PARMA: un giorno di regno – 28 settembre 2018
UN GIORNO DI REGNO
Melodramma giocoso in due atti su libretto di Felice Romani (con revisioni di anonimo)
dalla farsa Le faux Stanislas di Alexandre-Vincent Pineux-Duval
Musica GIUSEPPE VERDI
Edizione critica a cura di Francesco Izzo
The University of Chicago Press, Chicago e Casa Ricordi, Milano
Maestro concertatore e direttore FRANCESCO PASQUALETTI
Regia, Scene, Costumi, Luci MASSIMO GASPARON
da un progetto originale di PIER LUIGI PIZZI per il Teatro Regio di Parma, 1997
Personaggi e Interpreti
- Il cavalier Belfiore MICHELE PATTI (28, 5, 10, 13, 21), ALESSIO VERNA (3, 6, 9, 11, 18)
- Il barone di Kelbar GIULIO MASTROTOTARO (28, 5, 10, 13, 21), LEVENT BAKIRCI 3, 6, 9, 11, 18)
- La marchesa del Poggio GIOIA CREPALDI (28, 5, 10, 13, 21), PERRINE MADOEUF 3, 6, 9, 11, 18)
- Giulietta di Kelbar DIANA ROSA CARDENAS ALFONSO (28, 5, 10, 13, 21), TSISANA GIORGADZE 3, 6, 9, 11, 18)
- Edoardo di Sanval MARTIN SUSNIK (28, 5, 10, 13, 21), CARLOS CARDOSO 3, 6, 9, 11, 18)
- Il signor La Rocca MATTEO D’APOLITO (28, 5, 10, 13, 21), MATTEO LOI 3, 6, 9, 11, 18)
- Delmonte RINO MATAFÙ
- Il Conte di Ivrea ANDREA SCHIFAUDO
Movimenti coreografici GINO POTENTE
ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO COMUNALE DI BOLOGNA
Maestro del coro ANDREA FAIDUTTI
Allestimento del Teatro Regio di Parma per il Teatro Giuseppe Verdi di Busseto
In coproduzione con Fondazione Teatro Comunale di Bologna
In collaborazione con Concorso Internazionale Voci Verdiane Città di Busseto
FESTIVAL VERDI 2018
UN GIORNO DI REGNO – Teatro Verdi di Busseto, 28 settembre
In coproduzione col Teatro Comunale di Bologna, che fornisce coro – come sempre ben preparato da Andrea Faidutti – ed orchestra, ed in collaborazione con il Concorso Internazionale Voci Verdiane Città di Busseto, il Festival Verdi propone nel minuscolo e delizioso Teatro Verdi – in cui per altro il buon Peppino mai mise piede – la ripresa di Un giorno di regno, firmato in toto per regia, scene, costumi e luci da Massimo Gasparon, da un progetto originale di Pier Luigi Pizzi che vide la “prima” proprio al Teatro Regio di Parma nell’ormai lontano 1997. Si tratta di un felicissimo repechage che, con una rinnovata verve, calcando giustamente sugli aspetti comici e farseschi di un’opera “incompresa”, poiché e tutt’altro che brutta e mal riuscita come si volle far credere, trova il consenso del pubblico, in gran parte straniero e che il lavoro originale di Pizzi probabilmente non conosce, divertito, plaudente e anche propenso alla franca risata, per esempio in apertura del secondo atto quando si materializza, tra prosciutti e forme di parmigiano, la cucina del barone di Kelbar. Nello spazio, ridotto all’osso, del piccolo teatrino sono ovviamente improponibili la monumentalità e gli spazi visti a Parma e quindi a Bologna. Si gioca su movimenti coreografici, molto ben articolati da Gino Ponte, che coinvolgono pure coro e solisti. In definitiva, una gioia per gli occhi.
Ed è stato gratificato pure l’udito, grazie ad un gruppo di giovani, alcuni già navigati, artisti ben amalgamati nel gioco di squadra in palcoscenico. Iniziando proprio dai due buffi, il tesoriere Signor La Rocca, con uno straripante simpatia Matteo D’Apolito ed il barone di Kelbar, la sua perfetta spalla, il baritono Giulio Mastrototaro. Irresistibili entrambi nel duetto del secondo atto, quando si minacciano comicamente l’un l’altro, anticipando frasi che poi ritroveremo addirittura nel Falstaff ! Benissimo pure le due cugine: la Marchesa del Poggio, che si esibisce in uno striptease ammiccante cantando la sua articolata aria di sortita e che, in corso di recita, dimostra di essere piccante in scena quanto brava nel canto: il soprano Giulia Crepaldi; perfetta, come contro altare, la morbida pur nella voce Giulietta del soprano Diana Rosa Cardenas Alfonso, apparentemente più ingenua ma egualmente determinata nella scelta del fidanzato. Questi erano, rispettivamente, il Cavalier Belfiore ovvero il finto Stanislao, che non può rivelare la sua vera identità alla Marchesa, il baritono Michele Patti, dalla prestante figura e dal canto giustamente contenuto, ed il tenore Martin Susnik, teneramente – un po’ acerbamente, sul versante vocale – innamorato di Giulietta. A completare con precisione ed efficacia il cast, il buon Delmonte del tenore Rino Matafù ed il Conte Ivrea del tenore Andrea Schifaudo, dalla comicità innata.
Dal podio e con schietta facilità di gesto, ha condotto felicemente il tutto in porto il direttore Francesco Pasqualetti, imprimendo allo spartito uno spirito gagliardo che ben ha reso la gradevolezza e brillantezza dell’opera.
Alla fine, successo caloroso per tutti e tutti, finalmente, soddisfatti.
Andrea Merli