Teatro alla Scala: Rigoletto – 11 settembre 2019
RIGOLETTO
Melodramma in tre atti
di GIUSEPPE VERDI
Libretto di Francesco Maria Piave
dal dramma di Victor Hugo Le roi s’amuse
(Edizione critica a cura di M. Chusid,
The University of Chicago Press, Chicago e Casa Ricordi, Milano)
Prima rappresentazione: Venezia, Teatro La Fenice, 11 marzo 1851
Prima rappresentazione al Teatro alla Scala: 18 gennaio 1853
Produzione Teatro alla Scala
Direttore DANIEL OREN
Regia GILBERT DEFLO
Rigoletto LEO NUCCI
Solisti dell’Accademia di perfezionamento per cantanti lirici del Teatro alla Scala
Scene EZIO FRIGERIO
Costumi FRANCA SQUARCIAPINO
Luci MARCO FILIBECK
Coreografie GILDO CASSANI
riprese da Loreta Alexandrescu
Coro e Orchestra dell’Accademia Teatro alla Scala
con la partecipazione degli Allievi della Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala
Maestro del Coro SALVO SGRÒ
Teatro alla Scala, 11 settembre 2019
Ripresa a teatro praticamente esaurito (la presenza di Leo Nucci ha sempre grande presa sul pubblico) dell’ennesimo Rigoletto nell’allestimento di Ezio Frigerio e Franca Squarciapino con la regia di Gilbert Deflo che si conosce a memoria poiché ha ormai 25 anni e se ne sono viste tutte le riprese.
Questa, oltre alla presenza catalizzatrice del protagonista su cui si sono spesi, ormai, tutti gli aggettivi e che comunque non smette di stupire per la baldanza, vocale e fisica, con cui ci riconsegna un personaggio che costituisce da tempo la sua seconda pelle, conta con gli allievi dell’Accademia Teatro alla Scala, partecipi oltre che come solisti con due cast che si alternano (il “giovane” Nucci, invece le canta tutte a giorni alterni!) con orchestra, coro e allievi della scuola di ballo. Un lavoro che approda a notevoli risultati, merito nello specifico delle lezioni preparatorie di Nucci e del mezzosoprano Luciana D’Intino.
Di Nucci si aggiunga che in questa sua quinta recita (in realtà settima, contando le due prove aperte al pubblico) NON ha concesso il bis della “vendetta”; ogni sua frase, ogni suo gesto, corrispondono ad altrettante lezioni magistrali anche per chi il suo Rigoletto lo ha frequentato da tempi insospettabili (seguo Nucci dal 1968, mi vergogno quasi a dirlo) e ne apprezza ogni nuova sfumatura, un’intenzione diversa a quella che lo ha preceduto e del resto questo è il “bello della diretta”. Si concluda, infine, col dire che queste recite sono, con ogni probabilità, le ultime italiane del titolo che lo ha visto imporsi sui palcoscenici di tutto il mondo… e non mi spingo oltre con le confidenze che mi ha fatto in camerino a recita finita.
Certo non era solo in scena. Possiamo anzi affermare, vista anche la reazione entusiastica del folto pubblico del turno A, che è nata una stella: il soprano albanese Enkeleda Kamani. Dotata di una voce morbida, di non eccezionale volume, ma assai ben impostata – bene “in avanti” come si dice in gergo – estesa almeno fino al Mi bemolle preso con grande sicurezza alla conclusione del duetto con Rigoletto al secondo atto, dominata in tutte le dinamiche, dal forte al pianissimo con seducenti mezze voci. Si aggiunga la bravura dell’interprete di grande espressività: ci ha letteralmente conquistati nella parte di Gilda. Molto sicuro il Duca del tenore cinese Chuan Wang, dal timbro schietto e squillante, anche lui spavaldo nell’acuto con buona tenuta dei fiati ed una consapevolezza del fraseggio e decisone nell’accento che, merito della scuola e di doti personali, ne fanno un elemento da non perdere di vista. Tutti si sono dimostrati all’altezza del compito: dal Paggio di Francesca Pia Vitale, che la sera innanzi era Giannetta nel’Elisir, alla Contessa di Ceprano di Marika Spadafino, il Marullo di Ramiro Maturana, il Borsa di Kim Hun, la Giovanna di Valeria Girardello e la focosa Maddalena di Daria Cherny. Particolarmente notevoli il basso Toni Nezic, Sparafucile dal bel colore scuro e dalla eccellente musicalità, oltre che dall’imponente figura, il tonante Ceprano di Lasha Sesitashvili e l’autorevole Monterone di Giorgi Lomiselli.
Bene e benissimo orchestra e coro, questo istruito da Salvo Sgrò, agli ordini di Daniel Oren che ha impartito, a sua volta, un’altra lezione magistrale di come si tiene in pugno l’orchestra, dominandola in pianissimi di pregio ed infiammandola dove necessario, per esempio nelle “strappate” durante l’aria “Cortigiani, vil razza dannata”, e garantendo un sostegno sicuro al canto, accarezzando letteralmente le voci, per esempio durante la struggente esecuzione di “Tutte le feste al tempio”. Ripetute chiamate e grande festa per tutti alla ribalta finale.
Andrea Merli