PARMA: Macbeth, 27 settembre 2018

PARMA: Macbeth, 27 settembre 2018

Teatro Regio di Parma

Serata inaugurale, giovedì 27 settembre 2018, ore 20.00 turno A
venerdì 5 ottobre 2018, ore 20.00 turno B
giovedì 11 ottobre 2018, ore 20.00 turno C
giovedì 18 ottobre 2018, ore 20.00 turno D

Durata complessiva 3 ore circa, compreso un intervallo

MACBETH

Melodramma in quattro parti su libretto di Francesco Maria Piave, da William Shakespeare

Musica GIUSEPPE VERDI
Versione 1847, edizione critica a cura di David Lawton
The University of Chicago Press, Chicago e Casa Ricordi, Milano

 

Maestro concertatore e direttore PHILIPPE AUGUIN

 Regia DANIELE ABBADO

Personaggi e Interpreti

  • Macbeth LUCA SALSI, VLADIMIR STOYANOV (18)
  • Lady Macbeth ANNA PIROZZI, DAVINIA RODRIGUEZ (18)
  • Banco MICHELE PERTUSI
  • Macduff ANTONIO POLI, GIOVANNI SALA (18)
  • Malcolm MATTEO MEZZARO
  • Il medico GABRIELE RIBIS
  • La dama di Lady Macbeth ALEXANDRA ZABALA
  • Sicario GIOVANNI BELLAVIA
  • Domestico, Prima Apparizione GIOVANNI BELLAVIA
  • Seconda e terza Apparizione ADELAIDE DEVANARI

Costumi CARLA TETI  

Luci ANGELO LINZALATA

Movimenti coreografici SIMONA BUCCI

FILARMONICA ARTURO TOSCANINI

ORCHESTRA GIOVANILE DELLA VIA EMILIA

CORO DEL TEATRO REGIO DI PARMA

Maestro del coro MARTINO FAGGIANI

Nuovo allestimento del Teatro Regio di Parma


Parma – Festival Verdi 2018

Teatro Regio, 27 settembre

MACBETH (versione 1847) – Giuseppe Verdi

Il Festival Verdi – una vera e propria full immersion nell’arco di quattro giorni, divisa tra il Teatro Regio, il Teatro Farnese e la bomboniera del teatrino Verdi di Busseto – ha preso il via con grande canglore mediatico, includendo la diretta TV via RAI 5 e quella radiofonica su RAI 3. Un bel colpo, non c’è che dire che giustifica, in parte il sacrificare la normale stagione per concentrare gli sforzi sul genius loci con una serie di manifestazioni che richiamano una forte presenza di stranieri, oltre che del fedele pubblico locale e dei molti melomani italiani in trasferta, nonché degli addetti ai lavori, inclusa la stampa, per quella che risulta essere anche una bella rimpatriata nel nome del massimo rappresentante nel mondo dell’opera, che continua universalmente ora e sempre a parlare italiano.

Macbeth, sì, ma nella prima versione del 1847, che subì non pochi e sostanziali ritocchi nell’edizione del 1865 arricchita, oltre che dall’aggiunta dei ballabili, di una stringatezza drammatica e di aggiustamenti che oggi paiono irrinunciabili. Non di meno, e sebbene per il protagonista la prima versione comporti una fatica doppia, soprattutto concentrata nell’ultimo atto, è un’esperienza che va vissuta in teatro, perché se è vero che da un lato si rimpiangono almeno due brani: l’aria della Lady “La luce langue”, di ben altro respiro rispetto all’acutissima ed irta di agilità “Trionfai!” ed il coro “Patria oppressa” che Verdi, giustamente, riscrisse di sana pianta, dall’altro si ha la esatta misura dell’evoluzione verso la maturità del compositore, di una primitiva scrittura ancora in debito con Donizetti negli abbellimenti belcantistici, per esempio del duetto tra Macbeth e la Lady del primo atto. E dunque, sul piano squisitamente musicale una lodevolissima iniziativa, prerogativa di un Festival che di Verdi voglia e debba sviscerare ogni singola nota.

Ed il versante musicale di questo Macbeth è quello che è piaciuto anche al numeroso ed elegante pubblico presente alla “prima”. La direzione di Philippe Auguin, a capo dell’ottima Filarmonica “Artuto Toscanini”, si apprezza per la sostanziale tenuta ed un equilibrio col palcoscenico. Alla sua lettura manca un ardore autenticamente verdiano ed è avara nello sprigionare i colori della pur ricca tavolozza di quest’opera, la “tinta” verdiana. Una lettura corretta, compassata, quando ormai si è abituati a ben altri guizzi, comunque passata con incontrastato successo. Dal successo al trionfo per Martino Faggiani, che a Parma (e non solo) è una star quale Maestro del Coro, coro qui prodottosi in una prova davvero superlativa. Al calor bianco, già dopo l’aria “Pietà, rispetto e … onore” (non “amore”, come verrà poi corretto!),  l’applauso interminabile per Luca Salsi, interprete e artista che si conferma tra i primissimi baritoni verdiani di nuova generazione e non solo in Italia. Questa prova, che include una cabaletta a tempo di bolero “Vada in fiamme, e in polve cada”, di cui obbiettivamente non si sente l’urgenza specie  a fine del terzo atto, ne ha messo in evidenza oltre che la bellezza del timbro, la completezza della voce su tutta la gamma, soprattutto la resistenza fisico-vocale. Nel finale dell’opera l’arioso “Mal per me che m’affidai”, infine, è risultato assolutamente toccante. Sugli scudi pure la proterva, ferrigna e satanica Lady di Anna Pirozzi, dall’acuto saldo vibrante come una sciabolata di luce, pure duttile nel canto a mezza voce, risolvendo idealmente la scena del sonnambulismo con un sognante pianissimo sul fatidico Re acuto, nota che spesso mette a repentaglio la riuscita dell’aria a tantissime Lady. Personalmente ho apprezzato particolarmente come ha risolto, sibilando  quasi tra i denti con malefica intenzione, la ripresa del brindisi. Pure lei, si impone tra i massimi soprano “lirico spinto” oggi in circolazione. Che dire di Michele Pertusi, Banco? L’esempio vivente di un grande artista nella espressione e nel fraseggio, con una cura ed un’attenzione da manuale nella parola cantata, cui corrisponde l’altera e nobile presenza scenica: un autentico lusso averlo in un ruolo che, purtroppo, si esaurisce presto. Benissimo pure i due tenori: sia il Macduff di Antonio Poli, una bella conferma di questo giovine cantante, che il preciso ed intonatissimo Malcolm di Matteo Mezzaro, altro giovane da cui è lecito aspettarsi un bel futuro. Difficilmente è dato sentire una Dama dalla portata vocale del soprano Alexandra Zabala, unica straniera del cast, ma ormai italiana da tempo per matrimonio e per formazione. Svettante nei concertati, dove spesso il ruolo viene sopraffatto dalla dinamica di orchestra, coro e solisti, perfetta nelle frasi durante la scena del sonnambulismo, quando Verdi e Piave giocano un brutto scherzo alla figura del medico, visto che è lui che fa le domande mentre la Dama risponde con la diagnosi. Il Medico di Gabriele Ribis, comunque, ha fatto la sua bella ed imponente figura lo stesso. Citiamo infine i precisi Giovanni Bellavia (Sicario, Domestico e Prima apparizione) e Adelaide Devanari, voce bianca delle due successive apparizioni.

Resta lo spettacolo, su cui si vorrebbe tacere. Lo firma per la regia Daniele Abbado, i costumi sono di Carla Teti, le luci si debbono ad Angelo Linzata (unico elemento degno di lode) i movimenti coreografici li ha ideati Simona Bucci. Accolti in palcoscenico da una salve di “buh” provenienti, va detto, da ogni ordine di posto. Non è il caso di infierire: per altro molti fuori dal teatro hanno potuto constatare, grazie alla diretta TV, la pochezza pseudo minimalista di un allestimento decisamente inutile, brutto e probabilmente molto caro: anche basta.

Andrea Merli

 

 

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