TEATRO ALLA SCALA: Il secondo dei “Quattro concerti per ricominciare” – 8 luglio 2020
“QUATTRO CONCERTI PER RICOMINCIARE”
2° CONCERTO
ARIE D’OPERA
Federica Lombardi (soprano), Francesco Meli (tenore), Giulio Zappa (pianoforte)
LUDWIG VAN BEETHOVEN – SONATA n° 9 in la magg. Op. 47 “a Kreutzer”
Patricia Kopatchinskaja (violino), Joonas Ahonen (pianoforte).
Teatro alla Scala, 8 luglio 2020.
Il secondo dei “Quattro concerti per ricominciare” – il primo proposto lunedì 6 luglio – in programma al Tetro alla Scala ha offerto una serie d’arie d’opera, accompagnate al pianoforte, inframezzate dalla Sonata “a Kreutzer” di Beethoven.
Potremmo dire, se fossimo pessimisti, a sala quasi vuota. Ottimisticamente, vedendo il bicchiere mezzo pieno anche in questa fase (si spera ultima) della epidemia da Covid 19, diremo che il teatro, seppure desolatamente distanziato nel rispetto fin troppo scrupoloso dei decreti varati dal governo, ha risposto con un calore ed un entusiasmo, come se fosse esaurito in ogni ordine di posti.
Le qualità canore ed interpretative di Francesco Meli si è avuta maniera di coglierle appieno solo quattro giorni prima, nel concerto di Piacenza, il primo di una serie di appuntamenti all’aperto, nel cortile del Palazzo Farnese: una voce timbricamente privilegiata, gestita con grande padronanza tecnica nell’uso dei fiati e con un tavolozza ricca di sfumature e anche di colori vivaci, soavità ed impeto, incisività e dolcezza nel dosare la parola cantata, curata con una dizione ed articolazione perfette. L’interprete poi sa giocare con le intenzioni, con le dinamiche e gli accenti e quindi ha convinto tanto nelle attese pagine verdiane, da Un ballo in maschera la grande aria “ma se m’è for a perdeti” preceduta dal sofferto recitativo, dalla Luisa Miller, con un’appassionante esecuzione di “Quando le sere al placido”, quanto nell’arioso di Fedora “Amor ti vieta” esposto senza enfasi, anzi con intima commozione e quasi con raccoglimento.
Infine il duetto finale del primo atto di Otello, “Già nella notte densa”. Meli ci ha, un po’ alla volta e quasi scherzandoci sopra, anticipato quello che potrebbe essere in un prossimo futuro la sua versione del Moro di Venezia. Ovviamente una versione più lirica, ma non meno espressiva, del personaggio verdiano. Se ne è avuto un assaggio, sempre a Piacenza, pochi mesi fa in un Galà verdiano dove, affiancato dalla moglie il soprano Serena Gamberoni, si è eseguito l’intero quarto atto; infine, con lo Jago interessantissmo del baritono Luca Salsi, il duetto del “sogno di Cassio” seguito dalla stretta “Sì, pel ciel marmoreo giuro” durante il concerto dello scorso 6 luglio di cui sopra.
Desdemona, ma prima Medora ne Il corsaro con la deliziosa aria “Non so le tetre immagini”, poi Donna Anna del Don Giovanni nella impervia aria “Non mi dir, bell’idol mio” ed ancora intensa Nedda dei Pagliacci con la celebre “ballatella”, il soprano Federica Lombardi, giovanissimo talento dotato di una voce di bella grana, ottima musicalità e padronanza stilistica, una bella e brava ragazza di Cesena che si sta imponendo in Italia ed all’estero.
Ha accompagnato sostenendo idealmente le ragioni del canto l’ottimo pianista Giulio Zappa.
Un nota a parte merita la parte centrale del concerto, la celeberrima Sonata beethoveniana, eseguita da quel diavoletto scalzo che risponde al nome di Patricia Kopatchinskaja e dal pur giovane e pimpante pianista Joonas Ahonen. Si capisce, assistendo all’esecuzione, che questa maniera di affrontare il repertorio classico “alla moderna”, quasi si trattasse di una esibizione ad un concerto Hard Rock, possa trascinare il pubblico, specie quello formato dai giovani. Non di meno questa maniera di aggredire la musica, quasi con rabbia nevrotica, lascia molto perplessi e, sinceramente, nel dubbio che queste musiche abbiano necessità di esecuzioni così esagitate nella lettura che, anche da un punto di vista squisitamente musicale, è parsa a tratti sfilacciata.
Successo generoso per tutti, pianista e violinista compresi; lei si è unita al Maestro Zappa, al soprano Lombardi e al tenore Meli nell’unico bis concesso: il duetto da La traviata “Parigi o cara” procedendo prima ad un pizzicaato, che non è quasi pervenuto e poi con ampie arcate del violino. Il pubblico, ancora una volta, si è mostrato molto generoso.