BARCELLONA: La dama di picche – Pëtr Il’ič Čajkovskij, 26 gennaio e 5 febbraio 2022

BARCELLONA: La dama di picche – Pëtr Il’ič Čajkovskij, 26 gennaio e 5 febbraio 2022

La dama di picche, op. 68

opera in tre atti e sette scene composta da Pëtr Il’ič Čajkovskij

libretto di Modest Čajkovskij

basata sull’omonimo racconto di Aleksandr Puškin

 

 

Direttore Dmitri Jurowski

Regia Gilbert Deflo

Personaggi e Intepreti:

  • Hermann Yusif Eyvazov, George Oniani
  • Comte Tomski / Zlatogor Łukasz Goliński, Gevorg Hakobyan
  • Príncep Ieletski Rodion Pogossov, Andrey Zhilikhovsky
  • Txekalinski David Alegret
  • Surin Ivo Stanchev, Albert Estany – Dimitar DarlevNika Guliashvili
  • Txaplitski Antoni Lliteres
  • La contessa Elena Zaremba, Larissa Diadkova
  • Lisa Lianna Haroutounian, Irina Churilova
  • Polina/ Milovzor Lena Belkina, Cristina Faus
  • La governanta Mireia Pintó
  • Maixa Gemma Coma-Alabert
  • Mestro di cerimonia Marc Sala, Antoni Lliteres
  • Prilepa Mercedes Gancedo, Serena Sáenz

Scene e costumi William Orlandi

Coreografia Nadejda L. Loujine

Luci Albert Faura

Coro del Gran Teatre del Liceu

Direttore del Coro Pablo Assante

Cor delle voci bianche VEUS – Amics de la Unió de Granollers

Direttore del Coro voci bianche Josep Vila i Jover

Orchestra Sinfonica del Gran Teatre del Liceu

 

Gran Teatre del Liceu, 26 gennaio e 5 febbraio 2022


Fortuna vuole che abbia potuto assistere a due recite con i rispettivi due cast del capolavoro di Ciaikovski La Dama di Picche nel sontuoso allestimento del Gran Teatre del Liceu, firmato per la regia da Gilbert Deflo e per le scene e costumi da William Orlandi, una produzione fortunatissima che debuttò nell’ormai lontano 1992, più volte ripresa (di fatto questa è la quarta volta in trenta anni) e documetata in DVD nell’edizione del 2011.

Dama di picche – Gran Teatre del Liceu Foto©A Bofill

Opera per la quale nutro una speciale predilezione, pur nell’ambito della vasta e gloriosa produzione russa, forse perchè ne rimasi soggiogato da una ormai remota edizione al Teatro Verdi di Trieste verso a metà degli anni 70 dello scorso secolo, con un cast di notevole livello in cui dominava la magnetica Contessa di Magda Olivero, tuttora fissa nella memoria in un’immagine sepolcrale ed allucinanante, mentre sussurrava come in un soffio di morte i couplets dall’opera Richard Coeur de Lion di Grétry: “Je crains de lui parler la nuit”. L’opera, ai tempi, si eseguiva nella traduzione ritmica italiana, ma come capita spesso in Ciaikovski, la citazione del compositore francese è nella lingua originale, come del resto i couplets di Monsieur Triquet nell’Onieghin, in maniera di fornire un quadro fedele della società nobiliare di San Pietroburgo e della Russia imperiale. Nella Pikovaya Dama, per altro, non manca nemmeno una frase in italiano: “Se non è vero è ben trovato”, che sfugge di bocca a Cekalinsky dopo il racconto del Conte Tomsky, in cui racconta la leggenda che avvolge la Contessa, conosciuta alla corte di Versailles come “la Venere moscovita”.

Ciaikoski, con l’apporto del fratello Modest librettista, adattò il testo di Puskin e, soggiacendo alla moda dei tempi, ne trasse un Grand Opera con scene di massa, specie nel primo atto incluso il coro “militare” di voci bianche che ricalca chiaramente l’esempio di Bizet in Carmen e, poi, nel secondo atto per la festa nelle sale del Principe Jelezky, ricreando una “pastorale” a tre voci ed un gran ballo “alla maniere” di Mozart, autore pure citato testualmente nel libretto. Lungi di appesantire il tutto, però, queste scene sono il preludio ideale al precipitarsi del dramma, che tocca i toni della tragedia nel breve e fatale incontro tra Hermann e la Contessa, con la morte della medesima e quindi nell’incalzante terzo atto con l’apparizione del fantasma, la grande scena sulla Neva con Lisa ed il suo sacrificio e la scena finale di gioco ed il suicidio dello sciagurato protagonista.

Dama di picche – Gran Teatre del Liceu Foto©A Bofill

Tutto ciò è svolto in maniera esemplare dalla regia, senza cedimenti di ritmo e con una chiarezza espositiva di grande suggestione, grazie alle grandiose scene corporee che si susseguono con una precisione e sequenza cinematografiche, ed ai bellissimi eleganti e preziosi costumi. Lode anche anche alla splendida illuminazione gestita da Albert Faura ed alle opportune coreografie di Nadejda L. Loujne. Circola la voce che, dopo queste recite accote con prevedibile entusiasmo, l’allestimento andrà al macero: sarebbe più che un peccato, un autentico delitto.

Non meno esaltante la parte musicale, iniziando dall’ottima prestazione di orchestra e coro, quest’ultimo istruito da Pablo Assante, sotto la bacchetta ispiratissima di Dmitri Jurowski. Dire che il direttore russo ha nel DNA questo repertorio sembra banale, ma corrispnde alla verità. Ricchezza di suono, grande slancio e passione, sostegno ideale delle voci in una lettura coinvolgente ed appassionante. Nel doppio cast, dopo la cancellazione di Sondra Radvanoski, prevista per la parte di Lisa, colpita da un grave lutto familiare, in prima serata è stata proposta Lianna Haroutounian, soprano armeno, scritturata per il secondo cast, e così si è dovuto ricorrere, in fretta e furia, ad un’altra interprete, il soprano russo Irina Churilova, che ho potuto ascoltare la sera del 27 gennaio. La Churilova è dotata di una voce penetrante, di bel colore lirico. Le vanno riconosciute qualità musicali ed interpretative non indifferenti per essersi calata subito nel personaggio che, evidentemente, domina alla perfezione. Non di meno la qualità dell’acuto, spinto al limite del grido, inficia una resa completa della complessa vocalità. Salutata comunque con generosi applausi dopo l’aria del terzo atto e quindi alla ribalta finale. Più morbida e duttile la voce della Haroutounian, di bel colore anche nell’espansione all’acuto, incline alle mezzevoci, ad un canto più sfumato. Grande successo pure per lei che pure, la sera del 5 febbraio, è arrivata alla fine del duetto con Hermann del terzo atto piuttosto affaticata.

Dama di picche – Gran Teatre del Liceu Foto©A Bofill

Nel ruolo dell’eroe negativo, Hermann, si sono apprezzati sia il tenore georgiano George Oniani, di formazione italiana: lo ricordiamo ai tempi allievo dell’Accademia della Scala; timbro squillante, voce doviziosa sia di armonici che per colore, brillante in acuto e interprete credibile, sia Yousif Eyvazov, la cui voce non è forse baciata dal cielo per bellezza dello strumento, ma che canta assai bene, usando con cura un’ampia tavolozza di colori, affascinanante come interprete per l’indiscutubile presenza scenica e per il talento attoriale che ne fa un protagonista ammirevole.

Nella parte del Conte Tomsky due ottimi baritoni: Gevorg Hakobyan e Lukas Golinski, brillanti interpreti nel racconto del primo atto, nella breve partecipazione alla Pastorale del secondo e poi nella “ballata” del terzo. Molto apprezzati nei panni del Principe Yeletski Andrey Zhilikhovsky il 27 gennaio e Rodion Pogossov, la sera del 5 febbraio ed Andrey Zhilikhovsky. E così pure entrambe le Polina/Milvozor, Lena Belkina e Cristina Faus, entrambe mezzosoprano e la Prilepa del secondo atto, il soprano Mercedes Gancedo. Perfette nei ruoli di fianco tanto la Governante, il mezzosoprano Mireia Pintò quanto la Masha del soprano Gemma Coma-Alabert. Molto in parte sia il Chekalinski, molto ben cantato dal tenore Dario Allegret che il Surin dell’autorevole basso Ivo Stanchev. Completavano il lungo cartello il Maestro di Cerimonie, il tenore Marc Sala, il Narumov del baritono Miquel Rosales.

Dama di picche – Gran Teatre del Liceu Foto©A Bofill

La parte della vecchia Contessa, relativamente impegnativa, richiede un’interprete carismatica ed in grado di evocarne l’aspetto inquietante, quasi satanico: entrambe le Contesse sono sembrate perfette: Larissa Diadkova ed Elena Zaremba, salutate da acclamazioni trionfali a fine recita.

Ultima nota positiva, l’affollamento del teatro praticamente esaurito in ogni ordine di posti e si tratta di ben nove recite. In aggiunta, tolto l’obbligo della mascherina per tutta la durata dello spettacolo, nessun tipo di “controllo Covid” all’ingresso. Si incomincia a ragionare, almeno a Barcellona.

Andrea Merli

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