VERONA: Adriana Lecouvreur – Francesco Cilea, 31 marzo 2019
Adriana Lecouvreur
opera lirica di Francesco Cilea
su libretto di Arturo Colautti
Direttore d’orchestra Massimiliano Stefanelli
Regia, scene, costumi Ivan Stefanutti
- ADRIANA LECOUVREUR Hui He (31/03 – 4, 7/04) Valentina Boi (2/04)
- MAURIZIO Fabio Armiliato (31/03 – 4, 7/04) Mikheil Sheshaberidze (2/04)
- IL PRINCIPE DI BOUILLON Alessandro Abis (31/03 – 2, 4, 7/04)
- LA PRINCIPESSA DI BOUILLON Carmen Topciu (31/03 – 4, 7/04) Rossana Rinaldi (2/04)
- MICHONNET Alberto Mastromarino (31/03 – 4, 7/04) Federico Longhi (2/04)
- L’ABATE DI CHAZEUIL Roberto Covatta (31/03 – 2, 4, 7/04)
- POISSON Klodjan Kacani (31/03 – 2, 4, 7/04)
- QUINAULT Massimiliano Catellani (31/03 – 2, 4, 7/04)
- MAD.LLA JOUVENOT Cristin Arsenova (31/03 – 4/04) Jessica Zizioli (2, 7/04)
- MAD.LLA DANGEVILLE Lorrie Garcia (31/03 – 4/04) Annapaola Pinna (2, 7/04
Luci Paolo Mazzon
Maestro del Coro Vito Lombardi
Direttore Allestimenti scenici Michele Olcese
ORCHESTRA, CORO E TECNICI DELL’ARENA DI VERONA
Allestimento del Teatro Sociale di Como – As.Li.Co.
Teatro Filarmonico, 31 marzo 2019
Una rimpatriata ed un bel ripasso quello di questo allestimento dell’Adriana Lecouvreur di Francesco Cilea che debuttò nel circuito As.Li.Co. nell’ormai lontano 2002 e che, dunque, da 17 anni ha girato teatri italiani ed esteri: lo si vide, tra l’altro al Teatro Pérez Galdos di Las Palmas di Gran Canaria ormai quasi una decina di anni fa.
Scene e regia di Ivan Stefanutti che posticipa l’azione più o meno ai tempi della composizione, 1902, immergendola nello stile tardo liberty e ricreando con l’uso sapiente del bianco e nero quasi un set cinematografico del cinema muto dove imperava, tra le altre, Lyda Borelli la cui gigantografia occupa gran parte della scena finale acquistando il colore con la morte della protagonista. La quale, in quest’ottica, ripete le movenze ed i fasti della Duse e della Cavalieri in un gioco meta teatrale che rimane fedele alla drammaturgia originale. I costumi preziosi ed azzeccatissimi provengono dall’Atelier Nicolao di Venezia, le luci dosate con cura sono di Paolo Mazzon, mentre il “Giudizio di Paride”, confidato nell’economia del teatro in conflitto col corpo di ballo a soli tre solisti parte da un’idea del coreografo Michele Cosentino.
Nel ruolo della sfortunata protagonista è richiesta una grande personalità scenica e, dando un’occhiata alla cronologia relativamente recente – l’ultima edizione risale a trent’anni fa – campeggia il nome di Raina Kabaivanska che vestì i panni della Lecouvreur pure nel marzo e aprile del 1979. I tempi delle “grandi dive” sembrano ormai conclusi, non di meno Hui He al suo debutto di ruolo ha retto assai bene la prova, sia da un punto di vista vocale che interpretativo. Particolarmente toccante nel finale, e ben impostata nella recitazione del monologo di Fedra che chiude il terzo atto e che per un’artista orientale è pur sempre una bella sfida di espressività e dizione.
Fabio Armiliato ha riproposto un personaggio a lui caro, personalmente lo ricordo nelle recite al Gran Teatro del Liceo di Barcellona a fianco dell’incommensurabile e compianta compagna Daniela Dessì a cui, è sottinteso, ha dedicato queste recite. Lo fa con una voce ancora e sempre autorevole, ben proiettata tanto nella concitazione del “russo Mencikof”, quanto soprattutto piegata alla nostalgia ne “L’anima ho stanca” e, poi nel trascinante finale detto con passione ed estrema credibilità di interprete.
Il baritono Alberto Mastromarino compone un Michonnet accorato, ma anche affettuoso e paterno, con una voce piena e rotonda estremamente efficace nel canto di conversazione; il mezzosoprano Carmen Topciu, da parte sua, è una tagliente e decisa Principessa di Bouillon afflitta dalla gelosia, ma pure con tocchi ironici e sarcastici che le permettono di risolvere, oltre che la celeberrima romanza che apre il secondo atto, il duettino con l’abate di Chazeuil nel terzo. Questi ha trovato nel tenore Roberto Covatta un interprete ideale per svenevolezza e insinuazione; il basso Alessandro Abis, vocalmente molto apprezzabile nella parte del Principe consorte, è parso per contrasto fin troppo bello e giovane per rendere appieno il personaggio di un vecchio felicemente cornuto.
Ottimi nei ruoli di fianco sia le due damigelle, Dangeville, Lorrie Garcia e Jouvenot, Cristin Arsenova che i due soci della Comédie, il tenore Klodian Kacani, Poisson ed il basso Massimiliano Catellani, Quinault. Michelangelo Brunelli ha fornito la voce al Maggiordomo cui spetta annunciare: “Madamigella Lecouvreur!”.
Resta l’ottima prova dell’orchestra e del coro, quest’ultimo istruito da Vito Lombardi, agli ordini di Massimiliano Stefanelli che ha impresso un bel ritmo narrativo, enfatizzando i momenti di sfogo sinfonico senza mai investire con l’onda sonora il palcoscenico dove le voci si sono potute sempre esibire al massimo delle loro potenzialità. Una lettura avvincente, attenta alle tinte ed alle dinamiche, premiata alla fine da un successo più che cordiale che ha coinvolto tutti, con punte prevedibili di entusiasmo rivolte ai due principali protagonisti, la He ed Armiliato.
Andrea Merli