PARMA: Attila – Giuseppe Verdi, 30 settembre 2018
ATTILA
Dramma lirico in un prologo e tre atti, libretto di Temistocle Solera completato da Francesco Maria Piave,
dalla trilogia Attila, König der Hunnen di Zacharias Werner
Musica GIUSEPPE VERDI
Edizione critica a cura di Helen M. Greenwald
The University of Chicago Press, Chicago e Casa Ricordi, Milano
Maestro concertatore e direttore GIANLUIGI GELMETTI
Regia e scene ANDREA DE ROSA
Personaggi e Interpreti
- Attila RICCARDO ZANELLATO, MICHELE PERTUSI (21)
- Odabella MARIA JOSÉ SIRI
- Ezio VLADIMIR STOYANOV
- Foresto FRANCESCO DEMURO
- Leone PAOLO BATTAGLIA
- Uldino SEVERIO FIORE
Costumi ALESSANDRO LAI
Luci PASQUALE MARI
FILARMONICA ARTURO TOSCANINI
CORO DEL TEATRO REGIO DI PARMA
Maestro del coro MARTINO FAGGIANI
Nuovo allestimento del Teatro Regio di Parma
In coproduzione con State Opera Plovdiv – Città Capitale della Cultura europea 2019
FESTIVAL VERDI 2018
ATTILA – Teatro Regio di Parma, 30 settembre
A chiusura della trasferta a Parma, domenica 30 settembre nel pomeriggio è andata in scena al teatro regio la “prima” di Attila, coronata da un franco successo con punte di entusiasmo palesi già in corso di recita.
L’opera, scelta pure per l’inaugurazione della stagione scaligera il prossimo 7 dicembre, vide la luce della ribalta al Teatro La Fenice il 17 marzo del 1846 e precede di solo un anno il Macbeth nella sua prima versione, proposta ad apertura di Festival lo scorso 27 settembre, di cui anticipa la “tinta” notturna, che poi avrà ulteriore e significativo sviluppo nel Trovatore del 1853. Verdi rimase affascinato dai tre principali caratteri: dal protagonista, ovviamente, seguito da quelli emblematici dell’ambizioso Ezio e della vendicatrice Odabella, lasciando nella più prevedibile linea del tenore romantico, alla stregua di un Ernani in minore, Foresto: ne fu interprete anche Napoleone Moriani, il celebre tenore “dalla bella morte” che con la Strepponi aveva diviso molti successi e aveva pure avuto una relazione sentimentale terminata burrascosamente sei anni prima ed a cui Verdi dedicò, generosamente, un’aria alternativa.
A Parma si è eseguita la versione nota, nella sua integralità con tutti i “da capo” rispettati. Merito della direzione tesa, dinamica e anche un po’ quarantottesca che ha impresso Gianluigi Gelmetti, esaltando il tono guerriero dei cori degli Unni senza tralasciare le trasparenze ed atmosfere lagunari delle scene più liriche, per esempio durante la sognante aria di Odabella “A nel fuggente nuvolo”. Seguito in ciò idealmente dall’ottima orchestra Filarmonica Arturo Toscanini e dal Coro del Teatro Regio, ancora e sempre preparato benissimo da Martino Faggiani, applauditissimo alla ribalta finale. Successo che ha arriso a tutti: ai ben preparati e puntuali ruoli di fianco, iniziando dall’Uldino musicale e preciso del tenore Saverio Fiore, passando al imponente Papa Leone del basso Paolo Battaglia. Debuttante Foresto il tenore sardo Francesco Demuro, che ha retto la parte con professionalità, seppure appena ripresosi da alcuni giorni di malattia. L’eleganza del fraseggio, la linea di canto che lo porta a sfumare mirabilmente l’aria di sortita, emergeranno ancor di più nel corso delle repliche. Chi è parso in forma smagliante è stato il baritono bulgaro, ma di casa al Regio di Parma, Vladimir Stoyanov, Ezio di spicco e per l’interpretazione e per la sicurezza vocale. Molto apprezzata l’Odabella dal bel suono lirico e pieno di Maria José Siri, svettante con sicurezza nell’acuto di forza, e dall’emissione morbida e controllata nel canto spianato. Chi però è stato oggetto dell’applauso più lungo e caloroso, dopo l’aria del secondo atto, coronata addirittura dalla richiesta di “bis”, è stato il basso veneto Riccardo Zanellato, che ha interpretato Attila con un piglio notevole e grinta da vendere, emergendo grazie al canto sempre controllato e pure potente, con un’autorevolezza scenica ammirevole, già dominando il personaggio alla sua prima presa di ruolo.
Il successo è arriso, finalmente senza screzi, alla messa in scena, firmata per regia e scene da Andrea De Rosa, da Alessandro Lai per i costumi e da Pasquale Mari per le luci. Coprodotto con l’Opera di Stato di Plovdiv, Città Capitale della Cultura Europea nel 2019, si tratta di un allestimento ben riuscito nella sua semplicità. Un praticabile scosceso e roccioso, in cui una enorme buca funge da rifugio per i cristiani che fuggono i barbari, ma finalmente è anche la tomba in cui precipita il protagonista; un muro incombente sullo sfondo crolla strepitosamente dopo il preludio lasciando spazio a una grande breccia; scarso l’attrezzo, quasi sempre pertinente: un po’ meno l’immancabile poltrona Frau, messa lì a dare un tocco di contemporaneità, suggerito pure da alcuni costumi, bellissimi certo, ma forse più adatti alla Fanciulla del West. Peccati veniali in una produzione destinata a piacere, qui come prossimamente in Bulgaria.
Andrea Merli