CAGLIARI: La Fanciulla del West, 27 ottobre 2017

CAGLIARI: La Fanciulla del West, 27 ottobre 2017

LA FANCIULLA DEL WEST – Giacomo Puccini

Teatro Lirico, 27 ottobre 2017

opera in tre atti
libretto Guelfo Civinini e Carlo Zangarini,

dal dramma The Girl of the Golden West di David Belasco
musica Giacomo Puccini

maestro concertatore e direttore Donato Renzetti

regia, scene e costumi Ivan Stefanutti

personaggi e interpreti:


Orchestra e Coro del Teatro Lirico di Cagliari 


maestro del coro Donato Sivo

luci e video Michael Baumgarten
coordinatore lotte e maestro d’armi Kara Wooten

nuovo allestimento del Teatro Lirico di Cagliari, in coproduzione con New York City Opera(USA), Teatro del Giglio di LuccaOpera Carolina di Charlotte (USA)


Approda al Teatro Lirico di Cagliari la pucciniana Fanciulla del West in una produzione che nasce in un ampio progetto di gemellaggio ideale tra la Sardegna ed il Nuovo Mondo, già anticipato con L’ape musicale, in questo caso facendo da pilastro ideale tra Lucca, città dei Puccini e New York che vide la prima assoluta dell’opera il 10 dicembre del 1910. Infatti al progetto partecipano anche la New York City Opera, dove lo spettacolo ha preso il via, il Teatro del Giglio di Lucca e vi si associa, in un ritorno americano, pure la Opera Carolina.

Si tratta di un godibilissimo spettacolo messo in scena in toto da Ivan Stefanutti, che ha firmato regia, scene, costumi ed ha pure ideato le proiezioni, che oggi sostituiscono spesso e con innegabile effetto i fondali dipinti, avvalendosi del datore di luci e responsabile video Michael Baumgarten, sul progetto di Luciano Roticiani e del Maestro d’armi Kara Wooten. L’uso dei carrelli che scivolano e si spostano creando i distinti ambienti, sembra indispensabile per un allestimento che, formato esportazione, si deve adattare a disparate situazioni di palcoscenico e che, dunque, deve possedere un’elasticità a garantirne sia l’espansione che la compressione a seconda delle dimensioni del medesimo. Ciò penalizza, necessariamente, nel secondo atto la dimensione della capanna in cui vive Minnie, ma non intralcia anzi favorisce la dinamica di una regia mobilissima, ricca di colpi di scena e che si mantiene fedelissima al dettato pucciniano, oltre che mantenendo nei tempi e nei luoghi azione e dramma. E gliene si è riconscenti.

Dal punto di vista musicale le cose vanno benissimo soprattutto per la ispiratissima lettura di Donato Renzetti, che pure è al debutto in quest’opera. Intensità e slancio, ritmi serrati ed equilibrio con il palcoscenico che, a mancanza, rischia di essere sommerso dalla rigogliosa orchestrazione. Una lettura avvincente che ha favorito il peculiare canto di conversazione, che spesso è recitazione declamata ma sempre sulla musica, che caratterizza quest’opera, senza trascurare il lancinante lirismo di momenti di grande commozione, la scena di Wallace, il cantastorie e del coro a bocca chiusa, l’aria di Minnie “Laggiù nel Soledad” e lo struggente finale che sottolinea la malinconia dell’Happy End.

Dal punto di vista vocale la resa è stata ottima, specie sul lato maschile: il baritono Roberto Frontali, veterano interprete dotato di voce di solida impostazione, garantisce un Rance cantato con impeto e foga, ma sempre sottomesso alla musica e con un fraseggio sapiente e mai volgare, nemmeno nei momenti di concitazione. Marcello Giordani è un più che credibile Dick Johnson alias Ramerrez, squillo e tempra autenticamente tenorile e gagliardia un tanto guascona che si confà al personaggio, che “va per le spicce”, ma che trova anche il necessario lirismo nell’invocazione del “Ch’ella mi creda”. Di assoluto spicco il Sonora, ruolo tutt’altro che episodico, di Giovanni Guagliardo, un baritono da tener d’occhio per la bella linea di canto e l’importante vocalità. Il basso Manrico Signorini, Ashby, possiede il giusto colore e gli armonici per imporsi. Bene nella parte di Nick il tenore giapponese Tatsuya Takahashi e con lui nella lunga lista dei minatori l’Harry di Marco Voleri, il Trin di Andrea Schifaudo, il Sid di Gianni Giuca, Joe ed Happy rispettivamente Tiziano Barontini e Giuseppe Esposito. Federico Cavarzan si è visto assegnare I due ruoli diversissimi di Larkens e di Billy l’indiano e li ha risolti assai bene. Giustamente trucido il Joe Castro di Francesco Musinu e apprezzabili pure la Wowkle di Martina Serra ed il postiglione di Michelangelo Romero. Tutti immersi in una perfetta immedisamazione con il coro maschile, ben preparato da Donato Sivo.

Buona ultima la protagonista, Minnie, affidata al soprano bulgaro Svetla Vassileva che ne ricava un personaggio scenicamente credibile, palpitante e sincero, musicalmente a posto. Pure lei al debutto di ruolo, possiede però una vocalità che non pare adatta al ruolo, specie in zona centrale e grave, dove rasenta il limite dell’udibilità. Per questo personaggio Puccini richiede un peso vocale che trascende le sue naturali doti. Ciò nonostante ne è venuta a capo, grazie alla facilità dell’acuto, emesso di forza e con sicurezza e, soprattutto, per la resa scenica più che convincente.

Il successo franco e gli applausi prolungati hanno compensato la fatica dell’intero cast in un’opera tutt’altro che semplice e che si replica prossimamente a Lucca, con un cast parzialmente rinnovato e che meriterebbe l’ulteriore sforzo di una trasferta impiccionesca. Del resto, e non mi vergogno di ammetterlo, io all’ascolto di quest’opera mi commuovo già nella scena del Cantastorie: quel diavolo d’un Puccini!

Andrea Merli

 

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