PIACENZA: LA FAVORITA – Gaetano Donizetti, 18-20 febbraio 2022
LA FAVORITA
dramma in quattro atti di Alfonso Royer e Gustavo Vaëz
versione ritmica italiana di Francesco Jannetti
Direttore Matteo Beltrami
Regia Andrea Cigni
Personaggi e Interpreti:
- Alfonso XI Simone Piazzola
- Leonora di Gusman Anna Maria Chiuri
- Fernando Celso Albelo
- Baldassarre Simon Lim
- Don Gasparo Andrea Galli
- Ines Renata Campanella
Scene Dario Gessati
Costumi Tommaso Lagattolla
Luci Fiammetta Baldiserri
ORCHESTRA FILARMONICA ITALIANA
CORO DEL TEATRO MUNICIPALE DI PIACENZA
maestro del coro Corrado Casati
NUOVO ALLESTIMENTO
coproduzione
Teatro Municipale di Piacenza
Teatro Regio di Parma
Teatro Muncipale, 18-20 febbraio 2022
Torna La Favorita in italiano! E già ciò è da considerarsi un evento. Nella nota traduzione di Francesco Jannetti (per ragioni di censura circolò fino al 1860 in almeno altre tre traduzioni e con diverso titolo, tra gli altri Leonora di Guzman e persino una Elda ambientata tra i dervisci in Turchia!) ritorna a Piacenza dopo circa 40 anni, contando in quel bel tempo andato con la partecipazione di Alfredo Kraus. Caso vuole che sia un altro tenore canario tra i protagonisti di questa nuova produzione fortemente voluta da Cristina Ferrari, che la aveva programmata l’anno scorso, ma che fu rimandata per la pandemia ed ora ha visto finalmente la luce per due recite sul palcoscenico del Teatro Municipale, cui seguiranno due repliche al Teatro Regio di Parma il prossimo venerdì 25 e domenica 27 febbraio.
Il tenore di Tenerife Celso Albelo era predestinato alla parte di Fernando ed è stato accolto da un successo caloroso ad entrambe le recite piacentine. Non ci sono dubbi sul fatto che per stile, eleganza nel fraseggio, legato di alta scuola, sfumature e colori, varietà d’accento ed incisività nel fraseggio, è l’erede del suo grande compatriota. Va aggiunto che ha interpretato pure l’aria che Alfredo Kraus non ebbe mai occasione di cantare, poiché a quei tempi si tagliava sempre in teatro e pure in diverse edizioni discografiche; si tratta della cabaletta che chiude il primo atto nella settima scena: “Sì, che un tuo solo accento”. L’esecuzione di “Spirto gentil” di domenica 20 ha paralizzato per alcuni minuti l’azione, con un applauso interminabile, al quale è seguito l’equivalente alla ribalta finale.
Molto in parte il resto del cast: il mezzosoprano Anna Maria Chiuri, piacentina d’adozione e per cui si è montata l’opera, ha fornito una prova di alta professionalità, risolvendo con ampio margine un ruolo “falcon” dove gli sbalzi di ottava ed il canto sul passaggio richiedono grande duttilità vocale. Temperamento e padronanza scenica di massima espressività e grande scuola hanno fatto il resto, trovando nel quarto atto la passione e l’abbandono indispensabili per rendere questa “Violetta” donizettiana. Il baritono Simone Piazzola ha ereditato, dal canto suo, il velluto, la morbidezza ed il colore brunito del conterraneo Bruson. Alla bellezza timbrica e alla suadenza di una voce baciata da Dio si sommano ora una espansione vocale di ottima proiezione in acuto ed un canto sempre motivato dalla parola scenica, esposta con sentimento e nobiltà. Memorabile l’esposizione di “A tanto amor” nel terzo atto. Di spicco e bel rilievo la partecipazione del basso koreano Simon Lim, ottimo Baldassarre; è piaciuta molto Renata Campanella, soprano catanese, che ha coronato con una bella cadenza la sua “arietta” di ingresso; molto bene anche il tenore piacentino Andrea Galli, Don Gasparo.
L’ottima orchestra Filarmonica Italiana, un complesso giovanile ed in continua crescita ed il coro di Piacenza diretto da Corrado Casati, hanno seguito obbedienti la bacchetta di Matteo Beltrami, pure molto applaudito, il quale ha dato un forte piglio drammatico a questa opera della maturità di Donizetti che anticipa in più di un punto il Verdi a venire e la sua tinta “notturna”. Oltre a garantire un ottimo rapporto buca palcoscenico, ha anche saputo tenere salde le redini di uno spettacolo che crescerà in corso di repliche e che già alla seconda è parso praticamente perfetto.
I fautori della parte visiva, Andrea Cigni, regista, Dario Gessati, scenografo, Tommaso Lagattola, costumi e Fiammetta Baldisserri, illuminazione, sono stati accolti alla “prima” da una bordata di “buh”. Avevano qualche attenuante. La prima, che in piena pandemia la gestione delle masse, nonostante i tamponi quotidiani, ha comportato scelte inevitabili, oltre a doversi garantire almeno per le prime parti i così detti “cover” nel caso si rivelasse una “positività”. Quindi l’anfiteatro in cui si è situato il coro risponde ad una precisa strategia. Meno giustificabile il teatro anatomico in cui dovrebbero essere sezionati i solisti. Irritante nella sua pretesa didascalia, l’esibizione di cartelli con parole “chiave” che non hanno aiutato alla comprensione di un libretto che, già in partenza nell’originale francese, è pieno di incongruenze, raddoppiate nella traduzione di Jannetti. C’è poco da fare, in Italia il Regie-Theater non attacca. Il melomane nostrano ritiene l’opera, come la pasta, “cosa nostra” e la salsa Ketchup, nel caso, la mette sulle patatine al McDonald’s.
Andrea Merli