriti, per nulla sopiti, vocalmente talmente baldanzoso e presente da far pensare ad una generosa e personale amplificazione, elemento catalizzatore di una serata altrimenti infausta. Come direbbero le zingarelle ed i toreri del secondo atto in casa di Flora: “No hay mal que por bien no venga“. Bisogna essergliene grati. L’opera è finita all’una e un quarto del 3 luglio.
Andrea Merli